La guida autonoma in ortodonzia pediatrica, è possibile?

Autonomous driving in paediatric orthodontics, is it possible?

Fig. 1 ZeroExpander in PA12 ancorato sui molari decidui mediante cementazione adesiva con materiali bioattivi auto-fotopolimerizzanti di nuova generazione.
Scopo del lavoro:
Esplorare un ambito dell’ortodonzia pediatrica nell’era digitale, illustrando un nuovo scenario, che potrà essere quello della guida autonoma nei trattamenti ortodontici infantili, e domandandosi se è e sarà realmente possibile.
Materiali e metodi:
Partendo da un approccio di prevenzione e cura confortevole ed efficiente, oggi vi è la possibilità di progettare e realizzare (CAD-CAT) un flusso di lavoro ortodontico digitale completo per diagnosi e terapia. La valutazione della collaborazione media del piccolo paziente e l’utilizzo di dispositivi ortodontici “self”, ovvero automatici, ci hanno portato ad affacciarci ad uno scenario innovativo, in cui i protagonisti sono nuovi materiali polimerici, che consentono di realizzare dispositivi fissi di ultima generazione per l’espansione mascellare, zero-compliance e completamente pre-programmati.
Risultati:
Nell’era della condivisione estrema si devono affrontare esigenze sempre più “custom”, nella loro imprescindibile integrazione tra pedodonzia e ortodonzia, in cui l’attore principale sulla scena della clinica pedodontica è e rimane il dente da latte, il quale resta il nostro principale strumento ortodontico a cui dobbiamo affidare l’ancoraggio delle nostre apparecchiature ortodontiche, che oggi, se adeguatamente “addestrate”, possono lavorare per i nostri piccoli pazienti e per noi in una condizione di autonomia controllata.
Conclusioni:

Con l’obiettivo di rendere sempre più predicibili i risultati clinici ottenibili, aumentando il comfort e la sicurezza dei piccoli pazienti e semplificando, quanto possibile, la vita alle loro famiglie, più che mai in questa fase storica, che vede tutti coinvolti, potranno trovare spazio concetti come “guida autonoma in ortodonzia pediatrica”.

Descrizione

L’ortodonzia pediatrica evolve, anzi, deve evolversi, cercando di assecondare esigenze sempre più “su misura” e con l’obiettivo di ottenere risultati terapeutici sempre più predicibili e in accordo con la migliore qualità di vita possibile per i nostri piccoli pazienti e le loro famiglie, target univoco e non scindibile.

Tutto ciò non può non considerare la tecnologia oggi disponibile, che, tra le sue accezioni, deve essere democratica, facile da utilizzare e alla portata di tutti, altrimenti non è innovazione ma solo novità.

In questo lavoro esploriamo un ambito dell’ortodonzia pediatrica nell’era digitale, illustrando un nuovo scenario, che potrà essere quello della guida autonoma nei trattamenti ortodontici pediatrici (1), domandandoci se è possibile. Dobbiamo partire, intanto, dall’abbandonare definitivamente il termine CAD-CAM, sostituendolo con CAD-CAT (computer aided design – computer aided technofacturing) (2), che meglio descrive le procedure completamente digitali e virtuali con cui possono essere realizzate le apparecchiature di ultima generazione (3-4).

Se consideriamo le evoluzioni delle modalità di espansione mascellare in età pediatrica, tralasciando quelle con ancoraggi scheletrici mediante TADs (temporary anchorage devices), indicate nei pazienti a fine crescita, non dimentichiamo che abbiamo a disposizione i molari da latte (5), il miglior ancoraggio ortodontico possibile e “quasi” sempre disponibile, se abbiamo fatto la giusta prevenzione e cura, e per cui dobbiamo avere grandissima attenzione. La contrazione mascellare in età pediatrica è l’alterazione di sviluppo e crescita con cui più frequentemente e in modo determinante un ortodontista pediatrico si confronta (6).

Infatti, generalmente si può accompagnare a cross bite, deviazione mandibolare e/o affollamento anteriore, condizioni che devono essere diagnosticate e trattate precocemente anche secondo le Raccomandazioni Cliniche in Odontostomatologia del Ministero della Salute e gli indici di priorità di trattamento (IOTN). L’espansione rapida (RME) e l’espansione lenta (SME) sono ormai dal punto di vista non solo clinico, ma anche scientifico, equiparabili in termini di effetti ortopedici nei pazienti in crescita (7).

L’espansore rapido del palato è certamente il dispositivo di espansione mascellare di riferimento, il gold standard, che recenti lavori scientifici hanno confrontato con apparecchiature di espansione lenta come il Leaf Expander® (Leone, Firenze), dimostrando che la capacità di espansione del mascellare di quest’ultimo nei trattamenti precoci è comparabile all’espansione rapida, anche in termini di autoespansione della arcata inferiore (8-9). La valutazione della collaborazione media del piccolo paziente e l’utilizzo di dispositivi ortodontici “self” ovvero automatici (Leaf Expander® e Leaf Self Expander®, Leone, Firenze), ci hanno portato ad esplorare un orizzonte futuribile, dove i protagonisti sono e saranno sempre più i nuovi tecnopolimeri. 

In casi di allergia o ipersensibilità ai metalli o per condizioni patologiche patologie croniche o acute specifiche specifiche (come epilessia, autismo o problemi vascolari), che possono richiedere risonanze magnetiche (RMN) periodiche o in emergenza del distretto cranico, può non essere possibile utilizzare dispositivi fissi di espansione tradizionali e in metallo (pazienti “special needs”).

MATERIALI E METODI

Partendo da queste riflessioni e utilizzando quotidianamente un flusso di lavoro digitale completo (10) in odontoiatria materno-infantile (11) e, quindi, anche in ortodonzia, è nato lo ZeroExpander® (fig. 1), un dispositivo “innovativo”, fisso, personalizzato e full digital, ovvero senza bisogno di passare dal modellino fisico, che ci può consentire di pre-programmare una espansione mascellare automatica, ovvero senza necessità di alcuna riattivazione, utilizzando tecnopolimeri “metal free biocompatibili”, elastici e resilienti.

La valutazione della collaborazione media del piccolo paziente, il suo comfort e l’utilizzo di dispositivi ortodontici “self”, ovvero automatici, ci hanno portato ad affacciarci ad uno scenario in cui i protagonisti sono nuovi materiali polimerici, che consentono di realizzare dispositivi fissi di ultima generazione per l’espansione mascellare, zero-compliance e automatici e senza bisogno di una preliminare prova bande, a vantaggio di comfort del piccolo paziente ed ergonomia organizzativa per studio e famiglie.

Fig. 2 Scansione intraorale effettuata già in prima visita, come strumento diagnostico, di condivisione e successivamente di pianificazione e progettazione terapeutica.

 

Tra i nuovi tecnopolimeri annoveriamo il PA12 (poliammide) e il Peek (polyether-ether-ketone). Il PEEK è tradizionalmente fresato, mentre il PA12 è stampato. La progettazione dello ZeroExpander inizia con una scansione intraorale (fig. 2), che può essere già effettuata in prima visita, oltre che come strumento diagnostico, anche come strumento di condivisione immediata, e prevede un set-up virtuale di espansione su primi, secondi molari e canini decidui (fig. 3), ottenuto secondo i criteri classici utilizzati in ortodonzia pediatrica per il calcolo del fabbisogno di espansione. L’espansione media pre-programmata per lo ZeroExpander è di 6 mm (considerando come riferimento la vite da 6 mm del Leaf Expander e del Self Expander, presi a confronto).

Fig. 3 Set-up di espansione virtuale a carico dei molari decidui, realizzato con software ortodontico.

 

Il dispositivo viene disegnato sull’arcata superiore virtualmente espansa, utilizzando i software dedicati al disegno dentale CAD o anche software free-open source, per i più esperti (12), e prevede emibande sui secondi molari decidui con estensioni tipo pad ai primi molari e ai canini decidui, quando indicato (fig. 4).

Progetto di ZeroExpander in PA12
Fig. 4 Progetto di ZeroExpander in PA12 realizzato su set-up mediante software di disegno CAD.

Al termine del progetto il file viene convertito in STL viene utilizzato per il processo di fresatura (per PEEK) e stampa 3D (per PA12). La forma e la dimensione della barra di espansione sono state calibrate per ottenere una forza di espansione di circa 450 g (ancora una volta come per la vite più comune utilizzata per Leaf e Self Expander). L’ansa centrale che contribuisce alla flessibilità e alla elasticità del dispositivo, nonché alla sua memoria di forma, è progettata su misura in base al palato del paziente, alla sua dimensione, profondità e forma, ovvero non viene adattata una vite espansione standard ad ogni differente palato, ma viene applicata una procedura completamente su misura individuale per ottenere l’espansione desiderata (fig. 5).

Fig. 5 Espansione ottenuta con ZeroExpander in 4 mesi in modo completamente automatico, pre-programmato e senza necessità di collaborazione.

Entrambi i materiali, certificati biocompatibili, sono autoclavabili, quindi il processo di sterilizzazione in studio prima della loro applicazione li rende ulteriormente sicuri, anche sotto questo aspetto. Il posizionamento intraorale richiede la contrazione trasversale del dispositivo per adattarsi all’arcata superiore da espandere (fig. 6).

Fig. 6 Prova pre-cementazione mediante contrazione di ZeroExpander in PA12, realizzato su progetto digitale completamente individuale per un paziente special need con labiopalatoschisi (nel caso si nota l’utilizzo della analgesia relativa secondo Langa per ottimizzare collaborazione, comfort e benessere del piccolo paziente).

La cementazione è adesiva previa mordenzatura sia per il Peek sia per il PA12. Si può utilizzare un composito ortodontico o, preferibilmente, un cemento bioattivo auto-fotopolimerizzante di nuova generazione in caso di rischio di cariorecettività. Lo ZeroExpander, grazie alla sua memoria di forma, si espande automaticamente e progressivamente, fino a raggiungere la dimensione originale, in media in 4 mesi, in modo molto controllato e confortevole per il bambino, anche per quanto riguarda le modalità di mantenimento di igiene orale domiciliare. Complessivamente viene in media mantenuto in sede per altri 8-9 mesi per consolidare l’espansione ottenuta. Nelle figure 7 e 8 presentiamo un caso trattato con ZeroExpander in PA12 in dentatura decidua e uno realizzato in Peek in dentatura mista, utilizzati nell’ambito di un percorso di cura ortodontico pediatrico.

Fig. 7 Bambino di 4,5 anni, con morso incrociato e laterodeviazione, trattato in 6 mesi complessivi con ZeroExpander in PA12 ancorato esclusivamente sui secondi molari decidui (set-up e progetto di Matteo Beretta e Odt. Stefano Negrini), associato a slice dei contatti interferenti.
Fig. 8 Bambina di 6 anni, in dentatura mista precoce, con affollamento ad entrambe le arcate, trattata con uno ZeroExpander in Peek ancorato sui secondi molari e sui canini decidui (set up e progetto di Matteo Beretta e Odt. Gaetano Frascina), mantenuto in cavo orale 9 mesi e seguito da una fase di allineamento, per una durata della terapia ortodontica pediatrica di 15 mesi complessivi.

RISULTATI

Pedodonzia e ortodonzia, quando ci si occupa di un piccolo paziente, sono una cosa sola, e il protagonista assoluto sulla scena della clinica pedodontica è e rimane il dente da latte, che, come guida alla crescita delle arcate dentali e preparatore allo sviluppo dei denti permanenti, resta il nostro principale strumento ortodontico, a cui dobbiamo affidare, come ancoraggio, le nostre apparecchiature ortodontiche, che siano fisse o rimovibili. La tecnologia applicata all’odontoiatria pediatrica, partendo dalla scansione intraorale, che ci consente di rilevare impronte delle arcate dentali molto accurate, in pochi secondi e comfort assoluto per i nostri piccoli ospiti, può consentire la progettazione e realizzazione di apparecchiature che, se adeguatamente “addestrate”, possono lavorare per loro e per noi in una condizione di autonomia controllata. In questo contesto si inserisce appieno il concetto di “guida autonoma in ortodonzia pediatrica” (13), che può iniziare ad essere rappresentato da una categoria di dispositivi, come lo ZeroExpander®, realmente pre-programmati sulla base di un set-up virtuale, realizzati con i tecnopolimeri di ultima generazione (14) e utilizzati per svolgere il loro compito senza bisogno di collaborazione, né da parte del bambino né della sua famiglia, se non per un adeguato mantenimento di igiene orale domiciliare. Sulla base delle attuali applicazioni cliniche qui descritte, Peek e PA12 sono da considerare sovrapponibili in termini di performance direttamente legate al materiale e leggermente differenti per quanto concerne le modalità di progettazione e cementazione con i materiali oggi disponibili sul mercato, ma gli ambiti di sviluppo e ricerca che si sono aperti, sono molto vasti e in corso di studio, per definire indicazioni di utilizzo più specifiche o altri materiali alternativi, come i derivati delle fibre di carbonio. Questo tipo di approccio, dove applicabile, lascia spazio ad una revisione delle modalità di gestione di un percorso terapeutico ortodontico pediatrico, che, almeno nella sua prima fase di controllo della “forma d’arcata”, ovvero l’espansione mascellare, quando indicata, può essere demandata ad un dispositivo che fa tutto da sé, magari decidendo anche la qualità di espansione, oltre che la quantità. La fase successiva potrà poi essere realizzata, in base alle necessità del percorso terapeutico, con dispositivi fissi di altro tipo oppure rimovibili, come allineatori trasparenti pediatrici o apparecchi elastodontici, con differenti necessità di collaborazione, anch’essi progettati virtualmente e realizzati su misura al fine di raggiungere in modo pre-programmato obiettivi individuali. Si aprono, quindi, anche scenari di teleortodonzia digitalmente monitorabile da remoto e oggi già reali, e di realtà aumentata, basate su intelligenza artificiale, che possono consentire una riduzione controllata delle visite cliniche, una semplificazione della ergonomia e organizzazione da parte delle famiglie, liberando tempo e spazio da parte nostra per casi più complessi o delicati, che certamente richiedono e richiederanno ancora un controllo clinico diretto.

CONCLUSIONI

La complessità e individualità dei nostri piccoli pazienti ci dicono che ognuno è un paziente speciale e ogni nostro intervento dovrebbe idealmente inserirsi nella sua vita nel modo più semplice e allo stesso tempo efficiente possibile, aumentandone la qualità, non riducendola o limitandola, per il completo benessere suo e della sua famiglia prima, durante e dopo la cura, aspetti ancora quasi sempre non considerati, dove solo i risultati clinici pare siano tutto ciò che occorre. Il concetto di guida autonoma in ortodonzia pediatrica non solo è possibile ma è e sarà più che mai reale e molto utile, se correttamente applicato, e potrà consentire all’odontoiatria pediatrica del futuro, nel suo contesto primario e preventivo materno-infantile, di  esplorare ambiti di ricerca nel “pensare e agire ortho-pedo”, con una visione ancora più ampia, che accrescerà la gamma dei benefici per tutte le parti coinvolte, ma soprattutto per i bambini e le loro famiglie, per cui oltre alla cura, anche grazie alla tecnologia, che deve essere alla portata di tutti, ci sono benessere, sicurezza e comfort.

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Materials and methods:

Starting from a comfortable and efficient preventive and treatment approach, today there is the possibility to design and implement (CAD-CAT) a complete digital orthodontic workflow for diagnosis and therapy. The evaluation of the average collaboration of the young patient and the use of “self” or automatic orthodontic devices, have led us to face an innovative scenario, where the protagonists are new polymeric materials, which allow the creation of latest generation fixed devices for the maxillary expansion, zero-compliance and fully pre-programmed.

Aim of the work:

Explore a field of pediatric orthodontics in the digital age, illustrating a new scenario, which could be that of autonomous driving in children’s orthodontic treatments, and wondering if it is and will be really possible.

Results:

In the era of extreme sharing, increasingly “custom” needs must be faced, in their essential integration between pedodontics and orthodontics, where the main actor on the scene of the pedodontic clinic is and remains the milk tooth, which is our main orthodontic instrument to whom we must entrust the anchoring of our orthodontic devices, which today, if properly “trained” can work for our little patients and for us in a condition of controlled autonomy.

Conclusion:

With the aim of making the clinical results more and more predictable, increasing the comfort and safety of young patients and simplifying the life of their families as much as possible, more than ever in this historical phase, which sees everyone involved, they will be able to find space concepts such as “autonomous driving in pediatric orthodontics”.