12 pazienti (4 donne, 8 uomini) (età media di 63,6 anni) sono stati sottoposti a riabilitazione dei settori posteriori del mascellare superiore. Ogni paziente si è sottoposto ad un intervento per l’inserzione di un impianto assiale e uno inclinato distalmente, caricati immediatamente con una protesi avvitata di 3 o 4 unità masticatorie.
A distanza di 3 mesi dal carico, i pazienti sono stati quindi divisi in 2 gruppi: nel gruppo di controllo (GC) sono state rilevate impronte analogiche, mentre nel gruppo test (GT), impronte digitali. Per valutare la precisione della connessione protesi – impianto sono state eseguite radiografie endorali a distanza di 3, 6, 12, 18 e 24 mesi.
Per stabilire l’efficacia della riabilitazione sono inoltre stati adottati i seguenti criteri: tasso di successo implantare e protesico, variazioni del livello d’osso marginale e tempo clinico mediamente richiesto per le diverse procedure.
Nessun impianto è andato perso, con un tasso di sopravvivenza globale del 100% per entrambi i gruppi; nessun fallimento protesico è stato riscontrato. Non sono state rilevate differenze statisticamente significative nella variazione del livello d’osso marginale tra GT e GC (P=0.068). La metodica digitale ha richiesto, in media un tempo clinico inferiore rispetto a quella analogica, agevolando così l’accettazione del trattamento da parte del paziente.
I risultati clinici e radiografici del presente studio potrebbero suggerire che l’accuratezza delle impronte digitali influisce positivamente sulla precisione e sulla prognosi di riabilitazioni dei settori posteriori del mascellare superiore supportate da un impianto assiale e uno inclinato distalmente.
Le riabilitazioni dei settori posteriori del mascellare superiore, rappresentano una sfida clinica a causa del riassorbimento osseo e della pneumatizzazione del senso mascellare. Nel tempo sono state proposte diverse soluzioni terapeutiche: impianti corti [2], aumenti di cresta ossea [3], innesti ossei, rialzo del seno mascellare con approccio crestale [4] o laterale [5], impianti inseriti nel processo pterigoideo [6], nel tuber [7], o nell’osso zigomatico [8].
Il rischio chirurgico e i costi elevati, associati a tali procedure spesso inducono il paziente ad orientarsi verso terapie più economiche e meno invasive.
Per superare i limiti anatomici indotti dalle atrofie, è stato suggerito da diversi autori, il posizionamento di impianti inclinati. Chrcanovic et al. hanno dimostrato che l’inclinazione delle fixture non influenzava il tasso di sopravvivenza implantare, nè la perdita di osso marginale [9].
Agliardi et al. [10], nel 2008, hanno associato a ciò l’impiego di impianti inclinati a carico immediato e hanno ottenuto risultati soddisfacenti. Inoltre, confrontando impianti assiali e inclinati, hanno dimostrato che, a parità di atrofia, l’inclinazione permetteva di utilizzare fixture più lunghe, con ingaggio tricorticale, ottenendo così una stabilità primaria superiore.
L’utilizzo della tomografia computerizzata (TC), è necessaria per la fase di pianificazione ed esecuzione di tali procedure chirurgiche [10,11]. È inoltre opportuno evitare il carico immediato qualora l’altezza dell’osso residuo sia inferiore a 4 mm [5].
L’utilizzo della metodica digitale riduce tempi e costi per il team clinico-odontotecnico, aumentando al contempo il grado di accettazione della procedura di impronta da parte del paziente.
Gimenez et al., nel 2014, testando in vitro l’accuratezza dell’impronta digitale negli impianti inclinati, hanno dimostrato che l’angolazione non influiva negativamente sulla precisione del sistema di impronta digitale [15].
Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare e confrontare, in relazione alla metodica di impronta, a distanza di 2 anni, l’affidabilità delle riabilitazioni dei settori posteriori del mascellare superiore, supportate da un impianto assiale e uno inclinato distalmente. La posizione delle fixture è stata rilevata con impronte tradizionali e digitali.
In questo studio è stato condotto un confronto tra la metodica d’impronta analogica e quella digitale per valutare precisione e accuratezza delle riabilitazioni dei settori posteriori del mascellare superiore, supportate da un impianto assiale e uno inclinato distalmente [12,13,14].
Materiali e metodi
Selezione dei pazienti
Questo studio prospettico è stato svolto nel dipartimento di Odontoiatria dell’Ospedale San Raffaele di Milano. Tra febbraio 2013 e marzo 2014, 12 pazienti (4 donne, 8 uomini) di età compresa tra 41 e 72 anni (età media = 63,6) sono stati riabilitati, nei settori posteriori del mascellare superiore, attraverso un impianto assiale (12) e uno inclinato distalmente (12) a supporto di 3 o 4 unità protesiche avvitate a carico immediato.
La ricerca è stata approvata dagli appositi comitati etici ed è stata condotta secondo i principi di Dichiarazione di Helsinki.
Sono stati adottati i seguenti criteri di esclusione: infezioni, infiammazioni gravi e malattie sistemiche croniche nelle sedi destinate al posizionamento implantare, terapie farmacologiche e stili di vita che potessero interferire con la guarigione; sono stati altresì esclusi pazienti sottoposti a terapia con bifosfonati o steroidi, radioterapia nel distretto testa-collo negli ultimi 5 anni, forti fumatori (> 15 sigarette /die) soggetti con parafunzioni e soggetti con scarsa igiene orale.
La diagnosi è stata effettuata clinicamente e radiograficamente attraverso Ortopantomografia e Tc dentascan.
I modelli studio sono stati rilevati mediante impronte del mascellare del paziente e montati in articolatore per realizzare la protesi provvisoria necessaria per il carico immediato (fig. 1). Il volume e la qualità ossea sono stati accuratamente valutati, per ottenere un posizionamento implantare sicuro e protesicamente guidato.
Procedura chirurgica
Un’ora prima dell’intervento chirurgico i pazienti hanno assunto 2 g di amoxicillina (Zimox, Pfizer Italia, Latina, Italia) e 1 g due volte al giorno durante la settimana successiva. L’intervento è stato svolto in anestesia locale mediante opticaina associata ad adrenalina 1:80.000 (AstraZeneca, Milano, Italia).
Le incisioni sono state eseguite in centro cresta dalla regione del primo molare a quella del primo premolare; per ampliare il campo visivo lo scollamento sottoperiosteo è stato effettuato in direzione palatale e vestibolare.
L’impianto posteriore è stato posizionato nella regione del secondo premolare e angolato distalmente di circa 30-40 gradi rispetto al piano occlusale, fornendo così l’emergenza protesica del primo molare. In seguito, anteriormente, è stato posizionato l’impianto assiale (3=canino, 10=primo premolare). Gli impianti posteriori avevano diametro di 3.3 mm (2) e 3.8 mm (10) e lunghezza di 13 mm (9) o 15 mm (3), mentre, gli impianti anteriori avevano un diametro di 3.3 mm (2) o 3.8 mm (10) e lunghezza di 13 mm (9) o 15 mm (3) (Winsix, Biosafin, Ancona, Italia). In osso tenero, per favorire la stabilità primaria il sito implantare è stato preparato mediante sottopreparazione, con l’obiettivo che tutti gli impianti avessero un torque d’inserzione finale di almeno 35 Ncm.
In tutti i pazienti, gli impianti anteriori sono stati posizionati in sedi post-estrattive; mentre, per quanto riguarda gli impianti posteriori, solo 9 sono stati posizionati in siti di guarigione.
Per gli impianti anteriori sono stati sfruttati Abutment dritti (10) e angolati (2) (17°, Extreme Abutment, EA® Winsix, Biosafin, Ancona, Italia); invece, per quelli posteriori gli abutment usati avevano un inclinazione di 17 e 30 gradi sia per compensare la mancanza di parallelismo tra gli impianti sia per posizionare l’accesso della vite protesica in posizione occlusale o linguale.
Il riposizionamento del lembo e la sutura sono stati eseguiti con filo da sutura tipo 4-0 non riassorbibile (Vicryl; Ethicon, Johnson & Johnson, New Brunswick, NJ, USA). In seguito all’intervento sono stati prescritti a tutti i pazienti trattati antibiotici, anti-infiammatori non steroidei e collutorio a base di clorexidina.
Protocollo protesico
Le protesi provvisorie in resina acrilica, sono state posizionate in tutti i pazienti contestualmente all’intervento chirurgico (fig. 2).
Sono state realizzate dall’odontotecnico sulla base della ceratura diagnostica. Ogni protesi presentava due fori a livello delle emergenze degli abutment, in corrispondenza dei quali sono stati avvitati cilindri dritti (AT, WINSIX; Biosafin). Dopo aver verificato l’adattamento passivo e la relazione occlusale, i provvisori sono stati ribasati nel cavo orale con resina poliuretanica autopolimerizzante (Voco, SC, USA).
Dopo la polimerizzazione sono state svitate dagli impianti e ritenzione, stabilità e precisione a livello marginale, sono state migliorate con ulteriore resina attorno al collo dell’abutment.
I restauri provvisori avvitati sono stati serrati con un torque di 20 N/cm.
La presenza dei corretti principi dell’occlusione statica, così come quella dinamica, sono stati verificati mediante l’utilizzo di cartine di masticazione (40m) (Bausch Articulating Paper).
I fori di accesso delle viti passanti, sono stati schermati con cemento provvisorio (Fermit, Ivoclar Vivadent, Naturno).
Nei 2 mesi successivi all’intervento chirurgico, è stato consigliato un regime alimentare a base di cibi morbidi e, solo in seguito, di ritornare ad un’alimentazione normale, evitando però i cibi più duri per almeno altri 2 mesi.
Dopo 3 mesi di protesizzazione provvisoria, sono state avviate le procedure per la finalizzazione protesica.
Nel gruppo di controllo (GC=6), le impronte sono state rilevate mediante tecnica tradizionale, con transfert abutment-level (Permadyne, ESPE); invece, nel gruppo test (GT=6) sono stati utilizzati scanbody attraverso un sistema d’impronta digitale (3MTM True Definition Scanner).
I transfert sono stati stati solidarizzati con filo metallico e resina (fig. 3). Dopo la scansione intraorale, gli Scan Body così solidarizzati (guida) sono stati opacizzati con polvere spray per scansione e scansionati anche da uno scanner di laboratorio (Deluxe, OpenTechnologies, Brescia, Italy), più preciso rispetto agli scanner intraorali [16, 17].
La scansione della guida così ottenuta è stata accoppiata alla scansione dell’impronta intraorale, grazie ad un software dentale tipo CAD (exocad GmbH, Germany) (fig. 4).
La scansione extraorale della guida è stata usata per il riposizionamento degli analoghi e, di conseguenza, per la continuazione del lavoro e la finalizzazione del caso. La protesi definitiva, in zirconia, è stata avvitata agli impianti. Come materiale di rivestimento è stata invece utilizzata la ceramica (fig. 6, 7).
Follow up
I controlli post-operatori sono stati effettuati a distanza di 3, 6, 12, 18 e 24 mesi dall’inserimento degli impianti.
La sopravvivenza implantare è stata valutata in base ad assenza di dolore, suppurazione della mucosa e aree di radiotraparenza attorno alla fixture nelle varie fasi di controllo. Il successo implantare è stato definito come sopravvivenza dell’impianto in presenza di riassorbimento dell’osso marginale di non più 1,5 mm a distanza di un anno e di non più di 0,2 mm nei controlli successivi.
La precisione dell’impronta digitale, così come il successo della riabilitazione, sono state valutate attraverso una precisa impronta delle sedi implantari, assenza di spazi vuoti nella regione occlusale, vestibolare e linguale, adattamento della protesi e assenza di fratture nelle sovrastrutture in zirconia rinforzata da fibre in vetro-ceramica.
Complicanze di natura biologiche e protesica (numero e tipologia) sono state registrate come singoli episodi per ciascun impianto. Particolare attenzione è stata prestata nella valutazione di peri-implantite (definita come progressiva perdita di osso con segni di infezione intorno a impianti osteointegrati), presenza di dolore, presenza di pus, parestesia nel mascellare inferiore e fratture a carico degli impianti.
Gli esami radiografici intraorali (Schick CDR, Schick Technologies) sono stati eseguiti subito dopo l’inserimento delle fixture e a distanza di 6, 12, 18 e 24 mesi per verificare la precisione marginale delle 12 protesi definitive avvitate agli impianti.
Queste ultime sono state realizzate perpendicolarmente all’asse longitudinale dell’impianto con una tecnica parallela, utilizzando un modello occlusale personalizzato per misurare il livello di osso marginale. Un odontoiatra è stato incaricato di monitorare personalmente nel tempo le variazioni di altezza dell’osso crestale.
La differenza di livello osseo è stata misurata radiograficamente attraverso un sofware specifico (DIGORA 2.5, Soredex, Tuusula, Finland).
Il software è stato calibrato per ogni singola immagine utilizzando il diametro implantare noto a livello della sua regione più coronale. La distanza lineare tra il punto di contatto osso-impianto più coronale e il margine coronale del collare implantare misurata era di 0.01 mm, sia sul versante mesiale sia su quello distale.
È inoltre stata fatta una media di gruppo per i cambiamenti dei livelli ossei dei singoli impianti.
Dati statistici
Le analisi statistiche sono state effettuate con il software statistico SPSS 14 for Windows (SPSS).
La statistica descrittiva è stata rappresentata attraverso media e deviazione standard. La perdita di osso marginale è stata confrontata tra GT e GC attraverso il test t di Student ad un livello di significatività di P < .05.
Il tempo clinico richiesto per l’esecuzione delle diverse modalità di impronta è stata registrata in secondi e riportata come media e deviazione standard.
Risultati
Sono stati trattati 12 pazienti, nei settori posteriori del mascellare superiore, mediante un impianto assiale (12) e un impianto inclinato distalmente (12) a supporto di 3 (n. 3) o 4 unità protesiche (n. 9) avvitate a carico immediato.
Sono state realizzate 12 protesi definitive avvitate in zirconia. Nessun impianto è andato perso. La lunghezza media (SD) è stata di 13.66 mm (±2.8 mm) per gli impianti assiali e di 13.5 mm (±1.96 mm) per quelli inclinati appartenenti al GC; invece, per il GT è stata di 13.5 mm (±2.8 mm) per gli impianti assiali e di 13,66 mm (±1.96 mm) per quelli inclinati.
I valori medi (SD) di inclinazione dell’impianto erano 33,89 gradi (± 6,7) e 32,75 gradi (± 6,9) rispettivamente nel GC e nel GT. Il valore d’inclinazione medio per gli impianti inclinati è stato di 33.89 gradi (±6.7) e di 32.75 gradi (±6.9) rispettivamente nel GC e nel GT.
La precisione della connessione protesi-impianto è stata valutata radiograficamente.
MAXILLA n=48 | |||
---|---|---|---|
Placed | Failed | Survival (%) | |
UPRIGHT | 12 | 0 | 100 |
TILTED | 12 | 0 | 100 |
Il tasso di sopravvivenza degli impianti è stato del 100%; inoltre, nessuna delle 12 protesi è andata persa durante il periodo di osservazione (tasso di sopravvivenza protesica 100%) (tab. 1). A 6 mesi di follow up sono stati registrati tre allentamenti della vite passante.
Nessuna complicanza biologica o meccanica (come allentamento e/o frattura della vite, frattura della sovrastruttura in zirconia, scheggiatura del materiale di rivestimento) si è verificata durante l’intero periodo di follow-up.
Il tasso di sopravvivenza totale dell’impianto a 2 anni è stato del 100% sia per gli impianti assiali, sia per quelli inclinati di entrambi i gruppi.
UPRIGHT | TILTED | |
---|---|---|
Bone Loss | maxilla n=12 | maxilla n=12 |
6 months (mm) | 0.99 ± 0.23 | 1.00 ± 0.32 |
12 months (mm) | 1.03 ± 0.33 | 1.06 ± 0.50 |
36 months (mm) | 1.08 ± 0.45 | 1.02 ± 0.67 |
I risultati radiografici sono stati riportati nella tabella 2. Alla valutazione a 24 mesi, la perdita di osso crestale perimplantare era in media 1,08 ± 0,45 mm per gli impianti assiali (n=6 impianti) e 1,02 ± 0,67 mm per quelli inclinati (n=6 impianti) appartenenti al GC; nel GT, invece, il livello di osso marginale a distanza di 2 anni era di 1.08 ± 0.45 per gli impianti assiali (n=6 impianti) e di 1,02 ± 0,67 mm per quelli inclinati (n=6 impianti).
Nella perdita di osso crestale, nel controllo a 6, 12, 18 e 24 mesi, non è stata rilevata alcuna differenza statisticamente significativa (P>0,05) tra impianti inclinati e impianti assiali. Il confronto tra il tempo clinico della procedura di impronta digitale e tradizionale ha rivelato che l’impronta digitale richiedeva meno tempo rispetto alla procedura convenzionale.
Discussione
I risultati clinici e radiografici di questo studio prospettico, a distanza di 2 anni, hanno dimostrato come l’accuratezza offerta dall’impronta tradizionale, come quella della digitale, possa influenzare positivamente la prognosi delle riabilitazioni dei settori posteriori del mascellare, supportate da un impianto assiale e da uno inclinato distalmente.
Nessun impianto è stato perso durante il periodo di osservazione. Il tasso di sopravvivenza dell’impianto (100%) e della protesi (100%) sono state confrontate in modo favorevole con i risultati di studi precedenti, in cui sono state osservate protesi parziali supportate da impianti assiali e inclinati fino a 3 anni dopo il carico [10,11].
Krekmanov et al. [20], in uno studio condotto su 47 pazienti, hanno riscontrato come l’inclinazione degli impianti posteriori migliori il supporto protesico, e non hanno riportato fallimenti implantari nella mandibola; nel mascellare superiore, invece, i tassi di successo a cinque anni erano del 98% per gli impianti inclinati e del 93% per quelli assiali.
Agliardi et al. [19] hanno valutato la prognosi di protesi fisse a carico immediato per il trattamento di pazienti edentuli, con atrofie molto significative nei settori posteriori della mandibola. Il periodo medio di valutazione è stato di 30.1 mesi e i risultati trovati sono stati eccellenti.
Le variazioni del livello d’osso marginale, valutati sulle superfici mesiali e distali degli impianti inclinati di entrambi i gruppi, si sono rivelati simili a quelli riscontrati in altri studi [22, 23].
Calandriello et al. [24] hanno dimostrato che la perdita di osso intorno ad un impianto inclinato è uguale o inferiore rispetto a quella che si verifica intorno ad un impianto assiale. Non sono state rilevate differenze statisticamente significative tra i due gruppi. Per di più i due gruppi erano clinicamente equivalenti in quanto le differenze negli intervalli di tempo erano di minori di 0.1 mm.
L’utilizzo di impianti inclinati non ha influenzato la perdita di osso marginale.
Gli impianti inclinati sono stati splintati agli impianti assiali ed hanno dimostrato un pattern di rimodellamento osseo simile a quanto riportato negli studi precedenti [21, 24].
In questo protocollo, l’ancoraggio osseo e lo splintaggio rigido fornito dalla protesi provvisoria sono stati fondamentali, per ottenere un’elevata stabilità primaria dell’impianto e il conseguente processo di osteointegrazione [24, 25].
Gli impianti inclinati sono stati impegnati in strutture ossee corticali dense; il fatto di raggiungere l’ancoraggio tricorticale ha sopperito la necessità di innesto osseo [24].
In base ai precedenti studi clinici e ai risultati del modello numerico, grazie all’eliminazione del cantilever protesico, è stata ottenuta una migliore distribuzione del carico sull’intera struttura [26-29].
Diversi autori hanno raccomandato un’inclinazione dell’impianto moderata (tra 15 e 30 gradi) [20, 29, 30].
In questo studio, il grado medio (SD) di inclinazione degli impianti è stato rispettivamente di 33.89 per il GC e di 32.75 gradi per il GT e non ha avuto effetti deleteri sul trasferimento di carico all’osso circostante. Inoltre, l’inclinazione dell’impianto, così come precedentemente dimostrato da Gimenez et al. [15], non ha ridotto la precisione del sistema di impronta digitale testato.
Nel controllo a 6 mesi sono stati riscontrati sei allentamenti della vite occlusale, verosimilmente a causa di problematiche parafunzionali o di una scarsa stabilità occlusale.
Durante l’intero periodo di follow-up non si sono verificate fratture della struttura o scheggiature del materiale di rivestimento (tasso di sopravvivenza protesica del 100%).
Tra i due gruppi di pazienti non sono state riscontrate differenze nè cliniche nè radiografiche. Tuttavia, in questo studio le impronte digitali hanno mostrato una maggiore accettazione per la procedura rispetto alle impronte tradizionali, sia per il tempo clinico ridotto sia per il miglior comfort del paziente.
Il rischio di distorsione del materiale (da impronta) è stato eliminato e, la previsualizzazione 3D, ha permesso di controllare in tempo reale la correttezza della scansione.
Inoltre, la scansione digitale intraorale, associata ad un sistema CAD/CAM ha permesso di ottenere un intero flusso di lavoro digitale.
Grazie all’elaborazione digitale, quando necessario, è possibile fabbricare un modello dentale fisico con impianti analoghi riposizionabili.
Per valutare l’accuratezza e la precisione delle impronte digitali rispetto a quelle tradizionali, sono stati condotti diversi studi clinici.
Uno studio in vitro, ad esempio, ha messo a confronto impronte digitali ottenute con Lava Cos e impronte tradizionali rilevate con Impregum. La precisione era rappresentata da “esattezza” e “accuratezza”; il primo termine era relativo alla discrepanza tra modello e dimensione effettiva dell’oggetto, il secondo all’oscillazione tra le diverse misurazioni [31].
Il sistema digitale, rispetto a quello tradizionale era in grado di generare una riproduzione più verosimile.
Per quanto riguarda l’adattamento marginale, un recente studio clinico ha riportato che corone in zirconia ottenute attraverso impronte digitali intraorali mostravano un gap marginale medio inferiore (49 mm) rispetto a quelle ricavate con impronte tradizionali seguite dalla stessa tecnologia CAD / CAM (71 mm) [32-34].
Uno studio retrospettivo della durata di 3 anni [35], ha inoltre valutato la performance clinica di corone in vetro-ceramica/zirconia ottenute con impronte digitali intraorali; è stato dimostrato che, la precisione ottenuta con questo tipo di impronte è pienamente assimilabile a quella delle impronte tradizionali.
Inoltre, il flusso di lavoro digitale è risultato essere quasi tre volte più efficiente rispetto al percorso convenzionale stabilito per corone fisse supportate da impianto [36].
Conclusioni
I risultati clinici e radiografici suggeriscono che la precisione fornita dall’impronta digitale influisce positivamente sulla prognosi delle riabilitazioni dei settori posteriori del mascellare superiore supportate da un impianto assiale e da uno inclinato distalmente.
La scansione digitale potrebbe essere considerata una valida alternativa all’impronta tradizionale. L’intero flusso di lavoro digitale può ridurre il tempo clinico e migliorare l’accettazione da parte del paziente. Sono tuttavia necessari ulteriori studi clinici prospettici a lungo termine per confermare l’efficacia della procedura di impronta digitale.
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Doctor Os 2019 XXX(6)
Twelve patients (4 women, 8 men) (mean age 63.6 years) were treated in the posterior maxilla with immediately loaded axial (24) and distally tilted (24) implants supporting 3-unit or 4-unit screw-retained prostheses.
3 months after loading, patients were divided into 2 groups: definitive traditional impressions were carried out in the control group, while digital impressions were performed in the test group.
To assess the precision of the prosthesis – implant connection, intraoral radiographs were performed at a distance of 3, 6, 12, 18 and 24 months.
To establish the effectiveness of rehabilitation, the following criteria have also been adopted: implant and prosthetic success rate, changes in the marginal bone level and an average clinical time required for the different procedures.
The objective of this study was to evaluate and compare the accuracy of digital and traditional impressions for posterior maxilla restorations supported by an upright and a distally tilted implant at 2-year follow-up. The fixtures location was detected with traditional and digital impressions.
A total of 24 patients received immediately loaded screw-retained prostheses supported by an upright and a distally tiled implants. No implant dropouts occurred, showing a an overall survival rate of 100% for both groups. None of the fixed prostheses were lost during the observation period (prosthetic survival rate of 100%). No statistically significant differences (P = .0068) in marginal bone loss were found between control and test groups. The digital impression procedure required on average less clinical time than the conventional procedure, while improving patient acceptance.
Clinical and radiologic results suggest that the accuracy provided by digital impressions positively affect the prognoses of posterior maxilla restorations supported by an upright and a distally tiled implant.