Split crest: case report con follow-up a 4 anni

Split crest: case report with a 4 year follow-up

Fig. 1 Foto intraorale occlusale.
Scopo del lavoro:

L’obiettivo del seguente case report è descrivere una tecnica chirurgica che combina l’utilizzo del terminale piezoelettrico all’impiego di osteotomi manuali per la riabilitazione implantoprotesica in zona estetica in un paziente con grave atrofia ossea intercalata.

Materiali e metodi:

Presso il reparto di Chirurgia Orale dell’Ospedale San Raffaele di Milano si è presenta alla nostra attenzione un paziente maschio di 18 anni con agenesia degli elementi 2.2 e 2.3. L’esame obiettivo ha evidenziato un deficit osseo orizzontale che non consentiva il posizionamento implantare con tecnica tradizionale, motivo per cui è stato deciso di ricorrere ad una tecnica chirurgica conservativa e predicibile: lo split crest. Nel dettaglio il paziente in questione è stato sottoposto ad un’espansione ossea contestuale all’inserimento di un impianto in sede 2.3. Quest’ultimo è stato riabilitato protesicamente con un’estetica immediata nella stessa seduta con l’aggiunta dell’elemento 2.2 in cantilever. Il manufatto protesico definitivo è stato posizionato dopo 6 mesi dall’intervento, in una situazione di stabilità dei tessuti duri e molli. In questo testo verrà mostrato un follow-up di 4 anni.

Conclusioni:

L’espansione crestale è una tecnica chirurgica che ci permette di effettuare riabilitazioni implantoprotesiche anche nei pazienti che non presentano volumetrie ossee adeguate per sottoporsi agli interventi di implantologia tradizionale. Questa procedura chirurgica risulta essere un’alternativa terapeutica predicibile, meno invasiva e con tempi chirurgici ridotti rispetto ad altre tecniche quali le rigenerazioni ossee. 

INTRODUZIONE

In seguito alla perdita degli elementi dentali la cresta ossea va incontro a una modifica significativa che può condizionare il posizionamento implantare. Quando si progetta l’inserimento di uno o più impianti è indispensabile un’analisi sito specifica sia morfologica che quantitativa e qualitativa, valutando la presenza di un’adeguata quantità ossea che possa contenere il diametro implantare, oltre che una quantità di tessuto osseo circostante sufficiente (1-2 mm vestibolare e palatale) (1). Talvolta, però, quando il deficit osseo è prevalentemente di tipo orizzontale, questi criteri non possono essere soddisfatti e risulta necessario ricorrere ad un aumento di volume mediante l’utilizzo di membrane con rigenerazione ossea guidata (GBR) (2) o reti in titanio (3). Tali procedure chirurgiche però risultano invasive e richiedono almeno due tempi chirurgici, allungando così le tempistiche del trattamento e aumentando il costo biologico per il paziente. Una valida opzione terapeutica risiede nello split crest, procedura chirurgica che consiste nell’effettuare un’osteotomia lungo la cresta edentula al fine di espanderla meccanicamente (4). Osborn, nel 1985, descrisse il primo tentativo di espansione crestale.

Fig. 2 Foto intraorale laterale.

Dopo di lui nel 1986, Tatum propose la tecnica combinata con il posizionamento implantare. Furono poi Simon e Scipioni a metà degli anni Novanta a riprendere la tecnica codificandola (5,6).  La tecnica di split crest ha subìto numerose proposte di modifica; infatti, possono essere eseguiti lembi a spessore totale, parziale o misto; l’osteotomia della cresta può essere effettuata con lame e scalpelli con o senza una osteotomia preliminare effettuata con strumenti rotanti o con piezosurgery; il posizionamento degli impianti può essere contestuale o differito. Questa tecnica chirurgica rappresenta un’alternativa terapeutica ben documentata per gestire i casi di IV classe ossea secondo Cawood & Howell e, nonostante i diversi protocolli operativi esistenti, esistono fasi comuni; ovvero: l’allestimento del lembo, l’esecuzione delle osteotomie, l’espansione della cresta ossea, l’eventuale posizionamento implantare e la sutura dei lembi. 

 

OBIETTIVO DEL LAVORO

Scopo di questo lavoro è illustrare la tecnica chirurgica combinata mediante l’utilizzo del terminale piezoeletrico e osteotomi manuali, valutando la stabilità dei tessuti molli e duri in un caso di split crest nella zona estetica con un follow up di 4 anni.

MATERIALI E METODI 

Presso il reparto di Chirurgia Orale dell’Ospedale San Raffaele di Milano si è presentato alla nostra attenzione un paziente maschio di 18 anni, con anamnesi medica negativa. All’esame obiettivo intraorale si è evidenziato un settore edentulo nel secondo quadrante con un evidente deficit osseo orizzontale (figura 1-2). Si è proceduto poi all’esecuzione di una ortopantomografia (OPT) che ha confermato l’agenesia degli elementi 22 e 23 e di una TC cone-beam (CBCT) al fine di esaminare, attraverso le cross-section, il reale spessore della cresta atrofica residua.

Fig. 3 Incisione lembo.

Dopo aver eseguito un’analisi quantitativa e qualitativa dell’osso residuo, si è proposta al paziente un’espansione mascellare del tratto edentulo con conseguente inserimento di un impianto in sede 23. Dopo aver motivato e istruito il paziente a una corretta e accurata igiene orale, si è proceduto alla preparazione del consenso informato. Successivamente, in anestesia locale, si è allestito un lembo tipo “book flap” a spessore totale, privo di incisioni di scarico (figura 3). Si è scheletrizzato solamente la porzione più coronale della cresta alveolare, con lo scopo di mantenere e garantire la massima vascolarizzazione possibile. Lo spessore della cresta alveolare è stato misurato intraoperatoriamente mediante l’utilizzo di una sonda parodontale (figura 4). Successivamente, utilizzando un manipolo ultrasonico con inserto osteotomico, si è realizzata l’incisione osteotomica orizzontale al centro della cresta alveolare (figura 5).

Fig. 4 Misurazione cresta atrofica.

L’utilizzo dello strumento piezoelettrico ha permesso di eseguire un taglio preciso, sottile e minimamente invasivo; in questo modo si è ottenuto un ottimo controllo durante l’azione di taglio che ha consentito di minimizzare la perdita di osso, garantendo così il massimo spessore possibile su entrambi i versanti della cresta. La corticotomia crestale orizzontale è stata eseguita in posizione leggermente palatale rispetto alla sommità della cresta, in modo da ottenere un aumento dello spessore della parete ossea vestibolare che dovrà essere distratta (figura 6). Dopo aver eseguito l’espansione crestale iniziale si è proceduto all’espansione delle pareti ossee.

Fig. 5 Incisione osteotomica con strumento piezoelettrico.

Per poter separare le due corticali sono state eseguite delle corticotomie aggiuntive, ovvero osteotomie verticali di scarico che hanno permesso di splittare le due corticali: queste hanno consentito di interrompere l’integrità della corticale vestibolare e, di conseguenza, facilitare la distrazione del tavolato osseo. Una volta ottenuta la separazione dei lembi ossei è stato possibile proseguire con la manovra di espansione di quest’ultimi. Sono stati utilizzati osteotomi di diametro crescente (fino a 3.3 Ø), inseriti all’interno del taglio superficiale iniziale, e poi spinti in profondità tramite delle percussioni effettuate mediante l’utilizzo di un martelletto manuale (figura 7). Durante questa fase bisogna prestare particolare attenzione in quanto si potrebbe determinare una frattura della corticale vestibolare.

Fig. 6 Corticotomia crestale orizzontale.

Dopo aver ottenuto un gap di circa 2-3 mm fra le due pareti ossee è stata effettuata una preparazione minima del sito implantare e inserito, dunque, un impianto conico (3.3 Ø x 11 mm) in posizione 2.3, 1 mm al di sotto del margine crestale (figura 8). Il posizionamento degli impianti tra i due lembi ossei completa e stabilizza l’espansione della cresta e determina il formarsi di un difetto osseo con potenziale rigenerativo. È stato inserito all’interno del difetto del collagene (Spongostan) per stabilizzare il coagulo e favorire il processo di rigenerazione ossea. Il lembo vestibolare è stato rilasciato incidendo il periostio e i lembi sono stati suturati, ottenendo una chiusura per prima intenzione priva di tensioni con una sutura 3/0 in seta.

Fig. 7 Inserimento osteotomo.

In seguito, è stata eseguita la protesizzazione estetica immediata dell’impianto con due corone, una in posizione 23 e l’altra in cantileever in posizione 22, in modo tale da garantire la massima stabilità possibile e ridurre l’invasività dell’intervento.
Il manufatto provvisorio è stato scaricato dall’occlusione e dai movimento in lateralità. Le emergenze implantari con il provvisorio avvitato risultavano congrue (figura 9). Infine, sono state enunciate le istruzioni postoperatorie ed è stata prescritta la terapia farmacologica. 

 

Fig. 8 Inserimento impianto.

Il paziente è stato tenuto sotto controllo tramite richiami periodici fino ad avvenuta osteointegrazione degli impianti e carico occlusale dei manufatti definitivi a 6 mesi dall’intervento. Dopo 7 giorni dall’intervento la guarigione dei tessuti era ottimale e dopo 14 giorni sono stati rimossi i punti di sutura. In questo periodo il paziente non ha mostrato alcun tipo di complicanza.
Dopo un follow-up di 4 anni, l’impianto appare perfettamente stabile e osteointegrato, la riabilitazione è ben tollerata dal paziente e, sia a livello clinico che radiografico, non sono presenti alterazioni né meccaniche né biologiche. Non si evidenziano segni di patologia perimplantare o di riassorbimento della cresta (figura 10,11).

DISCUSSIONE 

La logica dell’utilizzo della tecnica dell’espansione crestale è quella di espandere la cresta residua ottenendo sia una parete ossea palatale che vestibolare ≥ 1 mm al fine di posizionare gli impianti al di sotto della cresta ossea  per ottenere un’osteointegrazione duratura (7).

Fig. 9 Fase di protesizzazione immediata.

Durante questa procedura la parete buccale viene dislocata lasciando un gap tra le due pareti generalmente riempito dal corpo implantare e il restante spazio, invece, può essere riempito dal coagulo stesso. È molto difficile riuscire a pianificare la posizione dell’impianto in quanto viene inserito in seguito alla distrazione della parete ossea e questo può influire sulla progettazione. Di conseguenza, nelle fasi protesiche può essere necessario correggere l’angolazione dell’emergenza dell’impianto stesso; pertanto, creare corticotomie che guidino la frattura rendendola quanto più possibile controllata.

La corticotomia può essere effettuata con strumenti rotanti o terminale piezoelettrico, quest’ultimo consente un taglio micrometrico di precisione, garantendo mininvasività permettendo di lavorare esclusivamente sui tessuti duri (8); le frese rotanti, al contrario, rischiano di asportare maggior tessuto osseo.

Fig. 10, 11
Controllo intraorale a 4 anni.

L’utilizzo del terminale piezoelettrico evita le lesioni ai tessuti molli e possono essere effettuate incisioni ossee orizzontali senza danneggiare le strutture adiacenti. Inoltre, l’effetto della cavitazione pulisce l’area di lavoro e migliora la visibilità (9). Inoltre, la chirurgia ossea ad ultrasuoni sembra essere più efficiente nelle prime fasi della guarigione ossea; induce un aumento precoce delle proteine morfogenetiche ossee, controlla meglio il processo infiammatorio e stimola il rimodellamento osseo prima del trattamento (10).

CONCLUSIONI

Effettuando una corticotomia con lo strumento piezoelettrico è possibile agire selettivamente sui tessuti duri in modo molto sicuro e preciso, con danni minori ai tessuti per preservarne quanto più possibile. Infatti, al contrario degli strumenti rotanti, lo strumento piezoelettrico permette di ridurre la quota di osso che viene sacrificata. L’utilizzo della tecnica combinata, piezoelettrico e osteotomi, ci permette di essere più predicibili nell’esecuzione dell’intervento.

Bibliografia:

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Materials and methods:

At the Oral Surgery Department of the San Raffaele Hospital in Milan, an 18-year-old male patient with agenesis of elements 2.2 and 2.3 is presented to our attention. On physical examination, it presents with a horizontal bone deficit that does not allow implant placement unless before regenerative techniques or more conservative and predictable surgical procedures such as the split crest. In this case, the patient was subjected to bone expansion at the same time as the implant placement in area 2.3 with immediate prosthetic restoration by also placing element 2.2. in cantilever. The final prosthetic work was placed after 6 months; at 4 years we can evaluate the stability of hard and soft tissues following the surgery.

Aim of the work:

The aim of this clinical case is to describe a surgical technique that combines the use of a piezoelectric terminal and manual osteotomes for the rehabilitation of the prosthetic implant in the aesthetic area in a patient with a thin crest.

Conclusion:

The surgical technique of crestal expansion allows us to perform implant prosthetic rehabilitation even in those patients who do not have adequate bone volumes to undergo such interventions. This surgical procedure is a predictable therapeutic alternative, less invasive and with shorter surgical times than bone regeneration.