L’etica non è un optional

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La nostra società è attualmente pesantemente condizionata dalla “velocità”, senza distinzioni di sorta tra informazioni ed aggiornamenti che devono essere tassativamente trasmessi in “tempo reale”. Si ignora però che la cultura ha i suoi tempi di metabolizzazione e deve essere sostenuta dall’esperienza che richiede ulteriore tempo.
L’idea di poter fare a meno dei tempi necessari per poter svolgere in maniera degna e adeguata il proprio ruolo professionale è causa di superficialità, di mancato approfondimento del sapere e dell’operare e, in ultima analisi, di tendenza alla deresponsabilizzazione. Quante volte ci tocca ascoltare frasi del tipo: “Non ne rispondo io”, “Non tocca a me”, “La responsabilità è di altri”?
Sfuggire alla responsabilità è prassi diffusa nel privato e nel pubblico. Tutto questo però è mancanza di etica e l’etica non è un optional. Chi si deresponsabilizza si compiace nel farlo. Non di rado le frasi riportate sono pronunciate con soddisfazione e spesso accompagnate da sorrisetti… Ma questo comportamento erode le relazioni e corrode ogni ambito sociale e professionale.
Colui che elude il fardello della propria responsabilità crede di poter eludere ogni controllo e di poterla fare sempre franca. Non è così. La storia lo ha dimostrato. Nel mondo attuale, si possono diffondere - in maniera purtroppo incontrollabile - informazioni e istigazioni di qualunque tipo: la prima responsabilità da assumersi è quella dell’onestà di pensiero e di intenti. Millantare e far credere l’improbabile, promettere senza mantenere e concludere concretamente, spesso perché con sempre nuove affermazioni e promesse non si dà il tempo a chi legge di verificare, è facile per via telematica virtuale, ma estremamente dannoso nel reale! Chi legge non ha neppure la possibilità di guardare in faccia chi scrive (anzi, chi “posta”) parole il cui effetto può essere deviante. Come non essere d’accordo sul fatto che chi imbonisce via web non si ritiene – magari in buona fede - responsabile di quello che dice? Scrivere sulla tastiera, è stato dimostrato scientificamente e ben riferito recentemente da Edoardo Boncinelli sul Corriere della Sera, non lascia il tempo per riflettere adeguatamente su ciò che si scrive… e, quindi, si scrive…
Ma la buona professionalità si deve basare su concretezza e non su astrattezza, sul confronto diretto fra chi parla e chi ascolta e, soprattutto, sul sereno confronto di risultati e non di promesse!
Il vissuto dell’AIDI dimostra, ogni giorno di più, che coesione, voglia di crescita culturale quale premessa fondamentale di quella sindacale, sana ambizione di elevati livelli di professionalità da raggiungere per la via maestra e non attraverso improbabili scorciatoie, devono costantemente sostenerci nella nostra consapevolezza più intima di costituire un gruppo formidabile e responsabile che continua a procedere verso mete sempre più elevate.
Ad maiora colleghe e colleghi! ●

Il Direttivo AIDI