La malattia parodontale è la sesta malattia infiammatoria non trasmissibile (non communicable chronic desease) più diffusa e costituisce un vero e proprio problema di salute pubblica: il suo impatto non coinvolge solamente la perdita della funzione masticatoria, ma si traduce anche nella riduzione della qualità della vita e della salute generale degli individui che ne sono affetti.
Colpisce circa il 50% della popolazione nelle forme di stadio I e II, mentre nell’11% dei soggetti si presenta nelle forme più gravi (stadio III e IV), traducendosi in elevati costi pubblici: basti pensare che nel 2015 la cura della parodontite ha portato a un esborso di 545 miliardi di dollari a livello mondiale.
I meccanismi che collegano negativamente l’infezione-infiammazione parodontale all’organismo sono duplici; da un lato i batteri parodonto-patogeni possono migrare verso distretti anche lontani dal cavo orale tramite il flusso ematico ed esprimere a distanza i loro fattori di virulenza; dall’altro lato l’alterata risposta immunitaria che caratterizza la parodontite sottopone il corpo a un continuo stress, mediato dalla diversificata e individuale produzione di citochine note.
La redazione di Doctor OS ha intervistato il dott. Luca Landi Presidente SIdP
Dottor Landi, le evidenze scientifiche in tema di correlazione tra diabete e parodontite sono sempre più solide. Vuole fare il punto a tal proposito?
Tra le due patologie c’è un legame di tipo bidirezionale: infatti, i soggetti affetti da parodontite sembrano mostrare un peggior controllo metabolico, così come i soggetti con pre-diabete o diabete non controllato manifestano un peggioramento della situazione parodontale, tanto che la parodontite è stata annoverata come la sesta complicanza del diabete di tipo 2.
L’associazione tra il diabete e la parodontite, che colpisce in forma grave 7-8 milioni di persone in Italia, è stata particolarmente studiata ed è costantemente emerso come il diabete si associ ad un aumento, sia di prevalenza che di gravità, della parodontite. Il rischio per un soggetto diabetico di ammalarsi di parodontite è stimato essere da due a tre volte maggiore rispetto a quello di un soggetto non diabetico.
Il diabete influenza qualitativamente e quantitativamente il profilo citochinico dei pazienti con parodontite. Infatti, i soggetti con diabete di tipo II e parodontite mostrano, rispetto ai diabetici senza parodontite, un maggiore livello di citochine ematiche anche a livello del fluido gengivale crevicolare; esistono evidenze da studi clinici a sostegno del fatto che elevati livelli di mediatori pro-infiammatori (IL-1β, TNF-α, IL-6, stress ossidativo) sono presenti nei tessuti gengivali delle persone con diabete non controllato e che questo riscontro abbia un ruolo nell’aumentata distruzione parodontale osservata nel pazienti.
Fondamentale anche l’osservazione che la terapia parodontale causale sia risultata efficace nel migliorare il controllo glicemico in termini di valori HbA1c (emoglobina glicata): il valore meta-analitico della riduzione di HbA1c a tre mesi dal termine della terapia parodontale non chirurgica si attesta allo 0.40%.
Su quali specifici aspetti l’odontoiatra deve fare attenzione per intercettare i pazienti diabetici e prediabetici?
L’odontoiatra dovrebbe identificare tra i propri pazienti i candidati a uno screening diabetologico e inviarli al medico di famiglia con un quesito specifico. I candidati allo screening sono:
- i soggetti asintomatici per diabete di età superiore ai 45 anni che non hanno effettuato una glicemia a digiuno nei tre anni precedenti;
- i soggetti con indice di massa corporea ≥ 25 kg/m2 che presentino almeno una delle seguenti caratteristiche:
- familiarità di primo grado per diabete tipo 2 (genitori, fratelli);
- inattività fisica;
- appartenenza a gruppo etnico ad alto rischio;
- ipertensione arteriosa (≥140/90 mmHg) o terapia antipertensiva in atto;
- bassi livelli di colesterolo HDL (<35 mg/dl) e/o elevati valori di trigliceridi (>250 mg/dl).
Tra le donne, quelle con:
- parto di un neonato di peso >4 kg o pregresso diabete gestazionale;
- sindrome dell’ovaio policistico o altre condizioni di insulino-resistenza estrema come l’acanthosis nigricans;
- evidenza clinica di malattie cardiovascolari;
- HbA1c ≥39 mmol/mol (5.7%), IGT o IFG in un precedente test di screening.
Inoltre, se l’odontoiatra, nell’ambito di una normale visita a un suo paziente, dovesse rilevare segni orali e/o sintomi dichiarati di sospetto diabete (polidipsia, poliuria, calo ponderale ed astenia, infezioni genito-urinarie ricorrenti), deve invitare la persona a rivolgersi al suo medico di famiglia per gli accertamenti del caso, formulando uno specifico quesito.
In termini di prevenzione l’odontoiatra può fornire un contributo rilevante, spesso sottovalutato. Ce ne parli.
Gli odontoiatri, oltre ad occuparsi della terapia delle parodontiti, hanno la possibilità di offrire importanti potenzialità in campo preventivo. Sono, infatti, gli specialisti più frequentemente consultati dai nostri concittadini, operano in un ambito favorevole allo sviluppo di una duratura comunicazione con i pazienti e posseggono esperienza nella trasmissione di informazioni inerenti ai fattori di rischio delle malattie dento-parodontali e delle mucose orali.
Il biofilm orale, la dieta, il tabacco e, in parte, l’alcool rappresentano i principali fattori di rischio per le malattie del cavo orale. Tabacco, dieta, e alcool sono, peraltro, alla base delle principali e più diffuse malattie croniche non trasmissibili, principale problema di salute pubblica dei paesi industrializzati.
Gli odontoiatri, promuovendo interventi di lotta ai fattori di rischio per le malattie della bocca, attuano un approccio denominato di “contrasto al rischio comune”. In pratica i benefici delle loro iniziative preventive si spalmano non solo sulla tutela della salute del cavo orale ma anche sulle condizioni extra-orali che riconoscono i medesimi fattori di rischio.
Un’ulteriore considerazione sul ruolo che gli odontoiatri possono svolgere, non solo a tutela della salute orale ma anche dello stato generale di salute, attiene la possibilità di avviare percorsi di diagnosi precoce per alcune malattie sistemiche: ecco la base del progetto presentato dalla Società Italiana di parodontologia e implantologia e dalla Società italiana di diabetologia e dalla Associazione italiana diabetologi che vede coinvolte due categorie mediche che assieme possono promuovere e diffondere tra i loro pazienti la conoscenza dei fattori di rischio che le due patologie condividono contribuendo alla diminuzione dei dati di incidenza e di prevalenza delle due singole malattie.
Le tre società hanno recentemente reso disponibile un volumetto informativo rivolto ai professionisti ma prezioso anche per i pazienti all’interno del quale è possibile ottenere preziose informazioni ed essere guidati alla comprensione dei corretti percorsi diagnostici e di screening attraverso semplici algoritmi decisionali; ancora, semplici regole di igiene orale per i pazienti diabetici per favorire su larga scala il miglioramento del controllo domiciliare di placca batterica.