Legge di Bilancio 2023: prime analisi delle novità per l’odontoiatria contenute nel disegno di legge in corso di approvazione

A differenza di quanto è accaduto nell’anno passato, in cui la legge di Bilancio era già disponibile nella sua versione quasi definitiva nel mese di ottobre, alla data di redazione del presente approfondimento (12 dicembre, ndr) la manovra fiscale per l’anno 2023 è ancora un cantiere a cielo aperto.

La prima versione del disegno di legge è stata pubblicata a fine novembre e ha immediatamente subìto delle modifiche prima ancora di passare alla firma del presidente della Repubblica. Successivamente, prima della sua analisi alla Camera e al Senato, sono stati presentati un numero rilevantissimo di emendamenti (circa 3000!).

Il testo che pertanto ci accingiamo ad analizzare potrebbe subire importanti modifiche nel corso dell’iter parlamentare. Detto ciò, sono già ben chiari i temi principali su cui il neonato governo andrà ad intervenire con la nuova Finanziaria.  La maggior parte delle risorse sarà destinata a fronteggiare il cosiddetto “caro energia”, i cui effetti sono ben presenti anche nel settore odontoiatrico, estendendo i crediti di imposta anche al primo trimestre dell’anno 2023.

In secondo luogo, è stata prevista una estensione del regime forfettario, di particolare interesse per il settore dentale, con l’introduzione anche di una “flat tax” incrementale per ridurre la pressione fiscale in caso di redditi in crescita rispetto al triennio 2020-2022.

Inoltre, sono previste una serie di misure a favore di quei contribuenti che, per varie motivazioni, non sono stati in grado negli ultimi anni di pagare i propri debiti con il fisco e hanno pertanto ricevuto avvisi di irregolarità o cartelle di pagamento: grazie a rottamazioni e definizioni agevolate potranno mettersi in regola rateizzando i pagamenti e corrispondendo una sanzione ridotta.

Nel corpo della manovra sono poi presenti una serie di misure agevolative a vario spettro: si parte dalla rivalutazione delle partecipazioni e dall’assegnazione agevolata di beni ai soci di società, per passare da una mini voluntary disclosure finalizzata all’emersione delle cosiddette cripto-attività (analizzando per la prima volta in risvolti fiscali di questo nuovo mondo), per concludere con una serie di previsioni che interessano i pagamenti sia elettronici sia in contanti (oggetto, peraltro, negli ultimi giorni di notevoli discussioni). 

Nulla è detto nel disegno di legge, ahimè, sul tema della fatturazione elettronica per gli operatori sanitari (odontoiatri in primis) né sulla proroga dei crediti di imposta per gli investimenti in beni strumentali materiali ed immateriali (che per i beni ordinari viene meno dal 1.1.2023) né, infine, sul trattamento fiscale da riservare alle operazioni di aggregazione professionale con “trasformazione” (in senso a-tecnico) dello studio professionale in società tra cui, sempre più diffuse in odontoiatria, S.r.l. o Stp a r.l.

Lo scopo di questo approfondimento è quindi fornire al lettore una prima informazione sulle possibili novità che dovrebbero entrare in vigore con il nuovo anno così da potersi preparare per eventuali ragionamenti condivisi con il proprio commercialista. 

Tratteremo principalmente il tema dei crediti di imposta per fronteggiare l’incremento del costo delle bollette, il nuovo regime forfettario e le disposizioni sui pagamenti. A questo articolo, ne seguirà poi un secondo nel numero successivo che analizzerà invece le disposizioni nella loro versione definitiva.

1. I crediti di imposta per fronteggiare il “caro energia”

Prima di analizzare le novità che la legge di Bilancio dovrebbe introdurre dal prossimo 1° gennaio, è opportuno fare un recap dei crediti d’imposta che sono stati introdotti nel corso del 2022 per indennizzare dei maggiori oneri sostenuti per l’acquisto di energia elettrica e di gas i contribuenti. Nell’anno appena concluso vi sono stati ben sei decreti che hanno trattato, modificato ed esteso questo bonus fiscale: pertanto riteniamo che non dovrebbero esservi particolari modifiche nel corso del 2023 dato che l’agevolazione dovrebbe essere abbastanza stabile.

A chi spetta il credito di imposta?

Ricollegandoci a quanto detto qualche riga sopra, purtroppo l’agevolazione spetta solo ed esclusivamente alle imprese. Gli odontoiatri possono rientrarvi se esercitano l’attività odontoiatrica attraverso società di persone, come Snc o Sas, società di capitali, come Srl anche in forma di Stp, o imprese individuali. Non avranno invece accesso al credito, sempre in base al testo del disegno di legge in corso di approvazione, né gli odontoiatri che esercitano un’attività come liberi professionisti in forma individuale né coloro che operano nel settore dentale con associazioni professionali anche conosciute come studi associati. Purtroppo, alla data di redazione del presente approfondimento, non vi è notizia di emendamenti che prevedano l’estensione al settore dei professionisti di questa agevolazione. Il tema è ancora più anacronistico pensando a strutture odontoiatriche che, per via dei numerosi macchinari in uso e al numero elevato di persone coinvolte nell’organizzazione che necessitano di spazi sempre maggiori, avrebbero tutto l’interesse a fruire di questa agevolazione. 

A quanto ammonta il credito d’imposta?

Il credito d’imposta per le cosiddette imprese non energivore e non gasivore varia a seconda dei trimestri di riferimento. In riferimento al II trimestre 2022, le imprese non energivore dovevano avere contatori di potenza pari o superiore a 16,5 kilowatt.

A questi soggetti è stato riconosciuto un credito di imposta pari al 15% della spesa sostenuta per l’acquisto dell’energia effettivamente utilizzata nel secondo trimestre, a condizione che il prezzo della componente energetica calcolato sulla media riferita al primo trimestre 2022 abbia subìto un incremento del costo per kilowattora superiore al 30% rispetto al medesimo prezzo medio preferito al medesimo trimestre 2019.

La stessa misura era riconosciuta per le imprese non gasivore ma per una entità superiore. Il credito ammontava al 25% della spesa sostenuta per l’acquisto del gas consumato non per usi termoelettrici nel secondo trimestre solare del 2022 a condizione che il prezzo di riferimento del gas naturale è riferito al primo trimestre 2022 avesse subito un incremento superiore al 30% dello stesso prezzo medio riferito al medesimo trimestre 2019.

In riferimento al III trimestre 2022, i crediti di imposta per le imprese non energivore e non gasivore non subivano variazioni nell’entità rispetto al periodo precedente a condizione che l’energia o il gas (non per usi termoelettrici) fossero effettivamente utilizzati nel trimestre in questione e che si fosse registrato un incremento del prezzo della componente energetica o gas, calcolato sul dato medio riferito al secondo trimestre 2022, superiore al 30% del corrispondente prezzo riferito allo stesso trimestre dell’anno 2019.  

Nel IV trimestre 2022, poi, il credito d’imposta per le imprese non energivore era concesso a condizione che i contatori avessero una potenza pari o superiore a 4,5 kilowatt. L’agevolazione era pari al 30% della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica effettivamente utilizzata nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022 a condizione che il prezzo della componente energetica riferita al terzo trimestre 2022 avesse subito un incremento superiore al 30% rispetto al prezzo medio riferito al medesimo trimestre per l’anno 2019. Per le imprese non gasivore, il credito d’imposta era pari al 40% della spesa sostenuta per l’acquisto di gas per usi energetici diversi da quelli termoelettrici sostenuto nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022.

Anche in questo caso era necessario che il prezzo di riferimento del gas naturale nel terzo trimestre 2022 avesse subito un incremento superiore al 30% del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.

Stante la complessità dei calcoli per determinare il credito e la comunicazione da fare all’Agenzia delle Entrate attualmente entro il 16 marzo 2023, il legislatore aveva previsto nei vari decreti la possibilità di richiedere al venditore, sia per il credito di imposta sull’energia sia per il credito d’imposta sul gas, di fornire entro 60 giorni dalla scadenza del periodo per il quale spettava il credito d’imposta una comunicazione (su richiesta del contribuente) in cui indicare il calcolo dell’incremento del costo della componente energia o gas e l’ammontare del credito di imposta spettante nel periodo.

Questa previsione trovava applicazione a condizione che ci fosse una continuità di fornitura energetica rispetto al primo trimestre dell’anno 2019. Sul tema, vista la reticenza di alcuni venditori nel fornire questi calcoli, era intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate che con la circolare 36/E del 2022 aveva previsto che la comunicazione avrebbe dovuto essere fornita anche qualora la richiesta da parte dell’impresa fosse avvenuta successivamente ai 60 giorni dalla fine trimestre di riferimento previsti per legge.

I crediti in questione erano liberamente utilizzabili in compensazione senza preventive comunicazioni all’Agenzia delle Entrate né l’apposizione di visti di conformità per importi superiori a 5.000  e non erano tassati. Il termine per l’utilizzo dei crediti relativi al secondo trimestre 2022 era il 31 dicembre, mentre per quelli relativi al terzo e quarto trimestre 2022 l’utilizzabilità è concessa entro il prossimo 30 giugno. 

Quali sono le novità del disegno di legge di Bilancio 2023?

Per le imprese non energivore, ossia quelle realtà con contatori con potenza disponibile pari o superiore a 4,5 kilowatt, per il primo trimestre 2023 dovrebbe essere riconosciuto un credito d’imposta pari al 35% delle spese sostenute per la componente energetica effettivamente utilizzata.

L’agevolazione dovrebbe sempre essere condizionata al fatto che il prezzo della componente energetica calcolato su base media del quarto trimestre 2022 abbia subìto un incremento del costo superiore al 30% rispetto al quarto trimestre 2019. Per le imprese non gasivore, invece, il credito di imposta dovrebbe essere pari al 40% delle spese sostenute per l’acquisto di gas effettivamente consumato nel primo trimestre 2023 per usi energetici diversi da quelli termoelettrici.

Anche in questo caso, per fruire dell’agevolazione, è necessario che il prezzo medio di riferimento del gas naturale del quarto trimestre 2022 abbia subito un incremento superiore al 30% del medesimo prezzo relativo al quarto trimestre 2019.

Come per le precedenti edizioni di questi crediti di imposta, vi dovrebbe essere la possibilità per le imprese che si sono rifornite di gas e energia nel quarto trimestre 2022 e nel primo trimestre 2023 dallo stesso soggetto la cui si rifornivano nel terzo trimestre 2019 di richiedere al proprio fornitore una comunicazione che attesti il calcolo dell’incremento del costo della componente energetica e l’ammontare del credito d’imposta spettante nel primo trimestre 2023.

Il credito, stante il testo del disegno di legge in corso di approvazione, dovrebbe essere utilizzabile in compensazione entro il prossimo 31 dicembre 2023 senza l’apposizione del visto di conformità anche se di importo superiore a 5.000  e non dovrebbe essere tassato ai fini delle imposte sul reddito e dell’Irap.

Giudizio
Sicuramente positivo per coloro che esercitano l’attività odontoiatrica avvalendosi di strutture societarie che li qualificano come imprese. Decisamente penalizzante invece per il mondo dei professionisti. Fino a quando continuerà a valere questa dicotomia di trattamento ormai completamente anacronistica (soprattutto in odontoiatria)?

2. Le novità per il regime forfettario e la “flat tax incrementale”

Altre interessanti modifiche che dovrebbero essere apportate dalla nuova legge di Bilancio interessano il regime forfettario. Nello specifico, il legislatore prevederebbe un allargamento della platea dei soggetti che possono accedere a questo regime agevolato, un’automatica venuta meno del regime al superamento di determinate soglie di fatturato già nel corso nell’anno e, infine, l’introduzione della cosiddetta “flat tax incrementale” applicabile da imprese e lavoratori autonomi nel caso di incremento di reddito nel corso del 2023 rispetto al triennio 2020-2022. Andando per ordine, analizziamo la prima modifica che dovrebbe interessare il comma 54 lettera a) dell’articolo 1 della legge 190 del 2014: dovrebbero poter accedere al regime in analisi le persone fisiche che esercitano attività d’impresa o attività di lavoro autonomo, come ad esempio i liberi professionisti odontoiatri, a condizione che nell’anno precedente non abbiano superato ricavi o compensi (come nel caso dei professionisti), da ragguagliare ad anno, superiori non più a 65.000  ma, stante la nuova formulazione normativa, a 85.000 . Il nuovo limite, salvo modifiche, dovrebbe quindi valere già per l’anno 2022 in analogia rispetto a quanto accaduto con le modifiche predisposte dalla Finanziaria 2019 e in linea con l’interpretazione fornita nella circolare 9/E del 2019 dall’Agenzia delle Entrate. Nulla cambia invece per le altre condizioni di accesso al regime. Il limite degli incassi (o ricavi) si applica indipendentemente dall’attività esercitata e dal regime contabile utilizzato. Tra i compensi incassati (o ricavi) concorrono anche i proventi conseguiti a titolo di diritto d’autore e nel caso di svolgimento di più attività caratterizzate da differenti codici ATECO, sarà rilevante la somma dei compensi incassati (o ricavi). Oltre al limite sui compensi incassati (o ricavi), altra condizione che limita l’accesso al regime agevolato è quella di non aver sostenuto spese superiori a 20.000 Ä lordi annui per lavoro dipendente o per collaboratori compresi gli associati in partecipazione. Non ci sono cambiamenti poi in tema di cause ostative all’applicazione del regime. Per quanto di interesse nel settore odontoiatrico, non è possibile applicare il regime forfettario:

  • se contemporaneamente all’esercizio dell’attività odontoiatrica si partecipa a società di persone o ad associazioni per l’esercizio in forma associata di attività professionali; 
  • se si controlla in via diretta o indiretta (anche tramite familiari quali il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado) una Srl o un’associazione di partecipazione che eserciti un’attività economica direttamente o indirettamente riconducibile a quella svolta dal singolo professionista ed a cui, contemporaneamente, il professionista in regime forfettario fatturi prestazioni professionali da “consulente” tassate con imposta sostitutiva. 

Mentre la partecipazione in società di persone o associazioni professionali deve essere rimossa nell’anno antecedente a quello in cui si vuole applicare in regime forfettario, il controllo diretto o indiretto di Srl fa venire meno il regime forfettario dall’anno successivo a quello in cui ci si ritrova nella condizione di controllo. Permangono invece le cause ostative che vietano l’applicazione del regime per i soggetti che esercitano l’attività prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o lo erano nei due anni precedenti, anche nel caso di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai già menzionati datori di lavoro, salvo il caso di professionisti che iniziano l’attività dopo aver svolto un periodo di pratica obbligatorio. Infine, non possono applicare il regime in commento quei professionisti che nell’anno precedente hanno percepito redditi da lavoro dipendente o assimilati, compreso il reddito da pensione, eccedenti l’importo di 30.000 .

Una seconda novità di particolare interesse che va ad eliminare una criticità del precedente regime forfettario è quella relativa ad una condizione di uscita automatica dal regime. Il regime forfettario cesserà di avere applicazione dall’anno stesso in cui i compensi incassati (o ricavi) dovessero superare il limite di 100.000 .

Questa disposizione, già presente in precedenti regimi forfettari, va a colmare un vuoto normativo che permetteva, di fatto, di applicare il regime forfettario anche “sforando” nell’anno di parecchie decine di migliaia di euro il limite degli incassi a condizione che nell’anno precedente si fossero rispettate tutte le condizioni per l’accesso.

Gli effetti della venuta meno del regime in corso d’anno sarebbero catastrofici: la tassazione diverrebbe ordinaria e, sebbene non vi sarebbe modifica sulla modalità di fatturazione elettronica (nel caso di fatturazione come consulenti e non direttamente pazienti ed a condizione di continuare ad effettuare prestazioni esenti IVA), non vi sarebbe la copertura delle ritenute d’acconto e molti costi potrebbero essere persi per via dell’essersi qualificati nel corso dell’anno, consapevoli di applicare un regime forfettario e non analitico, come non titolari di partita IVA.

Terza e ultima modifica attiene alla cosiddetta “flat tax incrementale”. Questa norma agevolativa risulta essere una novità assoluta nell’ordinamento tributario italiano e sicuramente sarà oggetto di chiarimenti, anche in via interpretativa, che meglio ne delimiteranno l’applicazione concreta. Allo stato attuale, per le persone fisiche che svolgono attività di impresa o di lavoro autonomo e che non operano con il regime forfettario, è previsto in via opzionale un regime agevolato di tassazione della parte del reddito 2023 (le cui imposte si pagheranno nel 2024) incrementale rispetto al maggiore dei redditi del triennio precedente. Potrà essere tassata con un’imposta sostitutiva del 15% al netto di una piccola franchigia (pari al 5% del maggiore dei tre redditi conseguiti nel triennio). La base imponibile su cui calcolare questa tassazione sostitutiva non può essere superiore a 40.000 .

Esemplificando, si ipotizzi di percepire un reddito imponibile nell’anno 2023 pari a 90.000 € e, nel triennio precedente, di essersi attestati rispettivamente a 50.000 € nel 2020, a 80.000 € nel 2021 ed a 70.000 € nel 2021: in questo caso, la base imponibile soggetta alla flat tax incrementale sarebbe pari a 10.000 € ulteriormente ridotta di 4.000 € (5% di 80.000 €).

L’imposta del 15% sarebbe quindi calcolata su 6.000 € con un esborso di 900 € in luogo delle aliquote Irpef progressive ordinarie (attualmente il 43%) e delle addizionali comunali e regionali. Il beneficio quindi sembra particolarmente interessante. 

La norma avrà effetti solo sui saldi d’imposta 2023 (che si pagheranno nel periodo estivo dell’anno 2024) e non, invece, sugli acconti 2024. Nulla viene detto poi sulla possibilità (remota secondo noi) di poterla applicare per la determinazione degli acconti di imposta da corrispondersi nell’anno 2023.

Alcuni dubbi operativi, figli anche del fatto che si tratta di una vera e propria novità nel panorama fiscale italiano: innanzitutto non è chiaro se potranno avvalersi di questo regime agevolato anche i soci di società di persone e di associazioni professionali, come nel caso di odontoiatri che esercitano l’attività professionale con lo studio associato.

In secondo luogo, non sono al momento chiare le conseguenze di avere aperto la partita iva nel corso del triennio 2020-2022: sarà questa una condizione ostativa all’accesso del regime oppure si prenderà in considerazione il maggiore dei redditi prodotti dall’anno di apertura della partita IVA all’anno 2022? Sicuramente sia nell’iter di approvazione della legge di bilancio sia nei successivi interventi legislativi o di prassi verrà data risposta a questi dubbi.

Giudizio
Positivo, se la norma rimane così, sia per l’estensione del limite di tassazione agevolata (in linea ora con gli altri Stati UE) sia per l’introduzione della previsione a contrasto dei “furbetti” del forfettario sia, infine, per la disciplina della “flat tax incrementale” che finalmente non penalizza i contribuenti con redditi in crescita. 

3. Il nuovo limite per i pagamenti in contanti e per quelli elettronici

La bozza di disegno di legge di bilancio 2023 prevederebbe, come anticipavamo, due rilevanti modifiche che interessano direttamente il mondo dell’odontoiatria. 

Nello specifico dovrebbe essere stato innalzato il limite per gli incassi e per i pagamenti in contante, modificando l’articolo 49 comma 3bis del DL 231 del 2007. Dal 1° gennaio 2023 infatti, stante la precedente formulazione normativa, tale limite sarebbe diminuito a 1.000  (999 Ä per l’esattezza). Per effetto invece delle previsioni contenute nella legge di Bilancio per il 2023 la soglia oltre il quale non è concesso pagare o incassare in contanti sarebbe pari a 5.000 Ä. Come già ampiamente dibattuto dalla dottrina, qualora prima dell’entrata in vigore della norma si fosse superato il limite di 5.000 , tale comportamento sarebbe comunque sanzionato dato che la norma in vigore nel 2022 prevedeva un limite a 1.999 Ä. le sanzioni che dovrebbero essere applicabili dal 2023 sarebbero comunque ancorate a un minimo edittale non aggiornato pari a “soli” 1.000 . 

Due warning: 

  1. Nulla cambia in riferimento alla possibilità di detrarre le spese mediche, dentista incluso, per i pazienti che pagano con modalità di pagamento non tracciate (ossia in contanti): queste rimarranno indetraibili così come accadeva negli anni precedenti.
  2. Non vi sono neppure modifiche in riferimento al concetto di “operazione frazionata”. Questa, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera v) del DLGS 231/2007, è considerata una operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore uguale o superiore al nuovo limite di 5.000  (o a quelli precedenti, dato che la norma è in vigore da tempo) effettuata mediante il frazionamento in più operazioni singolarmente inferiori a tale soglia, a loro volta attuate in momenti diversi ma in un circoscritto periodo temporale che la normativa aveva identificato in 7 giorni.  Si pensi, ad esempio, al caso di un acquisto di un bene strumentale dell’importo di 5.500 IVA inclusa: se il pagamento viene frazionato in un acconto ed un saldo, trattandosi di una operazione unitaria, il pagamento potrà avvenire in contanti fino alla soglia massima di 4.999,99 . La parte eccedente dovrà essere pagata con mezzi di pagamento tracciati. Il tema era ed è particolarmente sensibile per l’odontoiatria dato che molto spesso, specialmente in passato (prima cioè del 2020), alcuni piani terapeutici erano e sono pagati con il meccanismo di “acconto e saldo”: ad una prima analisi (o ad una analisi meramente documentale, come quella che conduce l’AdE o la GdF in queste fattispecie), queste potevano sembrare operazioni unitarie artificiosamente frazionate. In questi casi, infatti, era decisamente consigliato identificare nelle fatture in modo puntuale le varie terapie eseguite sul paziente, così da non generare il dubbio di aver voluto aggirare la norma “spezzettando” i pagamenti. Come detto, però, il “problema” è sicuramente molto meno di attualità dato che, anche per pagamenti di piccoli importi (salvo quanto si dirà a breve), è diventato molto comune l’utilizzo del POS o di altri mezzi di pagamento tracciati. 

La seconda novità di interesse, a nostro modo di vedere particolarmente anacronistica viste tutte le forme di pagamento digitali a cui ci siamo abituati, consisterebbe nell’escludere dall’obbligo di accettare pagamenti tramite carte di debito, di credito o prepagate effettuati a soggetti che effettuano vendita di beni o erogano servizi, anche professionali, per importi pari o inferiori a 60 indipendentemente dalla tipologia e dall’oggetto della transazione.

La finalità di tale norma sarebbe quella di garantire una proporzionalità tra l’importo del pagamento rifiutato e l’entità della sanzione potenzialmente irrogabile. Infatti, nei casi di mancata accettazione da parte di un imprenditore, un commerciante o un professionista di un pagamento di importo superiore a 60 € effettuato con carta di pagamento, la sanzione pecuniaria ammonterebbe a 30 € maggiorata del 4% del valore della transazione per la quale è stata rifiutata l’accettazione del pagamento elettronico. Anche in questo caso la norma non avrebbe valenza retroattiva: pertanto, in caso di rifiuto di pagamento elettronico da parte di un odontoiatra nell’anno 2022 (o in anni precedenti), questo comportamento sarebbe soggetto alle sanzioni che abbiamo appena analizzato.

Giudizio
Assolutamente negativo.
Non ne facciamo un discorso politico ma puramente tecnico: che senso ha riportare in vita vecchie modalità operative quando la collettività si era ormai indirizzata per i pagamenti elettronici e tracciati come nel resto dei Paesi evoluti del mondo? Non sarebbe stato meglio azzerare, per le operazioni minori, i costi bancari e le commissioni?

Conclusioni

Come anticipato, la norma, allo stato attuale, è ancora in corso di discussione e pertanto potrebbero esserci modifiche anche rilevanti nuove disposizioni da analizzare.  In questo primo articolo abbiamo approfondito le misure che, a nostro parere, dovrebbero avere maggiori chance di essere introdotte senza particolari variazioni. Nel prossimo approfondimento sicuramente torneremo sulle eventuali novità degli argomenti trattati e andremo ad analizzare quanto volutamente tralasciato perché ancora non definitivo, in primis fra tutte le misure per la rottamazione delle cartelle esattoriali e la definizione agevolata degli avvisi di irregolarità (avvisi bonari) o del contenzioso.

Buona lettura a tutti e buon inizio d’anno.