Legge di bilancio 2019 e decreti fiscali di inizio anno

Quali novità per gli odontoiatri?

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Legge di bilancio 2019

Come sempre l’inizio dell’anno è portatore di tante novità in ambito fiscale. Quest’anno a maggior ragione visto l’impronta teoricamente innovativa e di discontinuità rispetto al passato che il Governo avrebbe voluto dare alle misure fiscali. In realtà, come vedremo, di novità particolarmente dirompenti e favorevoli per l’odontoiatria non ce ne sono.

Sono state riprese alcune positive misure del passato e ne sono state introdotte nuove che, però, oltre ad essere riservate solo ad alcune categorie di odontoiatri, al momento attuale, sono ancora di difficile applicazione mancando decreti attuativi e interpretazioni ministeriali.

L’inizio anno è poi stato caratterizzato dal “balletto” in tema di fatturazione elettronica, per cui, se fino a metà novembre tutto sembrava deciso e definito, nel mese di dicembre si è assistito a un drastico ritorno al passato generando principalmente grande confusione negli operatori.

Come sempre, commentando le misure di inizio anno, il nostro intento è quello di fornire al lettore una panoramica delle novità fiscali, con anche un giudizio critico sugli effetti della misura, al fine di rendere il più proficuo possibile il dialogo tra l’odontoiatra e il proprio commercialista nell’ottica di una corretta pianificazione fiscale.

Fattura elettronica: per molti ma non per tutti

La gestione della fatturazione elettronica, la più grande rivoluzione amministrativo-fiscale degli ultimi quarant’anni, è stata a dir poco penosa e, aggiungeremmo, irrispettosa nei confronti di tutti quegli odontoiatri che a dicembre si erano ormai adeguati e preparati alla gestione digitale della fatturazione.

Come ormai sappiamo, dal 2019 l’obbligo di fatturazione elettronica è stato esteso a tutte le prestazioni tra soggetti con partita Iva.

Non ritorniamo pertanto su concetti ormai noti ed assimilati. Purtroppo o per fortuna, tutti noi ci siamo già abituati a fatture in formato XML, alla consultazione dei portali dell’Agenzia delle Entrate o dei propri gestionale di studio e alle “bizze” del sistema l’interscambio che, soprattutto nei primi periodi, ha creato non poche problematiche.

La vera novità del mese di dicembre è stata l’introduzione del divieto per tutto il 2019 di emissione della fattura in formato elettronico ed di invio allo SDI per quelle operazioni di cui dati devono essere inviati al sistema TS.

Quest’ultima comunicazione, che fino al 2018 era stata vissuta come l’ennesimo obbligo a carico degli odontoiatri (e delle prestazioni sanitarie in generale), dal 2019 produce quindi effetti rilevanti anche dal punto di vista amministrativo.

In buona sostanza, gli odontoiatri, a prescindere dalla forma con cui esercitano la loro attività professionale (partita Iva individuale, studio associato, STP in forma di Srl o Srl), sono obbligati ad inviare al sistema TS i dati contenuti nelle fatture emesse per le prestazioni sanitarie rese ai propri pazienti.

Tutto ciò ha la finalità, lo ricordiamo, di permettere all’Agenzia delle Entrate di predisporre la dichiarazione precompilata. Come già noto, nel caso in cui il paziente per motivi di privacy si opponga all’invio dei dati, il professionista operante in ambito sanitario sarà esonerato dall’invio della suddetta comunicazione.

In virtù proprio di questo ultimo aspetto, il Garante della privacy ha intimato il divieto (prontamente recepito nella legge di bilancio) ad emettere fatture elettroniche con relativo invio allo SDI per garantire la riservatezza dei dati contenuti sulle fatture emesse.

L’esonero quindi vale per tutte le prestazioni sanitarie potenzialmente comunicabili al sistema Tessera Sanitaria: a nulla rileva quindi il fatto che il paziente si sia opposto o meno per motivi di privacy all’invio dei dati. La fattura elettronica ai pazienti può quindi essere tranquillamente archiviata per tutto l’anno 2019.

Questo esonero, valido come detto solo per il 2019, non vale però nel caso di fatturazione di prestazioni che non devono essere comunicate al sistema TS: si pensi, ad esempio, alle fatture per collaborazioni rese a colleghi o a strutture odontoiatriche piuttosto che per la direzione sanitaria di queste ultime o ancora per docenze o interventi a convegni anche se su tematiche medico-odontoiatrici.

Sebbene siano casi limitati, dovrebbero essere oggetto di fatturazione elettronica anche le prestazioni eseguite su pazienti che però non rientrano nell’ambito delle prestazioni sanitarie detraibili.

Giudizio: negativo. Il rinvio a fine dicembre, a nostro modo di vedere, ha solo complicato la vita agli odontoiatri soprattutto perché, allo stato attuale, dovrebbe trattarsi di un esonero non definitivo ma solamente di un anno. Nel frattempo, nel 2019, gli odontoiatri dovranno gestire fatture cartacee e fatture elettroniche con annessa doppia contabilizzazione e differenti modalità di archiviazione. Sicuramente questa non è una semplificazione.

La “flat tax” 2019 e la sua possibile evoluzione nel 2020

Un altro tema su cui il Governo si è impegnato anche mediaticamente è stata la riduzione delle tasse. Questa è stata declinata nella estensione del regime forfettario che era già in vigore in passato ma aveva soglie di accesso (una fra tutte il fatturato che non doveva superare 30.000 €) sicuramente meno interessanti.

Per il 2019, infatti, coloro che hanno fatturato nel 2018 non più di 65.000 € potranno applicare un nuovo “super regime forfettario”: questo prevede una tassazione forfettaria al 15% da calcolarsi sul 78% dei compensi incassati nell’anno (anche detti “a-tecnicamente” ricavi o fatturato, e non invece sul reddito o sull’utile) al netto di eventuali contributi previdenziali obbligatori (ad esempio, i contributi ENPAM).

La tassazione forfettaria sostituisce Irpef, Irap e le “spesso dimenticate” addizionali comunali e regionali (che ad oggi possono incidere anche per il 3% e che potrebbero crescere dal 2019 superando il 4%). Inoltre vi è il pieno esonero dall’obbligo della fatturazione elettronica, che come abbiamo visto potrebbe impattare proprio sui collaboratori di studi o di strutture odontoiatriche.

Le condizioni di accesso sono:

  1. non superare nell’anno precedente i 65.000 € di compensi totali (ragguagliati all’anno se la P.IVA è stata aperta in corso d’anno);
  2. non essere socio di studio associato, di società di persone o, ancora, di imprese familiari;
  3. non controllare in modo diretto o indiretto S.r.l. (la norma però non parla di S.p.A.) o associazioni in partecipazione che esercitano una attività direttamente o indirettamente riconducibile a quella odontoiatrica.

Il 23 gennaio scorso* l’Amministrazione ha fornito alcuni primi (ma non esaustivi) chiarimenti sulle tre condizioni accesso di cui sopra: c’era da aspettarselo visto il vantaggioso regime fiscale, ma purtroppo non sembrano essere positivi.

Innanzitutto, nel limite di 65.000 € di compensi incassati devono essere inclusi anche i proventi incassati come diritti di autore (ad esempio, per collaborazioni a testi scientifici o per lo sfruttamento economico di brevetti, situazione non così rara in ambito odontoiatrico).
Inoltre, e questo a nostro modo di vedere è l’aspetto più negativo, in riferimento alle condizioni di esclusione 2) e 3), l’Agenzia ha precisato che per accedere al regime fiscale dal 1.1.2019, le partecipazioni devono essere cedute entro il 31.12.2018.

Detto che in passato nella Circolare 10/E del 2016 la stessa Amministrazione aveva fornito indicazioni opposte (da cui sembrava essere possibile cedere la partecipazione nell’anno in cui si applicava già il regime), l’assurdo è che la norma è stata approvata il 30.12.2018 e pubblicata in G.U. il 31.12.2018. O i contribuenti avevano la sfera di cristallo oppure, se si ricade in questa fattispecie, si deve rimandare tutto al 2020 con effetti sia fiscali (tassazione piena e ordinaria ancora per il 2019!!) sia amministrativi (obbligo, fatte salve le prestazioni fatturate a pazienti da comunicare anche solo potenzialmente al sistema TS, di emissione delle fatture in formato elettronico per tutto il 2019!!).

Rispetto poi al vecchio regime forfettario (che come detto valeva per fatturazione fino a 30.000 €) sono state rimosse le soglie di spesa per personale dipendente (5.000 €) e per beni strumentali (20.000 €) che nella vecchia impostazione, se superate anche singolarmente, facevano venire meno il regime fiscale agevolato.

È stata anche rimossa la soglia di 30.000 € per eventuali redditi di lavoro dipendente o assimilato (ad esempio, le pensioni) che, con il vecchio “forfettario”, se superata faceva venire meno il regime forfettario.

Per evitare fenomeni elusivi, non sarà però possibile avvalersi della flat tax per coloro che esercitano l’attività professionale prevalentemente nei confronti di datori di lavoro (o soggetti direttamente o indirettamente ad essi riconducibili) con cui sono in corso rapporti di lavoro o lo sono stati nei due anni precedenti. La verifica della “prevalenza” dell’attività svolta sarà quindi un requisito essenziale.

In sostanza, da una prima analisi ed in attesa dei consueti interventi chiarificatori di inizio anno, potrebbe esserci una buona convenienza ad applicare il nuovo regime per:

  • chi esercita l’attività di collaboratore in strutture di cui non è socio e che non ha di fatto costi;
  • chi ha uno studio di piccole dimensioni (e con pochi costi che con questo regime non sarebbero ovviamente deducibili).

Ovviamente, sarà comunque necessaria un’attenta analisi della propria posizione fiscale da fare con il commercialista, dato che il regime forfettario di fatto sterilizza tutti gli oneri detraibili e molti oneri deducibili in assenza di altri redditi tassati in modalità ordinaria.
Sempre da una prima lettura della norma, ed in attesa di ulteriori chiarimenti ufficiali che potrebbero anche “correggere il tiro”, sembrerebbe possibile applicare il regime forfettario anche per coloro che svolgono collaborazioni odontoiatriche e sono soci di minoranza (cioè non hanno il controllo neanche in modo indiretto) di S.r.l. odontoiatriche. Lo stesso dovrebbe valere per quegli odontoiatri che hanno delle partecipazioni anche di controllo ma in società che non svolgono l’attività odontoiatrica e che, a loro volta, non ne controllano una.

Sul punto però si dovranno attendere le consuete circolari interpretative che, come ogni anno, dovrebbero vedere la luce nei primi mesi del 2019. I dubbi infatti sono ancora tanti: ad esempio, cosa si intende nello specifico per “controllo indiretto”? L’utilizzo delle “holding” come potrebbe impattare sull’agevolazione? E in caso di patti parasociali, si potrebbe configurare comunque il c.d. “controllo contrattuale”? E ancora, cosa si intende per riferibilità diretta o indiretta dell’attività della società a quella del professionista odontoiatra? Alla data di redazione dell’articolo questi temi non sono ancora stati chiariti.
Dal 2020, poi, ci potrebbero essere ulteriori notizie positive: per gli odontoiatri che esercitano l’attività professionale con partita Iva individuale e hanno fatturato nell’anno precedente più di 65.000 €, ma non hanno superato 100.000 €, sarà possibile applicare un’IRPEF fissa al 20% sulla differenza tra i compensi incassati e le spese deducibili sostenute. Questa tassazione sostituirà anche l’Irap e le addizionali regionali e comunali.

Le condizioni per cui non è possibile applicare questo regime sono le stesse del regime forfettario fino a 65.000 € di fatturato, ossia:

  • non essere socio di studio associato, di società di persone o, ancora, di imprese familiari;
  • non controllare in modo diretto o indiretto S.r.l. (la norma però non parla di S.p.A.) o associazioni in partecipazione che esercitano attività direttamente o indirettamente riconducibile a quella odontoiatrica;
  • non svolgere l’attività prevalentemente nei confronti di soggetti con cui sono in essere rapporti di lavoro o con cui lo sono stati nei due precedenti periodi di imposta (la limitazione vale anche se l’attività è svolta prevalentemente nei confronti di terzi direttamente o indirettamente riconducibili a datori di lavoro attuali o passati).

Chi utilizzerà questo regime non potrà più applicare la ritenuta d’acconto ma dovrà fatturare in modalità elettronica. Non vi saranno inoltre particolari semplificazioni sugli adempimenti contabili e fiscali.

Giudizio: Sicuramente molto positivo per la misura in vigore dal 2019 e ancora di più è quella del 2020. Il punto sarà capire bene cosa si intende per “requisiti di controllo” e, soprattutto, sperare che non vi siano ripensamenti da parte del legislatore con bruschi dietro-front.

Il nuovo bonus investimenti e il nuovo iper ammortamento

Se ci eravamo abituati con il semplice e favorevole super ammortamento, dal 2019 cambia tutto: proprio al suo posto, da quest’anno si applicherà un nuovo bonus fiscale che risulta però essere molto complesso nella sua applicazione.

Inoltre, novità particolarmente penalizzante per la maggior parte della categoria, l’agevolazione in concreto può essere utilizzata solo da chi esercita l’attività professionale attraverso società (principalmente STP in forma di S.r.l. o S.r.l. odontoiatriche).

Sono quindi esclusi dal bonus in questione sia gli odontoiatri che svolgono l’attività con P.IVA individuale, sia coloro che la svolgono in forma di studio associato.

Detto che allo stato attuale non ci sono ancora i necessari decreti attuativi e le opportune interpretazioni ministeriali per valutare appieno gli effetti agevolativi di questa tassazione ridotta, in sintesi la misura consiste nella riduzione del 9% dell’Ires (che scende così al 15%) o dell’Irpef (ma solo per le società di persone come S.n.c. e S.a.s. che producono redditi di impresa) sui nuovi investimenti in attrezzatura e macchinari effettuati nell’anno o sugli incrementi di personale dipendente.

L’obiettivo finale è premiare le realtà odontoiatriche strutturate in forma societaria (ahimè, ancora una minoranza) che investono gli utili prodotti nell’anno precedente e non distribuiti acquistando macchinari o assumendo personale, detassandoli del 9% fino a concorrenza degli investimenti effettuati in beni materiali strumentali o del costo del personale dipendente assunto con contratto a tempo determinato o indeterminato.

Oltre alla consueta discriminazione nei confronti dei professionisti, purtroppo la misura non brilla neppure per semplicità: il calcolo è molto complesso e tende a premiare quelle realtà che producono utili, non prelevano ed investono in modo stabile, situazione sicuramente non comune in ambito odontoiatrico.

Il super ammortamento era certamente molto più facile da utilizzare e soprattutto accessibile a tutti.

Per esprimere però un giudizio completo su questa agevolazione fiscale sarà necessario valutare caso per caso.

Buone notizie invece su fronte dell’iper ammortamento: la misura non solo è stata riproposta per il 2019 ma sono state anche incrementate le percentuali di agevolazione per gli investimenti definiti come di piccola entità (fino a 2,5mln €!): il bonus passa dal 250% al 270%.

I presupposti e i limiti che valevano in passato continuano a permanere: i beni strumentali materiali agevolabili sono quelli che rientrano nell’allegato A della Legge 232/2016 (norma che era finalizzata a favorire i processi di trasformazione tecnologica e digitale nelle aziende), devono essere nuovi e vanno interconnessi con altre attrezzature o macchinari aziendali.

Purtroppo, come in passato, anche in questo caso l’agevolazione vale solamente per le STP in forma di Srl o per le Srl odontoiatriche; sono esclusi quindi una buona parte di odontoiatri che esercitano l’attività ancora con la partita Iva individuale o con lo studio associato.

È sicuramente un peccato perché questa agevolazione permette in pratica di risparmiare quasi il 65% dell’investimento fatto e, stante l’impiego di capitali in attrezzature e macchinari altamente tecnologici che solitamente avviene negli studi dentistici, un’estensione anche ai professionisti avrebbe avuto effetti molto positivi.

Giudizio: Positivo sull’iper ammortamento, anche se permane questa immotivata discriminazione nei confronti dei professionisti. Negativo sul bonus investimenti e occupazione: non solo la misura è molto complessa da attuare ma, essendo esclusi nuovamente i professionisti a differenza di quanto accadeva con il super-ammortamento, di fatto interesserà casi limitati in odontoiatria. Speriamo almeno che, con i chiarimenti operativi, arrivino anche delle semplificazioni perché gli studi che investono sono, in base alla nostra esperienza, solitamente più performanti di altri e devono pertanto essere premiati.

La pace fiscale e le rottamazioni

Un altro dei cavalli di battaglia dell’attuale Governo è stata la distensione nei rapporti tra fisco e contribuente.

Questa impostazione si è tradotta in pratica in due grandi provvedimenti: la riapertura della rottamazione delle cartelle e la cosiddetta “pace fiscale”. Nella prima versione della legge di Bilancio si era parlato anche di condoni, misure poi successivamente bocciate per motivazioni essenzialmente politiche.

Entrambi i temi sono molto tecnici: il nostro obiettivo quindi è informare gli odontoiatri in modo da potersi poi confrontare con i propri commercialisti e analizzare la situazione caso per caso.

La rottamazione consiste nella possibilità di sanare le cartelle di pagamento emesse da Equitalia e Agenzia delle Entrate-Riscossione pagando solo il capitale e senza pagare sanzioni amministrative e interessi di mora.

Tutto ciò è possibile previa presentazione entro il prossimo 30.4 di una apposita istanza.

Questa interessa anche coloro che avevano avuto accesso alle precedenti rottamazioni delle cartelle di cui però non avevano eseguito l’integrale pagamento.

Le pendenze definibili devono essere state affidate ad Agenzia delle Entrate-Riscossione dal 1.1.2000 al 31.12.2017 e riguardano essenzialmente le imposte sui redditi, gli eventuali contributi Inps ed i contributi dovuti alle casse professionali (sempre se richiesti da Agenzia Entrate-Riscossione, la nuova Equitalia).

A fronte della presentazione dell’istanza entro il prossimo 30.4 sarà la stessa Amministrazione finanziaria a comunicare al debitore l’importo delle somme dovute da versare anche ratealmente fino ad un massimo di 18 rate in 5 anni: le prime due avranno scadenza il prossimo 31 luglio e 30 novembre per un importo pari ciascuna al 10% del debito complessivo, mentre le successive saranno di importo identico e avranno scadenza il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre dei successivi quattro anni.

Inoltre, per le persone fisiche con ISEE non superiore a 20.000 € sono state previste anche ulteriori riduzioni sul capitale da pagare, oltre come detto all’annullamento di sanzioni e interessi di mora.

Infine è stata prevista la completa ed automatica eliminazione delle cartelle di importo residuo fino a 1.000 € affidate agli agenti della riscossione nel periodo compreso tra il 1.1.2000 e il 31.12.2010.

La “pace fiscale” invece è un procedimento che interessa chi ha delle liti in corso con il Fisco.

Questa disposizione agevolativa riguarda innanzitutto coloro che sono già in contenzioso con l’Agenzia delle Entrate con sentenze depositate alla data del 24 ottobre 2018.

L’entità da pagare dipenderà da molti fattori che vanno dal grado di giudizio a cui è arrivata la lite (Commissione tributaria provinciale, regionale o Corte di Cassazione) all’eventuale risultato nel grado precedente.

Per accedere alla pace fiscale sarà necessario presentare una apposita istanza entro il prossimo 31.5, data entro cui dovrà essere versata l’intera somma o la prima rata di un massimo di 20 trimestrali.

Nella “pace fiscale” rientrano anche le sanatorie dei cosiddetti errori formali commessi entro il 24 ottobre 2018.

A fronte del pagamento entro il 31.5 di soli 200 € per anno, è possibile regolarizzare le violazioni di natura formale che non hanno avuto effetti sulla base imponibile dell’Irpef o IRES, dell’Irap ed eventualmente dell’Iva.

Sul tema però si attendono i provvedimenti ministeriali che dovrebbero dare attuazione alla norma e che, ci auguriamo, dovrebbero risolvere i numerosi dubbi al momento presenti.

Infine la “pace fiscale” interessa anche alcune verifiche fiscali in corso alla data del 24 ottobre 2018.

Nello specifico facciamo riferimento a tutte quelle situazioni in cui l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza inizia una verifica fiscale presso la Studio dell’odontoiatra (più genericamente la sede del contribuente).

In questi casi la verifica termina con l’emanazione del cosiddetto processo verbale di constatazione (PVC) dove sono indicate le potenziali violazioni fiscali che l’amministrazione ritiene commesse.

Solitamente, questo PVC viene trasmesso direttamente all’Agenzia delle Entrate, la quale poi si occupa di emettere il cosiddetto avviso di accertamento, in cui, di fatto, fa il conteggio delle imposte evase ed applica le relative sanzioni.

Ebbene con la “pace fiscale” sarà possibile per i PVC consegnati al contribuente entro lo scorso 24 ottobre definire in via agevolata le contestazioni, pagando solamente le imposte e beneficiando della eliminazione delle sanzioni amministrative e degli interessi relativi.

È condizione necessaria, oltre ad aver ricevuto il PVC entro il 24 ottobre 2018, presentare una dichiarazione integrativa degli anni verificati entro il prossimo 31.5 e, sempre entro quella data, pagare gli interi importi dovuti vuol meno la prima rata di 20 trimestrali.

Giudizio: Positivo. Non sono misure innovative ma, rispetto alle precedenti edizioni, queste due sanatorie hanno concesso termini molto più lunghi per la regolarizzazione. Tutto ciò deve essere visto con favore per coloro che si trovano in situazioni di difficoltà economico finanziaria.

Altre novità di interesse

In questa sezione conclusiva trattiamo alcuni aspetti residuali quali:

  1. cedolare secca su alcuni immobili commerciali;
  2. rivalutazione delle partecipazioni in società di capitali;
  3. proroga delle detrazioni al 65% per risparmio energetico ed al 50% per le ristrutturazioni, del bonus “mobili” e del bonus “aree verdi”.

1.
È stata prevista per i contribuenti persone fisiche la possibilità di applicare la cedolare secca del 21% sulle locazioni di alcuni immobili commerciali.

Questi però devono essere classificati nella categoria C/1 (negozi o botteghe) e non devono avere dimensioni superiori a 600 mq. L’agevolazione vale solamente per i contratti stipulati nell’anno 2019.

Vista la limitazione oggettiva (vale solo per i negozi, di fatto) questa agevolazione non dovrebbe interessare una grande platea di odontoiatri: salvo per gli ambulatori mono o pluri-specialistici che dovrebbero poter essere ubicati in locali accatastati come C/1, gli studi privati infatti sono accatastati come A/10 e quindi sarebbero fuori dalla agevolazione. Il tema però può interessare tutti coloro che sono proprietari di negozi.

2.
Altra misura agevolativa riproposta è la riapertura della rivalutazione delle partecipazioni detenute da persone fisiche o da società semplici in società di capitali non quotate (S.r.l. o S.p.A.). A fronte del pagamento di un’imposta sostitutiva del 10% o 11% (a seconda che la partecipazione sia “qualificata” o “non qualificata”), l’eventuale plusvalenza derivante dalla vendita potrà essere parzialmente o totalmente non tassata.

Dal punto di vista procedurale, sarà necessario far asseverare ad un professionista abilitato (ad esempio un dottore commercialista) una perizia di stima sul valore della partecipazione entro il prossimo 1.7.2019 e procedere al pagamento dell’imposta sostitutiva entro tale data in misura piena o tramite il frazionamento in tre rate annuali.

Questa misura interessa però solo quei dentisti che esercitano l’attività attraverso S.r.l. odontoiatriche, anche in forma di STP.

3.
C’era da aspettarselo ma è arrivata la conferma ufficiale: anche per il 2019 le detrazioni relative agli investimenti sugli immobili sono state prorogate. Nulla di nuovo quindi, ma sicuramente un’ottima notizia per tutti coloro che hanno intenzione di eseguire nel 2019 interventi di riqualificazione energetica (detraibili in 10 anni al 65% entro certi limiti di spesa) o di ristrutturazione edilizia (detraibili in 10 anni al 50% entro certi limiti di spesa). A questa ultima tipologia di interventi si ricollega anche il bonus “mobili”, il quale non può essere usufruito senza ristrutturazione. Diverso invece il bonus “verde” (sulle opere eseguite su giardini, balconi, terrazzi, etc.) che spetta a prescindere da opere di ristrutturazione.

Giudizio: Positivo. Tutte le misure apportano benefici sebbene, anche in questo caso, non siano altro che riedizioni di agevolazioni passate. ●