A chi lascerò il mio studio un domani? (parte seconda)

passaggio di studio

 

Nella conclusione della prima parte del presente articolo vi avevamo lasciato con una provocazione che adesso riproponiamo: “Dove andranno i vostri pazienti il giorno in cui lo studio chiuderà? Smetteranno all’istante di avere bisogno di cure odontoiatriche? Come fare il passaggio di studio?”.

Questa considerazione è alla base della comprensione di uno degli importanti aspetti che tratteremo in questo secondo articolo: la valutazione economica dello studio professionale.

Quando si parla di valutare uno studio spesso la discussione si divide in due grandi filoni:

  • il primo è quello di chi sostiene che lo studio non valga nulla, se non per il valore dei beni strumentali (riunito, panoramico, scanner, autoclave, sala di sterilizzazione, etc.), ma valga solamente il rapporto tra il medico-paziente e che quindi, col venir meno del medico, venga meno anche il valore dello studio (conclusione da cui dissentiamo con grande forza);
  • il secondo gruppo è quello di chi sostiene che lo studio abbia in realtà un grande valore ma lo determina sulla base di multipli o indici, non meglio chiariti, frutto dell’esperienza quasi come si trattasse di un’alchimia incomprensibile.

Scopo del presente contributo, come sempre, è quello in realtà di fare chiarezza su un tema complicato e informare il lettore per dargli degli strumenti di “educazione economicaal fine di capire quale sia la verità (che spesso, come si suole dire, sta nel mezzo).

La prima considerazione che è opportuno sottolineare quando si parla della valutazione dello studio è che sarebbe davvero troppo bello e semplice se esistesse un criterio oggettivo per definire i valori economici (di un’azienda così come, a maggior ragione, di uno studio professionale).

Fatta questa doverosa promessa passiamo ora a una breve elencazione dei metodi che possono essere utilizzati nella valutazione di uno studio e che non sono, in linea astratta, giusti o sbagliati ma possono essere semplicemente più o meno adatti per valutare la situazione specifica e contingente.

Passaggio di studio: i principali metodi di valutazione dello studio

Vista la finalità divulgativa del presente articolo, ci sembra utile riepilogare i principali metodi che, in anni di attività in questo settore specifico, abbiamo visto essere i più efficaci e opportuni:

  • metodo patrimoniale
  • metodo reddituale
  • metodo misto (patrimoniale e reddituale)
  • metodo finanziario (DCF)
  • Il metodo benchmark o dei multipli
  • Il valore del fatturato

Analizziamo ora i singoli punti nel dettaglio seppur in modo molto sintetico e divulgativo.

  • Metodo patrimoniale: ossia quel metodo che valuta solo i beni strumentali (riunito, tac, panoramico, strumentario, sterilizzatrice e varie sale odontoiatriche, i mobili, etc. al netto dei debiti verso finanziatori e dipendenti). Con tale metodo, qualora l’immobile fisico in cui si esercita l’attività odontoiatrica sia compreso nello studio professionale, si dovrà sicuramente valutare il valore immobiliare al netto di eventuali debiti per mutui bancari (o verso società di leasing). Questo metodo è, nella maggior parte dei casi, non idoneo a fotografare il vero valore di uno studio ma risulta, invece, adatto dove ci sia completa discontinuità con il professionista precedente. Ossia in tutti quei casi in cui non vi sia nessun passaggio di consegne tra precedente professionista e il nuovo acquirente e non venga gestito in alcun modo il valore rappresentato dalla pazientela (perché magari il professionista precedente si trasferisce solamente in un altro luogo non particolarmente lontano).
  • Metodo reddituale: questo metodo valuta solo le prospettive di redditività (gli utili, o in termini atecnici il guadagno, dati dai ricavi meno i costi dello studio professionale) e non i beni strumentali. Solitamente il valore dell’utile di un anno viene “rettificato”, ossia viene aumentato o diminuito a seconda di specifiche circostanze, e soprattutto viene moltiplicato per un periodo di tempo che può andare da uno a cinque anni, nella maggior parte dei casi. Questo metodo è adatto dove ci sia una completa revisione dei locali in cui svolgere l’attività e ci sia una completa sostituzione dell’attrezzatura clinica. In questo caso quindi la struttura fisica non viene valutata mentre viene valutata la capacità di produrre utili (o guadagni) in virtù del mantenimento della fidelizzazione della pazientela.
  • Metodo misto (somma dei metodi reddituale e patrimoniale di cui ai precedenti punti 1. e 2.): questo metodo valuta sia le prospettive di redditività (gli utili, o guadagni, dati dai ricavi meno i costi dello studio) sia il valore complessivo dei beni strumentali, al netto dei debiti che si accollerà l’acquirente. Il metodo misto quindi è composto da due ragionamenti: il primo legato all’utile “rettificato” di un anno e moltiplicato per un determinato periodo, nella prassi comune per circa tre anni; il secondo legato al valore della struttura fisica al netto dei debiti che gravano su di essa.

Questo metodo, sebbene abbastanza complesso, risulta spesso quello più adatto in molte situazioni, salvo ovviamente eccezioni specifiche.

  • Metodo DCF (discounted cash flow o metodo dei flussi di cassa): questa metodologia valuta le prospettive di liquidità future (incassi meno spese, attualizzando i flussi attivi di denaro) sulla base dell’esperienza passata e di previsioni future. Questo metodo in realtà risulta difficilmente applicabile alla realtà odontoiatrica, soprattutto se non parliamo di strutture di dimensioni importanti e dotate di informazioni finanziarie di dettaglio e ben gestite. Infatti tale metodo misura i flussi di liquidità che solitamente sono positivi in strutture già molto ben avviate e con costi non monetari già pagati (quali gli ammortamenti dei beni strumentali, etc.).
  • Il Metodo benchmark o dei multipli: questo metodo parte dal presupposto che l’acquisto e la vendita di uno studio non sia la prima operazione svolta sul mercato, ma sia confrontabile con quello che è avvenuto in passato, in condizioni simili. In sostanza è un metodo basato sull’esperienza e su transazioni analoghe. La prassi del mondo delle valutazioni ha poi sviluppato dei cosiddetti “multipli” ossia degli indicatori numerici che moltiplicano solitamente la liquidità o l’utile creato, mediamente, nell’ultimo triennio di attività per dare il valore finale dello studio. Attenzione però, questo metodo, che può sembrare molto semplice e immediato, è idoneo per determinare il valore delle aziende mentre va molto adattato al caso delle realtà professionali. Il segreto sta quindi nel campione rappresentativo di situazioni analoghe e nell’esperienza di chi svolge la valutazione. In ogni caso, questo metodo può essere utilizzato in abbinamento ad altri metodi come metodo di controllo.
  • Il valore del fatturato: questo indicatore, specifico del settore odontoiatrico, più che un metodo, rappresenta un indicatore Il valore totale del fatturato (ricavi e compensi attivi dello studio) rappresenta, indirettamente, le potenzialità della pazientela in essere. Certamente non si potrà prescindere dai margini che ogni studio ha, ossia dall’utile o guadagno che deriva rispetto al totale dei compensi incassati. Ci sono, infatti, studi che hanno una redditività media intorno al 30% rispetto al fatturato ed altri che si attestano su cifre più alte o più basse anche di più del 10%. Questo indicatore può nuovamente essere utile come metodo di controllo abbinato ad altri più specifici.

Ci rendiamo conto di aver messo a dura prova le capacità di attenzione del lettore ma, non ce ne voglia, l’argomento è veramente tecnico.

Tuttavia, rispetto a una completa non conoscenza di questi meccanismi ora il lettore conoscerà almeno i termini generali della questione e capirà se chi ha di fronte sia o meno un interlocutore serio e preparato nella valutazione di uno studio.

Secondo la nostra esperienza in merito, l’aspetto più rilevante da considerare nel passaggio di uno Studio è l’affiancamento tra chi vende e chi compra, o meglio, le politiche di gestione del passaggio della pazientela.

La pazientela dovrà essere adeguatamente informata e “convinta” del valore professionale e umano di chi subentra, attraverso canali personali, diretti o on-line.

Vi possiamo assicurare che il vero successo di un’acquisizione o della vendita di uno studio si misura proprio nell’abilità nel gestire questo delicato passaggio comunicativo ai pazienti.

Gli aspetti fiscali: le differenze in tre esempi operativi

Infine, ci occupiamo degli aspetti fiscali premettendo già da subito che sono estremamente tecnici e complessi. La sintetica trattazione che segue è finalizzata a comprendere quale sia il carico fiscale, in caso di una futura vendita dello studio, già dal momento in cui ci si appresta a “fondare uno studio”. Ci preme ricordare l’importanza, in questo campo, della programmazione preventiva.

Non è però scopo del presente articolo effettuare una trattazione esaustiva dell’argomento (perché richiederebbe forse un intero numero della rivista e sarebbe di scarso interesse per un odontoiatra); si vogliono invece fornire degli esempi, il più semplici possibile, che chiariscano al lettore i termini generali della questione.

Si presentano tre casi distinti con dati ipotetici:

  1. Studio mono-professionale

L’odontoiatra ha un reddito annuo (dato da ricavi meno costi, altra cosa rispetto al solo fatturato!) di € 150.000.

I beni strumentali (panoramico, riunito, mobili, computer, etc.) hanno un valore di € 50.000.

Il prezzo di “vendita” dello studio è € 350.000 di cui:

  1. € 50.000 per i beni strumentali (panoramico, riunito, mobili, computer, etc.);
  2. € 300.000 a titolo di “avviamento” ossia quel valore immateriale rappresentato principalmente dal “nome” dello studio e dalla sua pazientela.

Per quanto riguarda i beni strumentali, nell’esempio in questione, non si genera alcun reddito (plusvalenza = 0, perché si suppone che il valore fiscale dei beni sia ancora di 50.000).

Relativamente all’avviamento invece, la cifra costituisce reddito per intero e pertanto verrà tassata come segue. Per ipotesi, la cifra di € 350.000 verrà corrisposta in due rate uguali (di € 175.000) rispettivamente nel 2018 e nel 2019. Non potendo optare per la tassazione separata, le imposte saranno calcolate con l’applicazione dell’aliquota marginale IRPEF dell’odontoiatra (il 43% nel caso in esame, ma ad esso vanno aggiunte le addizionali regionali e comunali che variano da Regione a Regione e da Comune a Comune e che solitamente si attestano intorno, sommate, a circa il 3%).

Quindi a fronte di un incasso in due anni di € 350.000, l’odontoiatra dovrà pagare (nei due anni) imposte complessive per € 138.000 [300.000 x (43% + 3%)].

Ai fini IVA invece, bisogna distinguere in due situazioni diverse:

  • per i beni strumentali, nella normalità dei casi, la vendita non sarà soggetta ad Iva ma sarà anch’essa esente;
  • Per la parte riferibile all’avviamento, invece, essa sarà soggetta ad Iva al 22% (66.000 che dovranno essere pagati dall’acquirente ma che il venditore dovrà versare!) e ad imposta di registro di € 200.

 

  1. Studio associato

L’associazione “Rossi-Bianchi” è composta da due odontoiatri, il dott. Rossi ed il dott. Bianchi, entrambi con una quota del 50%.

Il reddito (ricavi meno costi) annuo dell’associazione professionale “Rossi-Bianchi” è di € 300.000; pertanto sia Rossi sia Bianchi avranno un reddito professionale annuo di € 150.000 ciascuno.

I beni strumentali (panoramico, riunito, mobili, computer, etc.) hanno un valore di € 100.000.

Il dott. Rossi cede al dott. Bianchi la sua quota (50%) nell’associazione professionale al prezzo di € 350.000.

In questo caso, comprando la quota dell’associazione professionale non hanno rilevanza i valori fiscali dei beni strumentali.

La cifra costituisce reddito per intero e pertanto verrà tassata come segue. Per ipotesi, la cifra di 350.000 € verrà (anche in questo caso) corrisposta in due rate uguali (di € 175.000 ciascuna) rispettivamente nel 2018 e nel 2019. Non potendo, nemmeno nel caso di specie, optare per la tassazione separata, le imposte saranno calcolate con l’applicazione dell’aliquota marginale IRPEF dell’odontoiatra (il 43% nel caso in esame, più circa 3% per addizionali regionali e comunali, come detto).

Quindi a fronte di un incasso in due anni di € 350.000, l’odontoiatra dovrà pagare (nei due anni) imposte per € 161.000 [350.000 x (43% + 3%)]. Identico discorso rispetto al punto 1) varrà per gli aspetti IVA.

  1. Centro dentale in forma di S.r.l..

Il centro dentale “Verdi s.r.l. a socio unico” è posseduto al 100 % dal dott. Verdi che ha una partecipazione del valore di € 50.000 (valore del capitale sociale);

Il dott. Verdi consegue un reddito annuo di € 50.000 (per motivi estranei alla “Verdi s.r.l. a socio unico”).

Sono ininfluenti, ai fini di questo calcolo, sia il reddito annuo del centro dentale sia il valore dei beni strumentali.

Il dott. Verdi venderà tutta la sua quota (di valore nominale di € 50.000) al dott. Rossi che la acquisterà per € 350.000. Il dott. Verdi conseguirà una plusvalenza di € 300.000 (ossia € 350.000 – € 50.000).

Per il dott. Verdi questa plusvalenza di € 300.000 sarà tassata secondo le norme fiscali specifiche per la vendita delle partecipazioni al 26% (a titolo di imposta con le nuove norme).

Quindi a fronte di un incasso di 350.000 €, l’odontoiatra, vendendo l’intera quota della sua società, dovrà pagare imposte per € 78.000. Se venderà le quote fino al 30.06.2018 potrà usufruire di una speciale normativa c.d. “rivalutazione delle quote” con la quale, pagando soltanto l’8% a fronte di una perizia di stima asseverata da parte di un commercialista non avrà più altre imposte da pagare e quindi, incassando sempre 350.000 € pagherà soltanto 28.000 € di imposte (non male come legittimo risparmio di imposta!).

La cessione di uno studio è sicuramente un’operazione complessa e non comune. Spesso purtroppo alcuni professionisti del settore dentale si fermano di fronte a tale complessità e rinunciano a mettere a frutto gli sforzi di tanti anni di duro lavoro. Un simile comportamento è secondo noi un vero peccato sia dal punto di vista economico che sociale”

Conclusioni

La cessione di uno studio è sicuramente un’operazione complessa e non comune. Spesso purtroppo alcuni professionisti del settore dentale si fermano di fronte a tale complessità e rinunciano a mettere a frutto gli sforzi di tanti anni di duro lavoro. Un simile comportamento è secondo noi un vero peccato sia dal punto di vista economico che sociale.

Il successo dell’operazione è fondamentalmente legato all’affrontare o meno la questione per tempo e, non ultimo, nel rivolgersi a soggetti che conoscano bene questo tipo di dinamiche ed il settore nel dettaglio e da anni.

Dal punto di vista fiscale, come spesso accade, la cessione delle quote di un centro dentale costituito in forma di S.r.l. o S.p.A. è fiscalmente la soluzione più conveniente ed andrebbe quindi impostata fin dall’inizio così.

In tutta onestà, però, la variabile più importante risiede nella mentalità del professionista e in alcuni aspetti psicologici-comportamentali. Dovrà essere proprio il professionista il soggetto più convinto a voler realizzare il passaggio del proprio studio a soggetti diversi da sé, siano essi figli, parenti, colleghi, amici o terze persone.

Ognuno di questi possibili acquirenti avrà necessità, disponibilità e motivazioni differenti presentando pro e contro in ogni caso. Possiamo però testimoniarvi che, se ben programmata per tempo e portata avanti con convinzione, anche la cessione della propria attività potrà essere portata a termine con successo.

 

“Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, noi stessi diventiamo qualcosa di nuovo”.

(Leo Buscaglia)