A proposito di nuovi modelli organizzativi per lo studio odontoiatrico: la società tra professionisti (S.T.P.)

società tra professionisti
Illustrazione: Vecteezy.com - shineonoat

Come noto, la legge sulla concorrenza (4 agosto 2017, n. 124) ha fatto chiarezza, oltre ad introdurre varie innovazioni, sulle modalità di esercizio della professione odontoiatrica.

Tuttavia, il consiglio direttivo dell’OMCeO di Milano ha richiesto al comitato centrale della FNOMCeO nonché al Ministero della Salute di pronunciarsi a favore della tesi secondo cui soltanto le società tra professionisti sono legittimate all’esercizio dell’attività professionale odontoiatrica.

Tale tesi si poggia su una specifica interpretazione della legge sulla concorrenza il cui testo di interesse riportiamo per massima chiarezza

“[…] L’esercizio dell’attività odontoiatrica è altresì consentito alle società operanti nel settore odontoiatrico le cui strutture siano dotate di un direttore sanitario iscritto all’albo degli odontoiatri e all’interno delle quali le prestazioni di cui all’articolo 2 della legge 24 luglio 1985, n. 409, sono erogate dai soggetti in possesso dei titoli abilitanti di cui alla medesima legge.”

Al di là del chiarimento sulle società operanti nel settore odontoiatrico, la tesi dell’OMCeO di Milano è legata al fatto che quando si parla di società in realtà si intendono solamente le società tra professionisti, circostanza che risulterebbe in linea con tanti altri ambiti normativi di professioni regolamentate.

È pertanto probabile che la situazione societaria nel mondo odontoiatrico possa avere ancora qualche evoluzione anche se, a parere di chi vi scrive, la questione è tutta fondata sulla presenza o meno di capitale ed organizzazione eccedenti la “semplice” attività odontoiatrica.

Ove vi siano un plus in termini di organizzazione e di investimenti, ad esempio in risorse umane, attrezzature e apparecchiature, tale situazione assimila la società ad una “clinica” che pertanto fornisce un insieme di servizi ulteriore rispetto alla mera attività odontoiatrica, da cui si distingue anche nelle possibilità di esercizio a livello societario.

Non vi è però alcun dubbio in merito al fatto che la società tra professionisti possa esercitare l’attività odontoiatrica attraverso le società di capitali (S.r.l., S.p.A. e S.a.p.A). Tale tipologia di società risulta ancora oggi relativamente poco diffusa. A tal fine riteniamo utile analizzare nel paragrafo successivo i dati relativi alle singole forme di svolgimento dell’attività odontoiatrica in Italia.

Una fotografia aggiornata delle diverse modalità utilizzate in Italia per l’esercizio dell’attività odontoiatrica

In data 23 novembre 2017 l’Agenzia delle Entrate, come ormai consuetudine annuale, ha pubblicato i dati relativi ai vari settori economici in termini di ricavi e numerosità delle singole modalità di esercizio. Tale analisi prende in considerazione anche il settore odontoiatrico e, di seguito, si riportano in forma tabellare i numeri del settore.
Si noti che le tre categorie sono divise in:

  • partita Iva individuale (in cui vi sono tutti i professionisti dotati di una partita Iva, siano essi titolari di uno studio mono-professionale oppure collaboratori presso altri colleghi);
  • associazioni professionali e società di persone (quest’ultima categoria in realtà è poco utilizzata in ambito odontoiatrico);
  • società di capitali (che al loro interno includono anche le società tra professionisti costituite appunto in forma di società di capitali). (Tab. 1)
Modalità di esercizioAnno 2016Anno 2015Ricavo medio dichiarato Anno 2016Ricavo medio dichiarato Anno 2015
P. IVA individuale36.388 €37.278 €130.042 €126.470 €
Associazioni professionali e Società di persone5.185 €5.255 €243.345 €235.739 €
Società di capitali (sia STP che non)2.336 €2.265 €439.412 €445.717 €
Totale43.913 €44.802 €159.875 €155.424 €
Tab 1.xlsx

Oltre a questi dati sicuramente interessanti, pubblichiamo su questa rivista un’analisi condotta dal nostro studio sui dati disponibili presso la banca dati FNOMCeO in esclusivo riferimento alle società tra professionisti attive in ambito medico (e quindi non solo odontoiatrico) sul territorio italiano ai primi di dicembre 2017. (Tab. 2)

Aree geograficheNumero% in principali centri urbani
Nord Italia960.375
Centro Italia350.6857
Sud Italia e Isole600.2167
Totale191
Tab 2

Come si può notare la società tra professionisti risulta una realtà che necessita ancora di essere ulteriormente sviluppata e che, seppur in crescita, rappresenta ancora una percentuale ridotta delle modalità di utilizzo sul totale degli operatori del settore odontoiatrico. Nel paragrafo successivo si fornisce un riepilogo più articolato nelle varie modalità.

Un quadro completo delle modalità di esercizio dell’attività odontoiatrica

Viste le diverse possibilità nella scelta della forma giuridica offerte dal nostro ordinamento è opportuno riepilogare le singole tipologie:

  1. la “tradizionale” partita Iva individuale: esercizio in forma singola e autonoma, tipica forma dello studio mono-professionale o dei collaboratori che lavorano presso altri colleghi o studi o società. Ha il vantaggio di avere minori costi di gestione contabile-amministrativa, requisiti strutturali dei locali in cui esercitare l’attività più snelli (posto che non si lavori presso altre strutture), velocità massima nell’apertura e nella chiusura. È perfetta per chi collabora presso altri colleghi o per il professionista che ha volumi di fatturazione “contenuti”, ma diventa fiscalmente inefficiente per professionisti con alti redditi;
  2. il c.d. studio associato: o anche nota come associazione professionale che consente l’esercizio dell’attività in forma associata ma richiede almeno due professionisti medico-odontoiatri. Questa forma è tipica di realtà già più strutturate, anche se può andar parimenti bene per due colleghi che vogliano iniziare insieme l’attività odontoiatrica. Ha il vantaggio di avere costi di gestione contabile-amministrativa e requisiti strutturali dei locali flessibili che crescono con la complessità dello studio. Fiscalmente ha lo stesso trattamento della partita IVA individuale salvo suddividere gli utili sul numero degli associati in proporzione alle loro quote percentuali. Tuttavia, questa forma di esercizio non separa il patrimonio degli associati da quello dell’associazione professionale ed è quindi per questo motivo sconsigliabile in caso di importanti investimenti effettuati con l’accensione di finanziamenti o debiti rilevanti. A seconda del reddito complessivo e del numero di associati può risultare fiscalmente inefficiente qualora il reddito di tutti gli associati si posizioni in fasce alte;
  3. il centro dentale in forma societaria, attraverso la società di capitali (S.r.l. o S.p.A., anche con unico socio) situazione abbastanza diffusa, di cui si dirà in seguito. Questa forma è sicuramente adatta a realtà strutturate in quanto ha costi di gestione contabile-amministrativa un po’ più alti, ad esempio, dello studio associato, ma soprattutto richiede specifici requisiti strutturali del luogo in cui si esercita l’attività che devono essere ben conosciute. Tali società, infatti, devono, per poter operare, essere dotate di un direttore sanitario iscritto all’albo degli odontoiatri, di una regolare autorizzazione sanitaria (ai sensi dell’art. 8-ter, comma 2, del D. Lgs. n. 502/1992) rilasciata dall’Asl di competenza. Tale autorizzazione viene rilasciata in presenza di requisiti strutturali minimi non comuni che garantiscano, tra le altre cose, l’accesso alla struttura a pazienti disabili, spazi idonei per la sterilizzazione, sala d’attesa e servizi igienici con caratteristiche particolari, nonché specifiche pavimentazioni, superfici dei singoli ambienti minime e, tra le altre cose, l’aerazione forzata. A tal fine è necessario farsi assistere da professionisti competenti ed esperti in tale materia. Infine tali società hanno un trattamento fiscale diverso rispetto ai punti 1) e 2), come si vedrà in seguito;
  4. la società tra professionisti che usufruisce di forme societarie già esistenti e collaudate (società di capitali, di persone o cooperative) prevede una serie di requisiti particolari che la caratterizzano quale società tra professionisti. Non rappresenta una forma giuridica separata, bensì si tratta di una sotto-categoria del punto 3) tipica del mondo professionale. Se in forma di S.r.l. ha sostanzialmente gli stessi obblighi amministrativi e fiscali del centro dentale.

La società tra professionisti come funziona?

Prima di entrare nel vivo degli aspetti fiscali, che rappresentano sicuramente un appeal importante, è però utile riepilogare le peculiarità della S.t.p. per comprenderne meglio i suoi effetti operativi.

La società tra professionisti (S.t.p.) può essere un valido strumento per i medici chirurghi e gli odontoiatri, con una valenza generale anche per tutto il settore medico. È infatti concesso esercitare attività professionale multidisciplinare, determinando però quale attività professionale venga svolta in modo prevalente al fine di una corretta iscrizione negli Albi professionali.

Come detto la S.t.p. può utilizzare modelli giuridici già esistenti, quali: le società di capitali, (tra cui le S.r.l. e S.p.A.), le società cooperative (in tal caso i soci devono essere almeno tre), o le società di persone (S.a.s. o S.n.c.). Dubbia è la possibilità di utilizzare forme societarie semplificate come, ad esempio, la S.r.l. a capitale ridotto e le S.r.l. semplificate, strumenti giuridici che, visti i ridotti costi di start-up, consentirebbero l’accesso alla S.t.p. anche ai giovani professionisti.

Come anticipato, le S.t.p. devono possedere requisiti peculiari che qui si elencano sinteticamente:

  • esercitare in via esclusiva l’attività professionale o le attività professionali indicate nello statuto;
  • nel caso di più attività professionali, si dovrà indicare quella prevalente che determinerà a quale Albo iscrivere la S.t.p.;
  • essendo previste due categorie di soci (la seconda però non è obbligatoria), ossia i soci professionisti e i soci non professionisti, il numero dei soci professionisti dovrà detenere una maggioranza “rafforzata”, almeno dei 2/3 (ossia il 66,67%), nelle deliberazioni o decisioni dei soci. I soci non professionisti (la vera novità della S.t.p.) potranno svolgere funzioni amministrative, occuparsi soltanto di prestazioni tecniche o avere finalità di investimento. Potranno essere sia persone fisiche sia, a loro volta, società. Ovviamente la prestazione medico-odontoiatrica dovrà sempre e solamente essere svolta da professionisti abilitati secondo le norme di legge.
  • per evitare il rischio di “spersonalizzazione” della prestazione medica, si dovranno indicare i criteri e le modalità con cui sia garantito che la prestazione professionali sia eseguita solo dai soci professionisti (previsione molto utile per contrastare fenomeni di abusivismo);
  • prevedere una apposita documentazione scritta con cui sia possibile identificare il professionista e gli eventuali collaboratori scelti dal paziente per l’esecuzione della prestazione professionale;
  • la S.t.p. dovrà essere iscritta all’Ordine di appartenenza, in una specifica sezione dell’Albo;
  • il professionista-socio potrà partecipare ad una ed una soltanto S.t.p.;
  • sarà obbligatoria la stipula di una polizza di assicurazione per la copertura dei rischi connessi alla responsabilità civile per i danni causati ai pazienti;
  • i professionisti-soci dovranno osservare il codice deontologico del proprio Ordine e la S.t.p. sarà soggetta al regime disciplinare dell’Ordine a cui risulta iscritta;
  • saranno esclusi dalla partecipazione alla S.t.p. coloro che siano stati cancellati dal rispettivo Albo con provvedimento definitivo.

A differenza di quanto succede nel caso dello studio associato, la S.t.p. (in forma di S.r.l. o di S.p.A.) potrà essere anche a socio unico (se costituita in forma di S.r.l., ad esempio, il socio avrà il 100% delle quote) a condizione, ovviamente, che l’unico socio possegga i requisiti suddetti.

Contrariamente infine a quanto inizialmente sembrava potesse rappresentarsi, trattandosi di una struttura sanitaria complessa, anche per le S.t.p. è comunque necessario l’ottenimento dell’autorizzazione sanitaria (ad oggi pare essere questa la prassi delle Asl locali, anche se, come noto, la sanità è materia regolamentata a livello regionale).

Questo requisito, obbligatorio anche per i centri dentali, sicuramente non ha favorito la diffusione della S.t.p. essendo spesso necessario, per ottenere tale autorizzazione, apportare modifiche strutturali molto costose ai locali in cui viene esercitata l’attività.

Tali autorizzazioni richiedono, come detto ed a titolo meramente esemplificativo, che i locali garantiscano il libero e semplice accesso a soggetti disabili, abbiamo volumetrie specifiche per la sterilizzazione, nonché siano dotati di aerazione forzata e di pavimentazione specifica.

Gli aspetti fiscali-contributivi ed i risvolti operativi

Come anticipato, secondo i pareri dell’Agenzia delle Entrate (l’ultimo è stato emanato lo scorso novembre), la S.t.p. è assoggetta al regime fiscale della forma societaria scelta. Il caso più frequente è l’utilizzo della S.r.l. per i notevoli vantaggi in termini di flessibilità e di contenimento dei costi che offre.

Per le S.t.p. in forma di società di capitali (S.r.l. e S.p.A.) si applicano, fino a prova contraria, le seguenti regole:
tassazione direttamente in capo alla S.t.p. con pagamento dell’IRES (Imposta sul REddito delle Società) con aliquota fissa del 24% indipendentemente dall’ammontare del reddito;
tassazione come reddito di impresa (senza eventuale ritenuta alla fonte del 20%) e applicazione del criterio di competenza, ossia indipendentemente dal pagamento dei costi o dall’incasso dei ricavi, ma in virtù della specifica riferibilità all’anno di imposta in cui sono eseguite le prestazioni;
tassazione degli utili (differenza tra ricavi e costi) realmente prodotti e non in virtù del principio di trasparenza (attribuzione del reddito ai soci in virtù delle loro quote di partecipazione), tipico delle associazioni professionali.
Le differenze rispetto allo Studio associato e al reddito di lavoro autonomo sono notevoli e riguardano innanzitutto la non applicazione dell’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) secondo le percentuali crescenti al crescere del reddito su ciascun socio (aliquote che vanno da un minimo del 23% fino a € 15.000 di reddito, ad un massimo del 43% per i redditi superiori a € 75.000). Su redditi di una certa entità risulta quindi evidente la convenienza della scelta di uno schema societario di S.T.P. in forma di società di capitali. Inoltre, come detto, non vi sarà l’attribuzione dei redditi per trasparenza, sistema spesso penalizzante per le associazioni professionali con redditi elevati che non vengono prelevati dai singoli soci-professionisti.
Circostanza molto importante riguarda il fatto che i soci professionisti della S.t.p. sono sempre tenuti al pagamento dell’Enpam (nel caso ovviamente di medici e odontoiatri) in virtù del reddito prodotto dalla società virtualmente attribuito in funzione delle percentuali di partecipazione (secondo una sorta di meccanismo di trasparenza solamente contributiva e non fiscale). Questa impostazione trova conferma nei commi 2 e 2ter del Regolamento del Fondo di Previdenza Generale ENPAM la cui ultima versione è stata pubblicata lo scorso 13 settembre.

Conclusioni

La S.T.P. in forma di S.r.l. rappresenta, a nostro parere, la modalità organizzativa attualmente più vantaggiosa con cui esercitare la professione odontoiatrica. Permette infatti di rispondere alle necessità di cambiamento che l’odontoiatria manifesta già da tempo, ottenendo vantaggi di carattere organizzativo, economico e fiscale (nel pieno rispetto delle norme, senza doversi “inventare” strategie aggressive di cui ultimamente si sente parlare). È uno strumento che ben risponde anche alle esigenze deontologiche e di etica professionale che tutti noi professionisti abbiamo. Consente infine essere in piena regola anche dal punto di vista contributivo, aspetto quest’ultimo con effetti sul futuro a volte lontano (ma è opportuno pensarci per tempo) dell’odontoiatra.
Il consiglio, come sempre, è quello però di valutare nel complesso i pro e i contro della S.t.p., facendosi assistere dal proprio commercialista che, con il proprio team di professionisti esperti nel settore e ben aggiornati sul tema, potrà consigliare al meglio l’odontoiatra. ●