Recupero chirurgico-ortodontico di un canino mandibolare trasmigrato

Fig. 1 OPT pre-operatoria.

Per trasmigrazione si intende l’inclusione di un dente oltre la linea mediana per più della metà della sua lunghezza (Aktan, 2010).

È più frequente nella mandibola, interessa principalmente il dente canino, e si verifica soprattutto in soggetti di sesso femminile.

La presunzione clinica di trasmigrazione è data dalla persistenza in arcata del corrispettivo deciduo oltre il tempo fisiologico di permuta. Soprattutto se il controlaterale è erotto da più di 6 mesi.

Scopo del lavoro

Lo scopo del lavoro è quello di recuperare in arcata un canino mandibolare trasmigrato. La giovane paziente ha 12 anni ed è in dentizione mista, infatti sono presenti in arcata il 65, il 75 ed il 85. I secondi molari permanenti stanno erompendo, mentre il canino mandibolare destro è ancora incluso.

Descrizione del caso clinico

Dopo aver studiato il caso accuratamente, si è deciso di recuperare il dente con tecnica chirurgica- ortodontica. La prima fase del trattamento ha previsto una terapia ortodontica per preparare gli elementi dentali di ancoraggio, attraverso le fasi di livellamento ed allineamento delle arcate.

Una volta giunti ai fili di massimo spessore, si è deciso di agganciare chirurgicamente l’elemento incluso. Per mantenere uno spazio sufficiente in arcata si è applicata una molla ausiliaria (coil spring)

Nella seconda fase del trattamento, si è esposto chirurgicamente il dente in inclusione ossea e si è applicato un bottone per la sua trazione.

Si esegue un’incisione dei tessuti a tutto spessore, si espone la corona del 4.3 rimuovendo l’osso attorno con una fresa a bassa velocità e il tessuto molle (follicolo) con una curette chirurgica. La superficie di smalto del canino viene detersa ed asciugata. Si mantiene in compressione una garza impregnata di anestetico per qualche minuto, per ridurre il sanguinamento e quindi si applica con tecnica adesiva un bottone ortodontico, collegato ad una catenella.

A questo punto il lembo mucoperiosteo viene riposizionato apicalmente e suturato.

La trazione ortodontica avviene attraverso l’uso di fili elastici direttamente all’apparecchiatura su fili rigidi in acciaio a pieno spessore. La forza di trazione è di circa 50-60 g (forza leggera, suggerita da Bishara, 1992), con sostituzione del filo elastico ogni 15-20 giorni.

In questo modo il movimento ortodontico avviene per riassorbimento diretto dell’osso circostante il canino con un buon bilanciamento tra fenomeni di riassorbimento ed apposizione.

L’applicazione della forza, secondo alcuni autori, dovrebbe avvenire solo dopo la completa guarigione dei tessuti e l’attacco del lembo, per evitare la comparsa di recessione postoperatoria.

La direzione della forza deve allontanare il dente interessato dalle radici dei denti adiacenti e consentire l’eruzione dello stesso al centro del processo alveolare, simulando l’eruzione fisiologica con la contemporanea migrazione dei tessuti parodontali. (Fig. 1, 2)

Fig. 2 Teleradiografia in proiezione latero-laterale.

Materiali e metodi

Gli esami richiesti per risolvere questo caso sono l’ortopantomografia e la teleradiografia in proiezione latero-laterale.

Dal primo si ricavano queste informazioni:

  • trasmigrazione del 4.3, di tipo T2, in accordo con la classificazione di Mupparapu
  • mantenuto parallelismo delle radici degli incisivi inferiori
  • assenza di riassorbimenti radicolari dei denti in prossimità del dente trasmigrato
  • spazio sufficiente per il recupero in arcata del 4.3, considerando anche la presenza degli E (lee-way space)
  • trasmigrazione del canino non oltre l’apice radicolare del laterale controlaterale

Dal secondo esame, invece, si ricavano queste altre informazioni:

  • posizione del canino trasmigrato rispetto alla corticale ossea
  • 2° classe molare e scheletrica della paziente
  • overjet aumentato

Per tutte queste caratteristiche, che si allineano con le indicazioni di Camilleri (2003) e Tarsitano (1971), si decide, d’accordo con la paziente e i suoi genitori, di procedere con il recupero chirurgico-ortodontico del canino mandibolare. (Fig. 3-6)

Fig. 3 Osteotomia di esposizione dell’elemento in inclusione. – Fig. 4 Il lembo mucoperiosteo viene riposizionato apicalmente e suturato.


Fig. 5 Applicazione del bottone ortodontico. – Fig. 6 Trazione ortodontica.

Risultati

La paziente è stata sottoposta ad intervento chirurgico-ortodontico di recupero del canino mandibolare trasmigrato. Quindi il canino, dopo essere stato esposto, è stato trazionato con forze ortodontiche leggere, fino a raggiungere la sua posizione in arcata. Contestualmente è stato creato lo spazio necessario per collocarlo in sede. Si sono livellate ed allineate entrambe le arcate. Si è finalizzato il caso, terminando in 1° classe molare e canina.


Fig. 7 Il canino ha raggiunto la sua posizione in arcata. – Fig. 8 Caso finalizzato. – Fig. 9 OPT di controllo.

Conclusione

Per il successo di un trattamento complesso, è necessario:

  • rispettare il timing d’intervento
  • avvalersi di indagini strumentali corrette per un’adeguata diagnosi
  • collaborare con più specialisti (pedodontisti, ortodontisti, chirurghi, igienisti dentali)
  • comunicare in maniera efficace con il paziente per ottenere una buona compliance

Discussione

Il recupero in arcata di un dente trasmigrato è un trattamento complesso. Una corretta diagnosi ed una buona comunicazione, oltre che l’applicazione di protocolli terapeutici ben definiti, sono alla base del successo.

Di seguito elenchiamo le criticità di questo tipo di intervento.

  • La posizione del dente incluso, che in questo caso è orizzontale, alla base del bordo inferiore della mandibola.
  • Il tragitto che deve compiere il dente nel suo riposizionamento, avendo la possibilità di interferire con le radici dei denti vicini (rischio di impattamento e/o di rizolisi).
  • Il rischio di necrosi a cui incorre se vengono applicate forze troppo pesanti.
    Gli effetti indesiderati sugli altri denti (es. di intrusione), se non si programma un buon ancoraggio.
  • Il rischio di infezioni durante il trattamento, essendo stata utilizzata una tecnica chirurgica “aperta”; da qui la necessità di effettuare una buona igiene orale domiciliare ed ambulatoriale.
  • La lunghezza in sé del trattamento, inteso come periodo di tempo.
  • La multidisciplinarità richiesta; si devono infatti alternare più specialisti tra loro.
  • La collaborazione della paziente, che data l’età, potrebbe rivelarsi discontinua ed osteggiante.