Terapia antibiotica sistemica e parodontite

Terapia antibiotica sistemica e parodontite

Introduzione

La parodontite è una malattia cronica multifattoriale complessa associata a biofilm di placca dentale disbiotica, caratterizzata dalla progressiva distruzione dell’apparato di sostegno del dente. Il termine “disbiotico” fa riferimento al disequilibrio che si instaura tra la flora microbica (microbiota) del paziente e il suo sistema immunitario. Rispetto alle ipotesi eziopatogenetiche del passato, recenti prove scientifiche sottolineano l’importanza di questo disequilibrio come chiave di volta per l’instaurarsi della patologia (1). I segni clinici principali di questa patologia sono la perdita di attacco clinico (CAL), la presenza di tasche parodontali, il sanguinamento gengivale e il riassorbimento osseo alveolare valutato radiograficamente (2). Il paziente con diagnosi di parodontite, se non adeguatamente trattato e sottoposto a un sistema di prevenzione secondaria, può incorrere nella perdita degli elementi dentari. La parodontite è un grave problema di salute pubblica: è responsabile di una parte sostanziale dell’edentulismo e della disfunzione masticatoria, ha un impatto negativo sulla salute generale e sulla percezione della qualità di vita del paziente e comporta costi significativi per le cure odontoiatriche (3).

Studi recenti hanno mostrato come la prevalenza globale della parodontite grave sia stimata nel 7,4% della popolazione mentre la prevalenza di forme più lievi può affliggerne il 50% (4). In Italia è stato condotto uno studio epidemiologico in un campione della popolazione adulta dell’area urbana di Torino (5). Le stime della prevalenza di parodontite grave e di parodontite moderata erano, rispettivamente, del 34,94% (95% CI: 31,23- 38,74) e del 40,78% (95% CI: 36,89- 44,79). La presenza di parodontite aumentava nei fumatori (OR aggiustato 2,06, 95% CI: 1,26-3,37, p = 0,004) e con l’età, ma si stabilizzava nel gruppo di età superiore ai 50 anni (p < 0,001). 

Lo sviluppo della patologia è accompagnato da profondi cambiamenti di tipo quantitativo e qualitativo nella composizione delle comunità microbiche sottogengivali: le specie Gram-negative superano le unità tassonomiche batteriche commensali, che sono presenti fisiologicamente in condizioni di salute (6). I biofilm sono strutture complesse che forniscono numerosi vantaggi alle specie colonizzatrici, come la protezione da condizioni ambientali sfavorevoli e dalle difese dell’ospite (7, 8).Il biofilm associato alla malattia è una struttura complessa estremamente stabile (6). Una proprietà importante riconducibile a questa raffinata struttura è la sua resilienza: se non è disgregato adeguatamente, il biofilm può infatti tornare alla sua composizione disbiotica originale, aumentando le probabilità di recidiva della malattia.  

Trattamento della malattia parodontale

I principali obiettivi clinici del trattamento parodontale comprendono la riduzione della profondità di sondaggio (PD), la riduzione del sanguinamento al sondaggio (BoP) e l’aumento del livello di attacco clinico (CAL) col fine di prevenire l’ulteriore progressione della malattia.

Numerosi studi clinici, condotti negli ultimi decenni, hanno dimostrato che questi risultati sono raggiunti quando il trattamento è in grado di produrre una rapida e marcata riduzione dei livelli e delle proporzioni delle comunità batteriche disbiotiche e una ricolonizzazione orale da parte di una nuova comunità climax con proporzioni più elevate di microrganismi compatibili con la salute (9, 10). Le recenti linee guida cliniche definiscono il trattamento parodontale in quattro steps progressivi (11). Il primo passo consiste nel controllo dei fattori di rischio modificabili legati al paziente, la motivazione e l’istruzione all’igiene orale domiciliare e l’eventuale trattamento meccanico professionale sopragengivale. Il secondo step prevede il trattamento del biofilm sottogengivale e può essere seguito, dopo la rivalutazione clinica, dal terzo step qualora gli obiettivi terapeutici non siano stati raggiunti: questo consiste nel ritrattamento non chirurgico o in differenti approcci chirurgici. L’ultimo passo (step 4) è rappresentato dalla terapia di supporto parodontale (prevenzione secondaria) basata sul profilo di rischio del paziente.

Razionale dell’utilizzo di antibiotici sistemici

L’efficacia clinica del trattamento non chirurgico (step 1, step 2) è ampiamente documentata in letteratura (12, 13); circa il 65% di tasche inizialmente patologiche (PPD > 4mm con presenza di sanguinamento al sondaggio) possono ritornare ai livelli fisiologici (tasca “chiusa”). Questi miglioramenti clinici sono associati a un cambio specifico della composizione del biofilm sopra e sottogengivale (9, 14). Ciononostante, in alcune condizioni cliniche che aumentano severità e complessità (tasche profonde, difetti inter-radicolari) (15) e in diagnosi di parodontiti di stadio III e IV grado C (forme severe/avanzate con rapida ingravescenza), il trattamento non chirurgico non sempre induce i cambi ecologici necessari per raggiungere e mantenere nel tempo i miglioramenti clinici desiderati (16, 17). 

Pertanto, sono state proposte terapie aggiuntive alla terapia meccanica, compresi gli antimicrobici locali e sistemici, con l’obiettivo di migliorare i risultati clinici e microbiologici e stabilizzarli nel tempo. Gli antibiotici sistemici hanno il vantaggio, rispetto ai topici, di raggiungere tutte le superfici e i fluidi orali. In aggiunta hanno come target terapeutico i tessuti del parodonto potenzialmente invasi dai patogeni parodontali (18). Il loro utilizzo clinico va sempre coniugato con il trattamento meccanico del biofilm, preferibilmente a seguito dell’ultima sessione di terapia non chirurgica (step 1, step 2) (19). Il ventaglio di antibiotici sistemici utilizzati per trattare la parodontite è molto ampio. Le evidenze disponibili in letteratura confermano un effetto aggiuntivo degli antibiotici sistemici nei confronti dell’applicazione della sola terapia non chirurgica. Recentemente, Teughels e collaboratori, hanno condotto una revisione sistematica su questo argomento (20). I risultati che hanno ottenuto confermano quelli delle precedenti evidenze scientifiche a disposizione. La somministrazione di antibiotici, insieme al trattamento non chirurgico, esitava, tanto a 6 mesi quanto ad un anno di valutazione, in una maggiore riduzione della profondità di sondaggio media (WMD 0.448mm) e di un maggiore guadagno di attacco clinico (WMD 0.389mm). Anche per quanto riguarda la valutazione della percentuale di “tasche chiuse” (PPD <=4mm e BOP-), l’impatto dell’antibiotico sistemico era positivo, infatti aumentava del 12% l’efficacia del solo trattamento meccanico. 

L’impiego clinico di questi farmaci varia molto in termini di posologia: l’eterogeneità degli schemi terapeutici descritti in letteratura (in termini di quantità e frequenza) non permette di identificare una posologia univoca. Ciononostante, nelle pubblicazioni più rilevanti, la formulazione più utilizzata era la combinazione di amoxicillina + metronidazolo. Gli altri schemi terapeutici più utilizzati prevedevano l’uso del metronidazolo o dell ‘azitromicina.  Per gli autori risulta importante sottolineare che, nel territorio italiano, l’utilizzo del metronidazolo per il trattamento della parodontite non è indicato nella scheda tecnica e nel foglietto illustrativo autorizzati dagli enti regolatori. In altri termini, fino alla data di oggi, il farmaco è considerato “off label” per il trattamento della parodontite. 

Raccomandazioni e indicazioni specifiche

I concetti ecologici e i dati clinici precedentemente descritti supportano l’idea che alcuni protocolli antimicrobici sistemici possono migliorare gli effetti della terapia parodontale e quindi possono rappresentare importanti strumenti aggiuntivi nel trattamento della parodontite. Tuttavia, il trattamento meccanico del biofilm da parte del professionista, il suo controllo domiciliare da parte del paziente e stili di vita virtuosi (nutrizione, attività fisica, assenza di abitudini voluttuarie) sono da considerarsi gli strumenti terapeutici d’elezione.  A sostegno di quest’ultimo rilievo terapeutico è importante constatare che la somministrazione di antibiotici sistemici è un atto non scevro da complicanze, sia dal punto di vista individuale che di salute pubblica. 

Una percentuale che varia fino al 30% dei pazienti a cui viene somministrato antibiotico sistemico riporta uno tra i seguenti effetti avversi: a) reazioni allergiche; b) nausea, vomito o disturbi gastrici; c) diarrea/disturbi gastrointestinali; d) alterazione del sapore.  La più alta frequenza di effetti collaterali è stata descritta per l’uso di amoxicillina + metronidazolo (20).  L’altra grande limitazione all’uso di antibiotici sistemici è il problema di salute pubblica riguardante l’aumento delle resistenze batteriche (21): uno studio recente, infatti, ha stimato che in Europa sono descrivibili più di 600000 infezioni da batteri resistenti agli antibiotici; a queste ultime sono ascrivibili circa 33000 morti all’anno (22). In virtù di questa emergenza sanitaria, le linee guida per il trattamento della parodontite (11) raccomandano di non utilizzare in forma routinaria gli antibiotici sistemici nel trattamento della parodontite. L’uso aggiuntivo di antibiotici sistemici specifici può essere preso in considerazione per specifiche categorie di pazienti (ad esempio parodontite generalizzata di stadio III nei giovani adulti).

Conclusioni 

Gli antibiotici sistemici (AS), se ritenuti di utilità, devono essere prescritti insieme ad un adeguato trattamento meccanico del biofilm sopra e sotto gengivale e mai come monoterapia. All’interno del piano di trattamento parodontale, il timing più adatto per la somministrazione della terapia con AS, risulta in concomitanza con l’ultima sessione di strumentazione meccanica sottogengivale.  I dati che abbiamo a disposizione di metanalisi e RCT mostrano risultati statisticamente significativi per quanto riguarda la riduzione di profondità di tasca e il guadagno di attacco clinico quando sono stati somministrati antibiotici sistemici aggiuntivi alla rimozione meccanica del biofilm rispetto alla sola terapia non chirurgica. Dal punto di vista delle scelte terapeutiche e considerando le limitazioni precedentemente evidenziate, la rilevanza clinica di questi risultati dovrebbe essere messa in discussione, soprattutto considerando il fatto che si tratta di risultati espressi sotto forma di “media” e, anche se generalizzabili alla popolazione, richiedono una valutazione supplementare per ciascun singolo paziente. 

Inoltre, gli effetti collaterali e il rischio di aumentare le resistenze batteriche impongono un utilizzo estremamente selezionato dell’antibiotico-terapia sistemica. Al fine di raggiungere l’appropriatezza del trattamento è fondamentale infatti individualizzare le scelte terapeutiche. In conclusione, e tenendo in considerazione ciò che è stato precedentemente commentato, la presenza di ripetuti fattori di complessità (difetti infraossei e difetti interradicolari), la severità della parodontite (stadio III/IV) e l’elevata suscettibilità (giovani adulti) possono rappresentare utili indicatori clinici per la scelta di terapie aggiuntive.

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