La pandemia che ci ha colpito e che oramai combattiamo da più di un anno e per la quale non eravamo in nessun modo preparati ha prodotto effetti devastanti sia in ambito sociale che economico. Abbiamo avuto modo di saggiare l’inefficacia di parecchi nostri modelli consolidati, spingendoci in situazioni non prevedibili e avendo la necessità di trovare nuove soluzioni per organizzare il presente e progettare il futuro.

Peraltro va riconosciuto che la situazione venutasi a creare, se non una opportunità, è stata ed è tutt’ora uno stimolo che ci ha obbligato ad esplorare ed intraprendere nuove vie sia in ambito professionale che didattico e scientifico.

In primis ci ha sfidato nel mantenere ottimali le cure nei confronti dei nostri pazienti, garantendo al contempo la salute degli operatori. In quest’ottica va ricordato quanto si è ottenuto con l’istituzione, già un anno fa, del tavolo tecnico di lavoro sull’odontoiatria presso il ministero della Salute che ci ha consegnato le indicazioni operative per l’attività odontoiatrica durante la fase due della pandemia e per la riorganizzazione dei flussi di lavoro in aderenza alle nuove disposizioni di legge.

Istituzioni e organi di stampa in diverse occasioni hanno enfatizzato l’alta professionalità e il senso del dovere con cui gli operatori sanitari tutti hanno saputo distinguersi e prodigarsi nell’assistenza ai cittadini. Non da meno lo sono stati gli odontoiatri e il personale addetto di strutture pubbliche e private.

A titolo esemplificativo porto la testimonianza di quanto verificatosi all’interno dell’unità operativa e della scuola di specialità che dirigo, come analogamente in numerose strutture distribuite su tutto il territorio nazionale, dove specialisti e specializzandi si sono offerti volontariamente di trattare pazienti che necessitavano di interventi chirurgici urgenti, più o meno complessi, evitando di gravare sui pronto soccorso presi d’assalto per la pandemia. Indispensabile è stato poter offrire ai soggetti più fragili e/o portatori di comorbilità, prestazioni idonee per il mantenimento di un corretto funzionamento dell’apparato stomatognatico, ben consci del ruolo che questo gioca per una adeguata qualità della vita e per le ricadute sociali ed economiche che può avere.

Silvio Abati, su queste pagine, citando T. H. White ci ha ricordato come “il rimedio migliore quando si è tristi sia imparare qualcosa” ed in questi mesi di pandemia abbiamo avuto l’occasione per implementare le nostre conoscenze e dedicare ancora più tempo per l’insegnamento. In quest’ottica Enrico Gherlone, in un recente editoriale, ha sottolineato come la pandemia ci abbia spinto verso un insegnamento “blended”: lezioni frontali, nel rispetto delle normative sulla sicurezza, congiunte a lezioni in via telematica, garantendo in questo modo la possibilità di proseguire senza nocumento l’attività didattica sia under che post graduate sui livelli qualitativi che da sempre caratterizzano il nostro ateneo.

Parimenti la situazione che si è venuta a creare ha condizionato pesantemente tutto quanto predisposto negli anni nell’ambito dell’education; corsi e congressi sono stati soppressi con l’obbligo di effettuare soli incontri telematici non in grado di garantire quel confronto diretto di opinioni che sta alla base del nostro apprendere.

A tal proposito mi piace ricordare, in qualità di presidente SIdCO (Società Italiana di Chirurgia Odontostomatologica), come lo scorso anno l’unico convegno in ambito odontoiatrico tenutosi in presenza sia stato quello della nostra società a Riccione; pandemia permettendo, avremo la possibilità di effettuare quest’anno il nostro quindicesimo congresso a Gubbio all’interno del quale si svolgeranno numerosi corsi pre e post congressuali nell’intento di offrire ai cultori della materia e ai nostri specializzandi la possibilità di riprendere la tradizionale attività di aggiornamento.

Parafrasando Phyllis Bottome abbiamo due modi per affrontare le difficoltà: modificare le difficoltà o modificare noi stessi in modo da affrontarle.

Questa è la sfida che ci aspetta: prevedere e programmare nuovi modelli assistenziali, didattici e scientifici ma al contempo avere la capacità di adeguare noi stessi alle diverse situazioni che si potranno presentare. ●