Augusto Cattani

Caro Augusto, è un piacere rivederti. Vorrei che tu iniziassi a parlarmi dei tuoi studi, di quando ti diplomasti in odontotecnica…

L’odontotecnica è una professione che ho svolto molto volentieri, sia per il suo aspetto artistico, sia per le sue finalità: veder sorridere i pazienti perché si restituiscono loro i denti è veramente una cosa molto bella. Una volta si faceva tutto a mano, ora si usa il computer, ma la sostanza non cambia: ci vogliono degli artisti in entrambi i casi.

Dopo 25 anni di odontotecnico hai però sentito la necessità di cambiar mestiere. Come nasce questa che tu chiami “vocazione” o “spinta dall’interno”?

Nel mio laboratorio avevo 25 collaboratori, tutti molto bravi, che lavoravano con impegno generoso. Ma il laboratorio odontotecnico, allora, non aveva orizzonti molto vasti, si faceva tutto a mano e le protesi costavano moltissimo: noi ci impegnavamo molto, ma i costi erano elevati e i margini ridotti. Ma, soprattutto, io volevo avere il mondo come mercato, volevo arrivare lontano. Certo avevo clienti nelle Marche, a Milano e Lecco, che mi mandavano dei lavori, ma da lontano la collaborazione diventava più difficile e i tempi si allungavano. Ho quindi provato a cambiare…

Parlami della tua azienda, degli inizi, delle difficoltà e degli imprevisti che hai avuto.

Io sono una persona realista: immaginavo le difficoltà che, infatti, non sono mancate, ma non sono state nemmeno superiori al previsto e pian piano si sono sempre superate. Ho impostato tutto con precisione, sagacia, accanimento e così fanno oggi i miei figli e i miei collaboratori: bisogna sempre prevedere il peggio, non per essere pessimisti, ma per poter affrontare le difficoltà. Non è stato complicato, anzi sono stato preso sul serio subito dai dentisti e dai commercianti del settore. Mi hanno dato fiducia immediatamente, a volte lasciandomi anche perplesso. Mia madre e mia moglie mi hanno aiutato, facendomi sempre presente gli eventuali pericoli che potevo correre.

Quando hai cominciato era la fine degli anni Sessanta: tempi di scioperi politici e contestazioni. Tu hai pensato subito a valorizzare il capitale umano, considerandolo il pregio maggiore di un’azienda. Ami a questo proposito citare le parole di Giorgio La Pira, a quei tempi sindaco di Firenze: “L’azienda non è tanto di chi la possiede, quanto di chi ci lavora”.

La Pira fu un cattolico convinto, probabilmente tra i primi a toccare il cuore di Gorbaciov e dei russi. Non è impossibile impostare le cose in modo semplice e fraterno anche con i collaboratori, valorizzandoli e riconoscendo le loro capacità e il loro impegno. Il rapporto umano è fondamentale: è dovere dell’azienda aiutare i propri collaboratori a realizzarsi.

Hai sempre sostenuto che la collaborazione e l’operosità creano vantaggi per tutti…

Sì, e occorrono anche riconoscimenti economici, su cui si dovrebbe sensibilizzare il datore di lavoro. In questo senso, ho prevenuto le lotte sindacali, di classe e ho creato collaborazione. L’azienda è per me una seconda famiglia: ho vissuto la mia azienda a tal punto che, qualche volta, mia moglie si è mostrata gelosa della mia attività!

Come mai ti sei subito dedicato alla progettazione e realizzazione dell’aspirazione e dei compressori? Perché hai scelto questo specifico settore?

Quando sono nate le turbine c’erano molti dubbi e pochi dentisti le utilizzavano. Poi il loro impiego si è via via allargato, la chirurgia parodontale ha preso piede con il conseguente sanguinamento e gli ultrasuoni hanno iniziato ad essere utilizzati intensamente per la pulizia di denti e radici. C’è stato allora bisogno dell’aspirazione e dei compressori di aria pulita. Siccome questo tipo di attrezzatura non offriva un grande guadagno, era stata un po’ trascurata dalle industrie dentali. Io ho visto uno spiraglio attraverso cui si poteva entrare.

Ti sei subito preoccupato del miglioramento della produzione, sostenendo che l’azienda, se non si rinnova, entra presto in sofferenza.

L’avevo già fatto con il laboratorio odontotecnico. Osservando i prodotti e i manufatti più riusciti, frutto di un certo tipo di lavorazione, ne prendevo nota e mi arricchivo dell’esperienza. Questo è il vantaggio dell’ordine, della precisione e dell’osservazione accurata: mettendo insieme il tutto, dopo anni, si riesce a migliorare la produzione, e non di poco. Ecco, io ho applicato la stessa cosa all’industria: pian piano, lavorando di lima, si correggevano le cose.

C’è stato un momento particolare in cui migliorare la produzione ha significato compiere una vera rivoluzione, passando da macchine tradizionali a macchine più sofisticate. Non hai avuto esitazione e hai cambiato: quali sono stati i vantaggi?

Con le macchine automatiche e i torni paralleli non si otteneva una grande precisione. Quando ho visto una macchina a controllo numerico, mi sono informato e ho saputo che, addirittura, rispettavano il centesimo! Ma queste attrezzature costavano moltissimo: ho avuto il coraggio di acquistarle usufruendo anche di un premio che l’Europa concedeva alle industrie metalmeccaniche per il loro ammordenamento. Abbiamo migliorato tantissimo la produzione. Le altre aziende concorrenti hanno aspettato un po’ per investire e io ho avuto un grande vantaggio.

Tu dedichi anche molte risorse, mezzi, uomini al campo della ricerca. Perché?

Oggi l’azienda Cattani esporta in 60 Paesi. Ho capito subito che nessuno importa ciò che viene fabbricato anche nel prorio Paese. La ricerca porta dei miglioramenti sostanziali: per esempio si è passati dalle macchine a velocità fissa a quelle a velocità regolabile dal professionista, senza l’intervento del tecnico; e si sono create macchine che rispettano l’ecologia, ecosostenibili che, risparmiando energia, si pagano anche da sole.

Hai sempre parlato anche di responsabilità delle imprese, in particolare del valore etico nel prevenire e gestire i rischi aziendali nel rispetto dei diritti umani e dell’ambiente. Cosa significa?

Prima di tutto abbiamo cercato di evitare gli incidenti, con un’attrezzatura razionale, con le protezioni adeguate, con l’educare le persone a non rimuovere tali protezioni che, in un certo senso, ostacolano il lavoro. Una volta che si lavora in sicurezza, l’uomo deve sentirsi realizzato: i corsi permanenti sono fondamentali, necessari. L’evoluzione è talmente veloce che, se non si aggiorna il personale continuamente, si perde il passo. L’immobilismo crea la miseria, viceversa il rinnovamento, anche legislativo, migliora la situazione.

La ditta Cattani compie 48 anni, mentre l’ESAM, anch’essa da te creata, ne compie 29. Quali sono stati i successi che più ti hanno gratificato?

Quando ci venivano a trovare i fornitori, spesso rimanevano colpiti dalla cura che noi mettevamo in certe lavorazioni: ci siamo così fatti un nome. Un giorno è venuto da noi un ingegnere della Ferrari Engineering che ci ha proposto di produrre un compressore per lo shuttle: doveva avere un peso ridotto e occupare uno spazio specifico. Abbiamo accettato la sfida, lavorandoci per due anni, e abbiamo vinto.
Per il sistema di condizionamento dell’Eurostar ci contattò un’azienda di Milano che realizzava le carrozze passeggeri per il Pendolino e che fu venduta dal proprietario alla Fiat che poi ci fece l’ordine. Oggi i vagoni sono prodotti in Francia e usano ancora i nostri sistemi di condizionamento!

Ho avuto la fortuna, 40 anni fa, di essere stato uno dei primi a usare le tue attrezzature e di averti avuto come amico nei miei 15 anni di insegnamento a Parma. Di te ho apprezzato la forte collaborazione con l’università e con la libera professione. Ricordo che hai sostenuto tutto il ciclo (durato anni) di continuing education con un piano di conferenze, seminari e corsi tenuti a Parma. Ti piace ricordare a tal proposito i professori Rusconi e Gennari: che cosa ti hanno dato?

Il professor Rusconi mi apprezzava come odontotecnico e mi chiamò per insegnare odontotecnica, perché aveva di me una grande stima. Per affinare le mie conoscenze, andai allora subito a Zurigo dove c’erano odontotecnici importanti. Il professor Gennari, “Bertino”, mi ha sempre aiutato per amicizia e per stima. Ci conoscevamo fin da bambini, quando giocavamo a pallone all’oratorio. L’ho ritrovato in clinica, dove è sempre stato gentile e cordiale.

Hai scritto un bellissimo editoriale sul numero di febbraio 2015 di Doctor Os, dove sostieni che si potrebbero risolvere i nostri problemi se tutte le parti si mettessero d’accordo: cosa intendi?

Purtroppo in politica si vedono un ostruzionismo e una voglia di distruggere impressionanti. Il disfattismo non aiuta nessuno, anzi crea immobilismo: l’opposizione dovrebbe collaborare e non opporsi.

Nello stesso editoriale parli del rapporto tra un’economia fiorente e una vera sostenibilità: come è possibile?

Un’economia si sviluppa in un Paese che non è allo stremo. Occorre una condizione sociale di tranquillità e attingere alle moderne tecnologie per risparmiare materiale ed energia: non sono scorciatoie, sono miglioramenti.

Con la tua lunga esperienza, quale messaggio vuoi lasciare ai giovani, sia nel settore dentale, sia in quello merceologico?

La nostra scuola italiana ha raggiunto ottimi livelli, come ha detto il professor Gherlone nella sua videointervista (Doctor Os febbraio 2015). Io credo davvero che la nostra scuola sia la migliore del mondo, perché gli italiani hanno dalla loro anche la fantasia. Penso che il mondo di oggi sia dei giovani.

Augusto Cattani è sempre stato un ottimista. Winston Churchill diceva: “Un pessimista vede difficoltà in ogni opportunità, un ottimista opportunità in ogni difficoltà”.

Ai giovani dico sempre: “Se qualcosa risulta difficile, non preoccupatevi, prendetela in mano, pian piano, lavorateci accanto, poi la soluzione arriverà.