Consigli operativi per la pianificazione fiscale di fine anno

L’anno 2022 ha visto nel primo semestre una normalizzazione dei livelli economici dell’anno precedente per poi iniziare a considerare una frenata nel secondo semestre, legata principalmente a fattori quali l’instabilità politica internazionale e il caro energia.

Tuttavia, non va sottovalutato che un eventuale aumento del reddito dell’anno 2022 rispetto al 2021 potrebbe avere effetti finanziari importanti in termini di esborso di imposte, potenziati dal meccanismo degli acconti. Molti contribuenti, per effetto dell’incremento del reddito nell’anno 2021 rispetto all’anno del Covid 2020, hanno avuto brutte notizie (se non in alcuni casi pessime soprese) proprio con il saldo 2021 e i primi acconti nel 2022. Tutto ciò ha comportato tensioni finanziarie non indifferenti in alcuni casi. Per i contribuenti professionisti individuali (che quindi non conducono l’attività professionale con uno studio associato o attraverso strumenti societari, inclusa la società tra professionisti) l’anno 2022 sarà il primo senza l’IRAP, imposta di ammontare ridotto (aliquota ordinaria del 3,9% pur con differenze da regione a regione) ma particolarmente illogica in alcune situazioni. Oltre a questa buona notizia ha preso vita anche una piccola riforma dell’IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche) che era volta a favorire, seppur di poco, le cosiddette aliquote medie. 

Queste le nuove aliquote per scaglioni di reddito:

  • fino a 15.000 euro, 23%;
  • oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 25%;
  • oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35%;
  • oltre 50.000 euro, 43%.

La nuova modulazione delle aliquote comporta risparmi ridotti, che sono tuttavia nulli per le aliquote basse, e che raggiungono il loro massimo in Ä 920 per un reddito intorno ai 50.000, per poi tornare nei redditi alti a soli Ä 270 di risparmio. In sostanza, una piccola, seppur apprezzabile, riduzione. 

In attesa di comprendere quali saranno le eventuali modifiche da parte del nuovo governo (alcuni partiti di maggioranza hanno sostenuto l’ampliamento del regime forfettario anche per fasce di reddito più elevate), non ci resta che fornire tutti i consigli utili per far sì che il finale dell’anno 2022 possa essere all’insegna della pianificazione fiscale legittima, finalizzata a evitare brutte sorprese finanziarie nel 2023. Infatti, specialmente per gli odontoiatri che svolgono l’attività con la partita iva individuale o in forma associata (c.d. studio associato), novembre e dicembre sono gli ultimi mesi in cui è possibile, legittimamente, contenere il reddito e la sua eventuale crescita.

Perché preoccuparsi entro la fine del 2022 per i pagamenti da eseguirsi nel 2023?

Il motivo per cui chi esercita attività odontoiatriche in forma di partita iva o di studio associato si deve necessariamente preoccupare entro il termine dell’esercizio 2022 è legato a due motivi:

  1. al principio di cassa che si applica ai lavoratori autonomi (a differenza del principio di competenza che si applica a chi esercita l’attività odontoiatrica in forma d’impresa attraverso strumenti societari) e che prevede la deduzione delle spese soltanto se pagate entro il termine dell’esercizio fiscale;
  2. al crescere delle aliquote personali che, per i redditi che superano i 28.000 Ä annui, cifra tutto sommato contenuta, ammonta già al 35% (e sale fino al 43% per la quota di reddito superiore ai soli 50.000 euro). Per capire meglio il funzionamento si ricorda, infatti, che la quota di reddito che supera i 28.000 Ä sconta l’IRPEF al 35%, più l’addizionale comunale (che varia da comune a comune ma che spesso è pari allo 0,8%) e l’addizionale Regionale (anch’essa variabile da Regione a Regione ma di solito compresa tra l’1% e il 2%), il tutto senza considerare l’Enpam al 19,5% (che fortunatamente risulta deducibile dal reddito lordo). 

Con un tale livello di tassazione guadagnare 10.000 Ä in più nel 2022 rispetto al 2021, se ci si posiziona almeno in questa fascia di reddito (> di 50.000), può generare un aumento di imposte decisamente rilevante (almeno il 46%, senza considerare il peso dell’ENPAM), aggravato peraltro dal meccanismo di anticipo degli acconti che spiegheremo in un apposito paragrafo. Diverso ragionamento, invece, deve essere svolto per le società di capitali (ad esempio SRL ambulatorio odontoiatrico o Società tra professionisti a responsabilità limitata) che essendo assoggettate all’IRES (24%) e all’IRAP (3,9%), scontano il 28% circa (ossia 24% +3,9%) indipendentemente dal crescere del reddito, anche in tal caso con l’effetto “leva” degli acconti di imposta. Secondo questo meccanismo, per il professionista individuale o socio di studio associato è evidente che anticipare una determinata spesa entro fine dicembre può avere degli effetti positivi (finanziari) in termini di risparmio di imposta, in alcuni casi, addirittura molto vicini al 100% della spesa stessa per effetto della combinazione del “diabolico meccanismo” degli acconti di imposta e dei contributi previdenziali. Infine, l’importanza di affrontare la pianificazione fiscale nei mesi autunnali è legata anche ad un secondo fattore. Spesso, invero, ci si dimentica che alla fine del mese di novembre si deve corrispondere il secondo acconto di imposta che, sommato con la quota B della contribuzione ENPAM, spesso può mettere in crisi finanziaria il professionista. Capita sovente, infatti, di incontrare odontoiatri che, a causa di una mancata pianificazione fiscale, si ritrovano a fine dell’anno quasi senza liquidità e, di conseguenza, con l’impossibilità di affrontare entro dicembre spese che gli permetterebbero, tra l’altro, di ridurre lecitamente il proprio reddito fiscale. Non tutti però sanno che il metodo di conteggio degli acconti di imposta prevede un’opzione “salvagente”: come meglio andremo a vedere nel prosieguo di questo articolo, questa permette di ridurre il pagamento di novembre. Un’ulteriore precisazione prima di entrare nel cuore del problema: come detto tutte le considerazioni che faremo nel prosieguo dell’articolo valgono per i professionisti che applicano il criterio di cassa. Ci riferiremo, pertanto, ai professionisti individuali (che svolgono attività con la propria partita Iva) e alle associazioni professionali (anche detti studi associati). 

Quanto diremo pertanto non vale per le cliniche odontoiatriche strutturate in forma di S.r.l., STP. a r.l., S.p.A o di società di persone, dato che per questi soggetti non viene applicato il criterio di cassa (tassazione della differenza tra incassi e pagamenti), bensì il criterio della competenza economica (tassazione sull’eseguito o sulla produzione clinica). 

1.
“Attenzione” agli incassi anticipati

Per quanto sembri paradossale, capita spesso che l’odontoiatra commetta degli errori in piena buonafede che anticipano la tassazione di quasi un anno e mezzo! Infatti, partendo dall’assunto che il professionista è tassato sulle fatture incassate (al netto ovviamente delle relative spese inerenti), bisogna prestare attenzione quando ci si avvale del regime della cosiddetta “contabilità semplificata”. A differenza della “contabilità ordinaria”, la contabilità semplificata (di default per i professionisti) non prevede la compilazione della prima nota, documento in cui vengono inserite le entrate e le uscite con le relative modalità di incasso e di pagamento. Nel caso, quindi, di fatture emesse entro la fine dell’anno non incassate contestualmente, ma per cui il cliente rinvia il pagamento ai mesi di gennaio o febbraio, sarà necessario comunicare al proprio commercialista che quei determinati incassi non sono avvenuti nell’anno in chiusura. Senza questa precisazione, infatti, tali fatture saranno considerate come incassate e formeranno reddito su cui andare a pagare imposte nel successivo mese di luglio/agosto. L’effetto sarà poi particolarmente pesante perché questa mancanza di comunicazione produrrà conseguenze, aumentando gli acconti da versare nell’anno successivo e la contribuzione ENPAM. Ovviamente, la stessa considerazione deve essere effettuata sui pagamenti dei fornitori: non basta farsi anticipare la fatturazione entro la fine dell’anno, è necessario anche procedere con il pagamento entro il 31 dicembre 2022 (non avvalendosi quindi di piani di rateazione che “sforano” in quello successivo).

Ci si dimentica che alla fine del mese di novembre si deve corrispondere il secondo acconto di imposta che, sommato con la quota B della contribuzione ENPAM, spesso può mettere in crisi finanziaria il professionista.

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Un secondo aspetto riguarda le possibili politiche commerciali che vediamo spesso applicate negli studi. Non è raro il caso in cui, con lo scadere dell’anno fiscale, i pazienti, per poter detrarre la spesa anticipatamente, chiedono di poter pagare un congruo anticipo sulle prestazioni che verranno eseguite nell’anno successivo, a fronte del quale richiedono o ricevono però anche un ulteriore sconto. Premesso che la gestione degli sconti sui pagamenti anticipati va valutata caso per caso, e in linea teorica può essere un’ottima modalità di gestione finanziaria, bisogna però tenere in considerazione che anticipare un incasso entro la fine dell’anno (indipendentemente dalla concessione dello sconto o meno) comporta poi incrementare le imposte l’anno successivo, con i relativi acconti, per cifre molto vicine al 100% dell’anticipo ricevuto. Siamo proprio sicuri che aver applicato uno “sconto per pagamento anticipato”, magari del 5%, a un paziente che ha dato un acconto nel mese di dicembre abbia alla lunga prodotto un risultato positivo? Ovviamente questo ragionamento non si applica a chi esercita l’attività avvalendosi di società di capitali (S.r.l., STP a r.l., S.p.A., etc.) che, come detto in premessa, ha regole diverse e per cui la politica di incasso anticipato ha effetti decisamente positivi (più liquidità senza anticipare la tassazione).

2.
L’effetto “leva” degli acconti di imposta e la loro gestione 

Per spiegare meglio il “diabolico” meccanismo, permetteteci di riepilogare il tutto con un esempio numerico: ipotizziamo che il professionista Caio incrementi il suo reddito di 15.000 Ä tondi: 60.000 Ä del 2021, 75.000 Ä nel 2022.

Tale cifra, posizionandosi nello scaglione soggetto a tassazione del 43%, dovrà pagare:

  • 6.450 Ä di imposte (saldo 2022) IRPEF (43%);
  • 120 Ä di addizionale comunale pari allo 0,8%;
  • 260 Ä di addizionale regionale pari all’1,73% visto lo scaglione di reddito (esempio della Lombardia, ma se si prende il caso del Lazio l’importo è del 3,23%);
  • 2.925 Ä di Enpam (che ridurrà però il reddito nell’esercizio di pagamento, ossia del 2023).

Il valore economico del magazzino di fine anno, a differenza di quanto accade negli ambulatori odontoiatrici in forma di società di capitali o di persone, non verrà sommato al reddito prodotto dal professionista.

Per un totale di 9.755 Ä (che facendo una brutale divisione è il 65,03% del reddito prodotto in più). Ma non finisce qui purtroppo, perché a tali importi vanno sommati gli acconti di imposta del periodo estivo (primo acconto 50% di IRPEF) pari a 3.225 Ä (IRPEF) e di fine novembre (secondo acconto 50% di IRPEF) pari di nuovo a 3.225 Ä (IRPEF), il tutto pari quindi a ulteriori 6.450 Ä. 

Se si considera, quindi, il mero effetto finanziario di pagamento tra imposte e contributi nel 2023, in riferimento al reddito 2022 e ai relativi acconti di imposta per l’anno 2023, avremo un pagamento totale di ben 16.205 su un incremento di reddito di 15.000 (il 108% del maggior reddito)! Sicuramente, dal punto di vista finanziario, non è molto stimolante per la crescita un’imposizione di questo tipo. Al fine però di fornire uno spunto in più dobbiamo ricordare che vi sono due modalità del conteggio degli acconti. Il primo è il metodo “base”, che semplifica molto i conteggi e riduce al minimo i rischi di errore, anche detto “metodo storico”. Gli acconti vengono determinati sulla base delle imposte dell’anno precedente: il primo acconto sarà uguale al 50% del debito di imposta del passato esercizio fiscale e il secondo acconto sarà anch’esso pari al 50%. Vi è anche una seconda modalità di conteggio che può essere utilizzata in situazioni di oscillazioni del reddito: il cosiddetto “metodo previsionale”. Gli acconti vengono versati applicando sempre percentuali del 50% e del 50%, rispettivamente in estate e a fine novembre, ma sul debito che si prevede avere nell’anno in corso e non, invece, sul dato storico dell’anno precedente. Questo permette in anni in cui il reddito è in fase di diminuzione, per motivi di contingenza economica oppure per effetto di grossi investimenti/adozioni di modelli evoluti di gestione dello studio dentistico, di diminuire l’esborso nel mese di novembre in modo da non entrare in crisi di liquidità. Il “risparmiato” potrà utilmente essere utilizzato per effettuare entro la fine dell’anno eventuali spese o investimenti. L’unico aspetto negativo consiste nel fatto che se si dovesse sbagliare la previsione del reddito, e questo risultasse a fine anno più elevato rispetto a quanto preventivato, in sede di saldo nei mesi di luglio/agosto si dovrà andare a corrispondere quanto non versato, più una mora ridotta di circa il 4%. È evidente però che l’effetto sulla riduzione delle imposte delle spese effettuate entro l’anno con la liquidità ottenuta dalla riduzione del secondo acconto sarà di gran lunga superiore della piccola percentuale da pagare per sanare eventualmente la posizione in caso di previsioni non corrette. In questo caso, il gioco vale la candela!

3.
I costi dello studio e la loro utilità fiscale

Il fulcro della pianificazione fiscale è essenzialmente la gestione delle spese.  A prescindere dalla generalità dei costi che, com’è ormai noto, se pagati entro l’anno sono deducibili dal reddito imponibile in virtù del criterio di cassa, è opportuno effettuare alcune considerazioni. Innanzitutto, non è sempre chiaro che “fare magazzino” di impianti, di “monouso” e di materiale odontoiatrico “consumabile” non abbia impatti fiscali negativi per i professionisti. Infatti, nel caso di acquisti consistenti effettuati a fine anno, per i quali molto spesso i fornitori applicano importanti sconti per raggiungere i loro budget interni, tali spese saranno pienamente scaricabili nell’anno in cui sono effettuate. Il valore economico del magazzino di fine anno, a differenza di quanto accade negli ambulatori odontoiatrici in forma di società di capitali o di persone, non verrà sommato al reddito prodotto dal professionista. É quindi evidente che una tempestiva pianificazione fiscale possa permettere al professionista di scegliere in modo consapevole di anticipare determinati acquisti che avrebbe sicuramente effettuato potenzialmente nei primi mesi dell’anno successivo. Il beneficio, come potete immaginare, è notevole: riduzione delle imposte e dei contributi ENPAM in abbinamento a scontistica elevata. Un altro possibile spunto operativo che porta anche benefici in ambito fiscale consiste nel pagamento di acconti all’odontotecnico (se quest’ultimo adotta la “contabilità ordinaria”) o ai collaboratori. Soprattutto per i professionisti che fanno uso di laboratori con una certa continuità, al fine anche di programmare in modo efficiente i flussi di lavoro, può essere buona prassi “prenotarli”, pagando loro un acconto sui futuri lavori che svolgeranno nei primi mesi dell’anno successivo (incentivandoli per altro a lavorare al meglio nell’anno successivo). L’anticipazione di queste spese sarà deducibile dall’odontoiatra nell’anno in chiusura e non formerà reddito per l’odontotecnico se non nell’anno in cui svolgerà materialmente il lavoro (a condizione, come detto, che sia in “contabilità ordinaria” e non in quella “semplificata”). Anche se meno efficace delle prime due, un’ulteriore variabile da tenere in considerazione nell’ottica di una corretta programmazione fiscale è l’acquisto di beni strumentali. Questi sono definiti come quei beni che hanno una funzione appunto “strumentale” allo svolgimento dell’attività odontoiatrica. In questa categoria non rientrano solo il riunito, il panoramico, la tac, il microscopio, lo scanner e l’autoclave, ma anche beni di modico valore. Si pensi, ad esempio, allo strumentario piuttosto che ai micromotori per la chirurgia. La particolarità di tali costi consiste nel fatto che, eccezionalmente rispetto al criterio di cassa, potranno essere ammortizzati (= ”scaricati”) anche se non vengono pagati entro l’anno in chiusura. L’ammortamento è il processo con cui questi costi vengono ripartiti in un numero di anni pari alla vita utile del bene stesso. Premesso che il legislatore fiscale ha definito in modo puntuale la vita utile minima dei vari beni strumentali anche per il settore odontoiatrico, non bisogna dimenticarsi che per i beni con valore unitario (che deve essere indicato in fattura) inferiore a 516 Ä Iva inclusa (limite purtroppo invariato sin da prima dell’introduzione dell’euro!), l’ammortamento (ossia la loro “spesabilità”) potrà avvenire interamente nell’anno di acquisto. Nell’ottica di queste valutazioni è opportuno anche ricordare che, se acquistati entro l’anno 2022 (anche tramite leasing finanziario), è previsto ancora il credito di imposta del 6% per i professionisti che esercitano l’attività in forma individuale o associata, oltre alla “normale” deduzione e indipendentemente dal fatto che i beni strumentali, purché nuovi, abbiano o meno i requisiti 4.0. 

4.
I contributi previdenziali e i loro benefici sul calcolo delle imposte

Trattando il tema della pianificazione fiscale, non bisogna poi dimenticarsi di altre due categorie di spese che il professionista può sostenere con effetti fiscali particolarmente positivi. Parliamo, infatti, di quelle spese personali che investono la sfera previdenziale e ci riferiamo nello specifico al versamento del contributo al fondo pensione integrativo e al fondo ENPAM. Il primo, nel limite di 5.164 Ä (limite purtroppo anche qui fermo ai tempi della lira!), sarà interamente scaricabile nell’anno di pagamento alla stregua di qualsiasi altro costo per l’attività odontoiatrica. 

Relativamente all’ENPAM invece, detto che i conteggi sono effettuati direttamente dall’ente previdenziale, sarebbe totalmente controproducente avvalersi di una rateizzazione che lasci una parte del versamento da effettuarsi nell’anno successivo. Quanto non verrà versato entro la fine di dicembre 2022 non potrà essere dedotto nel 2022 con un duplice effetto negativo sia sul saldo 2022 che sugli acconti d’imposta 2023. Rimanendo in tema ENPAM, un altro punto da valutare può riguardare il versamento per riscattare gli anni di laurea ai fini contributivi. Detto che il conteggio di quanto dovuto per il riscatto di anni pregressi viene effettuato nuovamente dall’ENPAM, tenendo conto che quanto versato nell’anno è interamente deducibile, un confronto con il proprio commercialista permetterà di effettuare i calcoli di convenienza per comprendere i positivi effetti fiscali e pensionistici di quanto si va a versare all’ENPAM stesso.

5.
Conclusioni

Come visto, un odontoiatra attento che non vuole avere sorprese in termini fiscali non può prescindere dall’interfacciarsi con il proprio commercialista per effettuare una corretta programmazione fiscale, attività proficua se condotta durante tutto l’anno fiscale ma, in particolar modo, verso la fine dell’anno. Anziché interrogarsi su quale sarà il voto ai prossimi ISA, strumento medio e con funzione di indizio di evasione (e non di prova!), a nostro giudizio gli ultimi mesi dell’anno dovrebbero essere impiegati per ridurre il più possibile l’impatto fiscale, nel pieno rispetto delle norme. Ne va della soddisfazione del professionista e, in alcuni casi, della sua stessa sopravvivenza finanziaria!

“È più facile preparare e prevenire che riparare e pentirsi”
Harvey B. MACKAY