Quando arriva il momento di aprire un nuovo studio o quando si decide di intervenire su una struttura esistente, l’odontoiatra si trova a dover operare la difficile scelta tra individuare una nuova location o definire un ampliamento dell’unità immobiliare disponibile. Tuttavia, spesso non sono chiari i limiti e i vincoli che gli ambienti oggetto di valutazione presentano.

I parametri per effettuare questa scelta sono molteplici, e vale la pena soffermarsi per chiarire meglio alcune caratteristiche fondamentali che possono orientare verso l’una o l’altra direzione.

Proviamo quindi a vedere quali siano queste caratteristiche da ricercare o, meglio, quali siano i principali vincoli e le criticità da evitare in una scelta così importante per la vita dello studio. Le opportunità in campo immobiliare, grazie anche alle recenti fluttuazioni del mercato e alla sempre più crescente contrazione degli uffici dovuta all’introduzione dello smart working, propongono oggi un’offerta estremamente diversificata della tipologia dei locali. In realtà solo alcune di queste possono considerarsi idonee per l’allestimento di uno studio odontoiatrico.

Accessibilità locali

Il primo punto che sicuramente dovremo valutare nella nostra ricerca riguarda l’accessibilità dei locali da parte dei portatori di handicap. È ad oggi vigente il decreto ministeriale n. 236/89 che definisce in modo chiaro quali siano le caratteristiche di visitabilità dei locali da parte di persone con ridotte capacità motorie.

Innanzitutto servirà considerare le caratteristiche delle barriere architettoniche presenti: la presenza di una rampa di scale o anche semplicemente di una scala troppo stretta possono tradursi in ostacoli insormontabili per l’accesso della carrozzina, a meno che non si installino dei dispositivi di ausilio, spesso però troppo costosi o osteggiati dal condominio per ragioni estetiche. Circa questa problematica sarà conveniente orientarsi verso una costruzione nuova o recente che sicuramente nasce già adeguata e conforme rispetto alla succitata normativa.

Qualora ci si trovasse in presenza di ostacoli simili sarà opportuno però riferirsi all’A.S.L. locale, che potrebbe definire in modo più o meno elastico le deroghe e i sistemi di ausilio utilizzabili. Sarà quindi opportuno interpellarla prima di effettuare una scelta, onde verificare che a livello locale tali accorgimenti siano considerati idonei per il rilascio dell’autorizzazione sanitaria. Da questo punto di vista quindi scegliere una unità immobiliare situata al piano terreno o rialzato si rivelerà pertanto sicuramente meno rischiosa rispetto ad un locale ai piani alti.

Localizzazione dello studio

Ultimamente si sta diffondendo molto la scelta di destinare a studio odontoiatrico un locale ad uso negozio, con vetrine che si affacciano direttamente su strada: in questo caso, a fronte di molti aspetti positivi dal punto di vista tecnico e logistico, si renderà necessario valutare però l’impatto in senso di immagine che tale location porterebbe alla vostra attività. Infatti, a fronte di una maggiore visibilità nei confronti del pubblico in transito sulla strada, ci si allontana dall’immagine del medico tradizionale, col rischio di restituire all’esterno un aspetto troppo commerciale.

Parimenti, e questo spiega il diffondersi degli allestimenti di studi odontoiatrici nei centri commerciali, quest’immagine trasmette anche un senso di risparmio, di “democratizzazione dei prezzi”, e quindi di aumento della potenziale clientela. È una scelta che va calcolata molto bene, con una analisi di marketing molto definita, per non ritrovarsi poi con una percezione difforme dell’immagine rispetto a quanto prospettato.

Dal punto di vista del layout sarà comunque da considerare che uno spazio, anche piccolo, dovrà essere destinato alla realizzazione di una bussola a protezione dal freddo del locale di entrata. Un secondo argomento di riflessione riguarda l’ubicazione urbana dei locali che andremo a valutare.

La presenza dello studio in una zona ben servita dai mezzi pubblici è ovviamente un punto a favore nella nostra scelta, al pari della disponibilità di parcheggi nelle vicinanze. Ovviamente nei grandi centri urbani si darà maggior peso ai primi rispetto alla dotazione di parcheggi, date le abitudini differenti. Ma nel caso di un trasferimento di uno studio avviato va comunque considerato il fatto che questo cambiamento potrebbe comportare una perdita di pazienti. Sull’altro piatto della bilancia bisogna valutare se questa nuova location potrà offrire un potenziale nuovo bacino di utenza.  È una considerazione sicuramente non facile ma da analizzare con cura. A livello condominiale poi esistono alcuni aspetti da non sottovalutare: innanzitutto il regolamento edilizio.

Fig. 1, 2: Caso limite: un locale di appena 37 mq trasformato in studio odontoiatrico; prima (1) e dopo (2).

In alcuni vecchi regolamenti, tutt’ora spesso vigenti, esistevano delle limitazioni quali “…divieto di adibire i locali a case di cura, gabinetti medici, scuole da ballo, eccetera…”. Lo scopo di queste limitazioni era quello di mantenere il decoro abitativo al sicuro da convivenze fastidiose e moleste per la quiete condominiale. Oggi la presenza di un odontoiatra nello stabile per fortuna non è più vista come disturbante. Anzi, la presenza di un medico nelle vicinanze è spesso favorevolmente accettata.

Ultimamente si sta diffondendo molto la scelta di destinare a studio odontoiatrico un locale ad uso negozio, con vetrine che si affacciano direttamente su strada: in questo caso, a fronte di molti aspetti positivi dal punto di vista tecnico e logistico, si renderà necessario valutare però l’impatto in senso di immagine che tale location porterebbe alla vostra attività.

Ma è importante verificare in anticipo che il regolamento non contenga norme ostative, o magari limitazioni di tipo non concorrenziale, fatte inserire da un altro medico presente nel condominio. Inoltre, per restare in tema di vicinato, è estremamente importante verificare con chi sia confinante l’unità immobiliare: la contiguità con attività di ristorazione, ad esempio, potrebbe crearvi seri problemi a livello di odori.

Adeguata aerazione dei locali

Dopo aver effettuato quindi un’analisi generale dell’immobile, è opportuno soffermarci sulla dimensione e sulla sagoma dell’unità immobiliare. Il primo elemento da considerare è sicuramente il numero di finestre.

Esiste a livello nazionale una norma generale sui luoghi di lavoro: ogni locale che ospita attività lavorative deve essere illuminato naturalmente. Applicando alla lettera tale disposizione ne consegue che le sale operative devono avere la finestra, mentre la sala d’attesa potrebbe non averla. Ovviamente non sempre tale norma viene applicata in modo lineare. Si renderà pertanto opportuno verificare se a livello locale vi siano regolamenti edilizi o di igiene che consentano o obblighino a diverse interpretazioni della norma.

La carenza di aerazione naturale di norma può essere sopperita da un impianto di condizionamento, dotato di idonee prese di aria esterna e di un numero di ricambi sufficienti, ma anche in questo caso è doveroso rapportarci con i suddetti regolamenti.

Quindi, a seguito di un’analisi di tali informazioni, saremo in grado di valutare se l’immobile che stiamo esaminando sia dotato di un numero sufficiente di finestre, in relazione al numero di locali che desideriamo realizzare. La sala di attesa, non essendo un locale di lavoro, potrà anche essere cieca, sebbene, a livello di benessere e rilassamento del paziente, non è una opzione che consiglierei.

Fig. 3

Fig. 3, 4: Studio con due riuniti in soli 60 mq; prima (3) e dopo (4).

La reception potrebbe essere classificata come locale di permanenza saltuaria e quindi, salvo specifiche restrizioni, potrebbe essere senza finestra, purché aerata meccanicamente.  Attenzione però ad una problematica di tipo “sindacale”: se in studio è presente una segretaria, questa deve avere un posto di lavoro, e come tale dovrà essere dotato di finestra.  Le sale operative sicuramente necessiteranno di una finestra di idonee dimensioni. Di norma il rapporto aeroilluminante richiesto (ovvero il rapporto tra la superficie della finestra e la superficie del locale) è variabile tra 1/8 e 1/10.

Lo studio privato, per essere ufficialmente classificato come tale, dovrà avere una sua finestra; diversamente andrà classificato come archivio amministrativo, dichiarandolo come locale di non permanenza. Il locale di sterilizzazione, il locale ritocchi, il locale rx, i bagni e lo spogliatoio potranno essere dotati anche solo di estrazione forzata.

Una semplice somma degli ambienti che necessiteranno di finestra quindi ci darà immediatamente un’idea se il numero di aperture presenti sia sufficiente per servire tutti i locali dello studio che andremo a progettare. Sarà sicuramente molto utile la disponibilità di balconi e/o di cantine facilmente raggiungibili dagli impianti: questo ci permetterà di dislocare condizionatori in spazi esterni o sale motori in cantina, per non creare rumorosità che potrebbero generare lamentele da parte del vicinato. Un altro punto a favore sarà quello di trovare un locale i cui soffitti siano più alti dei canonici 2.70 m. Tale altezza ci permetterà di realizzare la rete delle canalizzazioni del condizionamento e dei passaggi degli impianti con meno vicoli e problemi rispetto ad una unità immobiliare tradizionale. Da ultimo riterrei utile suggerire di verificare l’ubicazione e la dotazione di colonne condominiali di scarico: nello studio, quasi sempre, è richiesta la realizzazione di un secondo bagno e non sempre è agevole trovare un’ubicazione compatibile con gli attacchi fognari esistenti. Mentre per gli attacchi a pavimento del riunito esistono dei sistemi per ovviare all’assenza di pendenza per le tubazioni di scarico, non è altrettanto facile per quanto riguarda il lavandino che deve essere presente in ogni sala operativa: il percorso della tubazione fino alla colonna di scarico è molto spesso un elemento insormontabile, se non si vuole (o non si può) creare un gradino nella zona interessata.

Tutte queste considerazioni ci orienteranno quindi verso una scelta ragionata, soffermandoci più sulle caratteristiche distributive e di dotazioni piuttosto che semplicemente e in modo astratto sulle superfici complessive. Come potrete vedere dalle immagini di questo articolo, la metratura spesso è un problema secondario rispetto a quanto sopra descritto: un buon progettista, fatte salve le esigenze di volta in volta dell’odontoiatra, sarà in grado di ricavare spazi funzionali anche in metrature minime a volte impensabili.

Esiste a livello nazionale una norma generale sui luoghi di lavoro: ogni locale che ospita attività lavorative deve essere illuminato naturalmente.

Nuova costruzione

Sicuramente meno problematico può essere il caso i cui ci si orienti verso un edificio in costruzione: casistica sicuramente interessante e conveniente a condizione che si abbia l’accortezza di premunirsi con alcuni accorgimenti.

Prima considerazione di tipo strettamente economico: un’unità immobiliare in costruzione non avrà necessità di costi per demolizioni di pareti e pavimenti, senza sprecare così risorse economiche meglio convogliabili sulla costruzione e sull’allestimento.

Secondo punto a favore di tale ipotesi: l’immobile non presenterà le tipiche sorprese che una ristrutturazione potrebbe riservarci (solai non idonei staticamente, assenza di sufficiente spazio nel sottofondo per il transito dell’impiantistica a pavimento, problematiche strutturali in genere); sorprese molto spesso non prevedibili in sede di acquisto, nel caso di un immobile abitato, prima di poter effettuare saggi o demolizioni.

Terzo punto: non si dovrà demolire delle finiture pregiate, o comunque sane, per le quali si è magari dovuto pagare un prezzo al precedente proprietario.

Quarto punto: il layout può essere concordato da zero in fase di acquisto dell’unità immobiliare. Ma bisogna fare molta attenzione ad un fatto non secondario, cioè gli extracosti dell’impresa.

Ogni modifica alla distribuzione progettuale originaria è considerata una variante, e le imprese di costruzioni, pur disponibili a modifiche e personalizzazioni, sono di solito estremamente costose nell’applicare scelte personalizzate. Vi suggerisco pertanto di fornire al momento del compromesso una planimetria di massima attendibile della disposizione finale, anche se non definitiva, ma che identifichi il numero dei locali che andrete a progettare. Allegando a questa un capitolato generale dei materiali di finitura e di allestimento, specificando in termini descrittivi (dato che non sarà possibile fare di più in assenza di un layout definitivo) le quantità e la tipologia degli impianti e delle dotazioni. 

Questo accorgimento vi permetterà di fissare a priori un costo per la realizzazione in un momento in cui, dato che state trattando l’acquisto, avrete un maggior potere contrattuale, mettendovi così al riparo da richieste ingiustificate di extracosti a posteriori. Le imprese, infatti, in buona o cattiva fede, troppo spesso applicano delle scuse finali per giustificare dei costi in variante immotivati, giustificandosi col fatto che non potevano immaginare la complessità degli impianti di uno studio odontoiatrico.

Purtroppo è consuetudine, e non solo in campo odontoiatrico, che le imprese guadagnino spesso di più su extracosti e varianti rispetto al costo di costruzione originariamente previsto. E questo è ancora più evidente e impattante nel caso di uno studio odontoiatrico.

Un ultimo consiglio: se la cosa sarà fattibile, proponete di utilizzare dei vostri impiantisti di fiducia. Tali tecnici dovranno nel tempo darvi un servizio di manutenzione e pronto intervento, e, a meno di ricevere buone referenze sulle persone proposte dall’impresario, è sicuramente preferibile affidarsi a ditte referenziate o collaudate da voi in precedenza.

Hai un quesito da porre all’architetto?
Vorresti che qualche argomento specifico fosse trattato all’interno di questa rubrica?
Scrivi a:
vincenzo.marra@ariesdue.it