La moderna progettazione di uno studio odontoiatrico, o più in generale di una struttura sanitaria, si articola oggi in una complessa sinergia di impiantistica, ergonomia ed estetica, che deve essere in grado di assolvere al meglio la funzione di servizio nei confronti dei pazienti.
Questo obbiettivo va perseguito ovviamente di pari passo con la ricerca del miglior confort operativo per gli operatori. Il tutto organizzato con la più efficiente gestione tecnico/economica.
Per poter raggiungere questo ambizioso traguardo, oltre ad una sapiente progettazione, è necessario saper gestire un coordinamento a 360 gradi di tutte le componenti che vi parteciperanno. Per questo oggi non è più pensabile un approccio “fai da te” da parte del medico, come spesso veniva affrontato negli anni passati, che si proponeva di coordinare in prima persona la ristrutturazione. Basterebbe la sola complessità normativa urbanistica e sanitaria a tendere tranelli al professionista non esperto del settore, con conseguenze spesso difficilmente rimediabili, e a volte in modo economicamente disastroso.
Un layout non calibrato sulle reali necessità operative o una impiantistica non correttamente distribuita potrebbero poi rivelarsi drammaticamente fastidiose una volta terminate le opere e dopo i primi tempi di utilizzo della struttura. Una esperienza specifica e collaudata è quindi la miglior garanzia di risultato che potrete perseguire affidandovi a professionisti del settore sanitario.
Per vocazione l’architetto è la figura maggiormente deputata a tale incombenza: la sua capacità di visione ampia lo potrà portare a gestire e armonizzare le componenti ergonomiche, progettando un layout funzionale in accordo con tutte le componenti impiantistiche, fondendole con gli spazi in modo efficiente e non invasivo, e creando con gusto e fantasia tutte le componenti estetiche, abbinando materiali, colori e luci per il miglior risultato finale.
Tutto questo con un occhio alle normative vigenti, sempre più complesse, in campo sanitario, comunale, elettrico, di climatizzazione, eccetera. Come si può capire quindi la presenza di un architetto non deve essere relegata solamente alle scelte di immagine o di colori, ma deve, nel caso di un progetto in ambito sanitario, essere anche e specialmente una figura esperta di tecnica e di ergonomia, di normativa e di impiantistica.
La scelta dell’architetto
Nell’esperienza collettiva l’architetto è visto come un personaggio estroso, con grandi capacità estetiche e poca funzionalità. La più classica delle critiche riguarda la capacità di creare “cose belle che non funzionano”. E purtroppo devo inimicarmi una buona fetta dei miei colleghi, ammettendo che in una gran parte dei casi questo stucchevole luogo comune è purtroppo vero… In campo di arredamento i gusti sono soggettivi, ma alcune regole dovrebbero essere perlomeno patrimonio di chi progetta, contribuendo con qualche insegnamento a migliorare la vita dei nostri clienti.
La scelta delle luci, ad esempio, è uno dei principali campi in cui spesso un tecnico non esperto inciampa. Ci imbattiamo pertanto in tonalità della luce sbagliate, troppo fredda in casa o troppo calda in studio, oppure in una distribuzione terribilmente “piatta”, rovinando l’atmosfera di un ambiente, magari anche ben progettato in termini di materiali o colori. Nel momento in cui ci troviamo ad affrontare una spesa spesso elevata per una ristrutturazione in campo medico, non possiamo rischiare errori anche solo di questo tipo: ci potrebbero costare molto cari, ammesso che siano poi effettivamente risolvibili.
È necessario, pertanto, che l’architetto cui ci rivolgiamo non appartenga alla categoria sopra descritta. Non facciamoci ammaliare da meravigliosi render, che ci vengono proposti con un livello di dettaglio quasi fotografico: questo è un mero mezzo di comunicazione, non è l’indicatore della capacità progettuale di chi abbiamo di fronte.
Qualche domanda tecnica mirata invece vi consentirà di capire se l’esperienza del professionista a cui vi state rivolgendo sarà all’altezza del compito progettuale che gli state affidando. Pretendete anche di verificare la reale esperienza nel campo sanitario, magari chiedendo di poter fare dei sopralluoghi presso strutture già realizzate. Il collega che vi accoglierà potrà consigliarvi sulla sua esperienza trascorsa con l’assistenza dell’architetto, tranquillizzandovi (o magari mettendovi in guardia) su ciò che state per affrontare. In sostanza scegliete con attenzione la persona a cui state affidando un compito estremamente delicato, perché in caso di inesperienza o cattivo coordinamento potreste accorgervene solo troppo tardi.
Le tre fasi del progetto
Ora che avrete identificato il professionista che fa al caso vostro proviamo a chiarire insieme come funziona il rapporto professionale che vi legherà per qualche mese. Un progetto di uno studio, che sia una nuova realizzazione o una ristrutturazione, comincia sempre con una approfondita conoscenza dell’attività del medico. È necessario che in questa prima fase voi trasmettiate all’architetto tutte le informazioni su come funziona la vostra attività e su cosa non funziona nella vostra attività, in modo che nel progetto si possa intervenire correggendo spazi o abitudini attuali. Ma anche e specialmente i desideri di come dovrà funzionare la nuova location su cui si andrà a intervenire.
Non trascurate informazioni che magari vi sembrano banali o inutili: anche un dato per voi poco significativo potrà contribuire ad un mix di funzioni e spazi che l’architetto miscelerà nel nuovo progetto. In parallelo a questa fase conoscitiva sarà necessario realizzare un rilievo dettagliato dei locali, che servirà come base di lavoro per i primi progetti.
Mixando informazioni e planimetria vi sarà fornito il progetto di massima: si tratta di una o più soluzioni, con differenti ipotesi distributive, che sarà oggetto di approfondite considerazioni e ragionamenti. Se non vi sono troppi vincoli strutturali o tecnici, dalla stessa planimetria potrebbero scaturire più soluzioni, da valutare attentamente per scegliere la più corrispondente a quanto desiderate. A questo punto si progetta la vita dello studio: ovvero come sono distribuiti i locali, come si relazionano tra loro, come si intersecano i flussi dei pazienti e degli operatori, il numero e la tipologia di funzioni che vi verranno svolte.
La carta costa poco, i muri, invece, una volta costruiti costa molto spostarli: in questa fase pertanto provate a cambiare, modificate, chiedete varianti, fino a quando sarete convinti del layout ottimale. Quando avrete raggiunto la soluzione che vi convince è il momento di passare ad una fase più particolareggiata: il progetto esecutivo.
Mentre nella fase precedente l’arredo dei locali era indicato unicamente per trasmettervi una idea di dimensionamento delle stanze e una comprensione delle funzioni, in tale frangente si definisce in dettaglio tutto quanto verrà installato nello studio. Si sceglieranno quindi arredi, sanitari, lampade, porte, pavimentazioni, eccetera. E, una volta completata questa serie di decisioni, l’architetto potrà redigere i relativi esecutivi.
Questi elaborati potranno essere suddivisi in due categorie: gli elaborati tecnici e quelli di allestimento. La prima serie di documenti comprenderà le indicazioni per i tracciamenti murari e tutti i disegni relativi agli impianti.
Attenzione: qui entrano in gioco due figure professionali che affiancheranno l’architetto: il progettista elettrico e il termotecnico.
Per legge voi avete bisogno di un progetto elettrico firmato da un tecnico abilitato. Non sono due figure che si sovrappongono, ma che si integrano e si coordinano. Giusto per fare un esempio, l’architetto progetterà le vostre esigenze (“cosa e dove”) e il tecnico definirà sezioni dei cavi e quadri elettrici (ovvero il “come”).
Per quanto riguarda il termotecnico si tratta di un rapporto molto delicato. Spesso, per non dire sempre, i progettisti degli impianti di climatizzazione non hanno esperienza specifica in campo odontoiatrico, e i loro sacri testi spesso non collimano con le reali necessità di trattamento dei locali in cui lavorate quotidianamente. Con la sua esperienza, l’architetto sarà in grado di collaborare con lui, indicando le correzioni necessarie in termini di potenza e logica di distribuzione, difendendo in modo strenuo gli ingombri destinati alle canalizzazioni e alle macchine nel rispetto delle necessità estetiche da lui previste.
La seconda serie di documenti comprenderà invece tutte le finiture: controsoffitti, pavimenti e rivestimenti, lampade, arredi, eccetera. Questa è la fase più classica, in cui la capacità estetica prevale, ovviamente con un occhio all’esperienza sull’uso di materiali idonei ad ambienti medici. La terza fase è finalmente il cantiere. Inutile soffermarsi sul consigliare una impresa esperta nella realizzazione di studi odontoiatrici; l’architetto sarà in grado di proporre una ditta da lui collaudata o di valutare se la ditta che voi proponete sia all’altezza della ristrutturazione che state affrontando. Per questa fase il consiglio che posso dare è: “la fretta passa, gli errori restano”. Ovvero: ogni settimana in più di progetto è una settimana in meno di cantiere.
Non abbiate fretta di completare la progettazione, partite con le opere quando avrete definito il più possibile tutto: eviterete fermo di cantiere e ripensamenti in corso d’opera, che si traducono inevitabilmente in costi. E a proposito di costi mi permetto di spezzare una lancia in favore della categoria: troppo spesso sento lamentarsi sui costi delle parcelle degli architetti. Cercare il minor prezzo non vuol dire risparmiare, ma semplicemente mettere a rischio il capitale che state investendo e la capacità tecnica e funzionale che il vostro studio potrà esprimere per molti anni.
Puntate in base all’esperienza di chi vi si propone, non sullo sconto che vi paventa. Per fare un esempio semplice: la capacità di progettare un layout funzionale, magari riuscendo a ricavare un locale in più dove poter allestire una poltrona aggiuntiva, vi potrebbe permettere, ad esempio, di accogliere la collaborazione di un collega o di far lavorare un igienista dentale a tempo pieno. E basterebbe tale possibilità da sola a ripagare in breve tempo la suddetta parcella. Senza contare i rischi di contestazioni a lavoro terminato da parte delle Asl, per eventuali non corretti dimensionamenti o materiali utilizzati.