La legittima domanda che l’odontoiatra o il dentista si pone riguardo al valore economico del proprio studio presuppone una risposta articolata, nel presente articolo forniremo alcuni elementi di conoscenza generale, frutto dell’esperienza di svariati anni e di svariate operazioni, per i lettori di Doctor OS.
Iniziamo con una considerazione generale riguardo al prezzo delle aziende o degli studi professionali in generale:
- è difficile stabilire un criterio univoco e valido in ogni situazione, ma si devono analizzare le condizioni specifiche del singolo studio in riferimento a diversi fattori quali la disposizione geografica, l’evoluzione dei risultati economici dello studio nel tempo, il team clinico e di segreteria, nonché l’aggiornamento tecnologico e organizzativo dello stesso;
- negli ultimi anni è aumentata considerevolmente l’offerta di studi per la vendita, soprattutto di piccole dimensioni, mentre la domanda di studi dal lato dell’acquisto risulta abbastanza contenuta ed è concentrata su tre principali categorie: gli odontoiatri-imprenditori, le catene o gli imprenditori del mondo dentale e i sempre meno frequenti casi di giovani odontoiatri che vogliono espandere la propria attività o passare da “semplici” collaboratori di studio altrui a titolari di studio in prima persona.
Poiché, sintetizzando notevolmente la dottrina economica, il prezzo è il punto di incontro tra la domanda e l’offerta, una maggiore offerta rispetto a una domanda in costante riduzione ha generato, in linea generale, una riduzione del valore medio delle transazioni di vendita ed acquisto di studi. Ciò detto, si deve anche considerare che rendere operativo uno studio partendo da zero in termini di predisposizione immobiliare, ristrutturazione dei locali e allestimento ai fini impiantistici, nonché di beni strumentali, è diventato sempre più costoso e pertanto entrare in uno studio già operativo e a norma ha comunque un valore da non trascurare. Per fornire un indicatore, sicuramente grossolano, ma di semplicissima e immediata applicazione, le transazioni dell’ultimo triennio si orientano tra valori pari al fatturato dello studio di un anno (dato che molto spesso deve essere ricavato da una media degli ultimi esercizi) moltiplicato per una percentuale che va dal 50% al 100%. Statisticamente, se si ipotizza uno studio con un fatturato medio stabile di € 500.000, la sua valutazione potrà quindi andare complessivamente ad una cifra compresa tra 250.000 e 500.000 euro. Tuttavia, per meglio definire la forbice bisogna considerare una serie di fattori di dettaglio quali ovviamente i debiti dello studio, nonché l’eventuale trend evolutivo dello stesso e il suo valore in termini di capitale umano, costituito da collaboratori/dipendenti, nonché dal numero di pazienti in cura nel database clinico.
Considerazioni introduttive
Una prima considerazione importante è riassumibile nella seguente domanda: “Dove andranno i vostri pazienti il giorno in cui lo studio chiuderà? Smetteranno all’istante di avere bisogno di cure odontoiatriche?”.
La cessione di uno studio non è certo un’operazione semplice o routinaria, per questo motivo purtroppo alcuni odontoiatri o dentisti vi rinunciano in partenza. Questo, secondo noi, è un vero peccato sia dal punto di vista economico che sociale.
La risposta a questa semplice interrogazione è alla base della comprensione di uno degli aspetti più importanti per la valutazione economica dello studio professionale. Iniziamo col fare un po’ di chiarezza nelle tante e differenti opinioni, in alcuni casi di poco valore, che si sentono o si leggono quando si parla di valutazione di studi o di aziende in genere. Estremizzando i ragionamenti si possono individuare due grandi fazioni:
- la prima è quella di chi sostiene che lo studio non valga nulla, se non per il valore dei beni strumentali (riunito, panoramico, scanner, autoclave, sala di sterilizzazione, etc.) ma abbia valore solamente il rapporto tra il medico-paziente e che quindi, col venir meno del medico, venga meno anche il valore dello studio (conclusione da cui dissentiamo con grande forza);
- il secondo gruppo è quello di chi sostiene che lo studio abbia in realtà un grande valore, e lo determina sulla base di multipli o indici, non meglio chiariti e ormai magari superati, frutto dell’esperienza storica personale o di qualche amico/conoscente, senza capire che ogni caso è diverso dall’altro.
Scopo del presente articolo, come sempre, è quello di fare chiarezza e informare il lettore per dargli degli strumenti di “educazione economica” al fine di capire quale sia la verità (che spesso, come si è soliti dire, sta nel mezzo).
Alcune variabili valutative
La prima considerazione che è opportuno sottolineare, quando si parla della valutazione dello studio, è che sarebbe davvero troppo bello e semplice se esistesse un criterio oggettivo per definire i valori economici di un’azienda così come, a maggior ragione, di uno studio professionale. In realtà nessuno dei metodi che di seguito dettaglieremo può raggiungere in assoluto criteri di precisione oggettiva e inconfutabile. Sono, invece, da considerare elementi specifici quali:
- il rapporto tra odontoiatra e paziente (ossia quanto sono abituati i pazienti ad essere curati da professionisti diversi o da un unico professionista);
- l’autonomia o la dipendenza della struttura (formata da dipendenti e collaboratori) dal professionista di riferimento (ossia il grado di esperienza e di autonomia delle risorse);
- l’esistenza o meno di procedure interne ben codificate;
- il rispetto di tutte le complesse normative a cui deve sottostare uno studio professionale;
- la presenza o l’assenza di più studi situati in luoghi diversi;
- la presenza di informazioni economiche e sui pazienti chiare (storiche e prospettiche) e facilmente reperibili;
- ma soprattutto l’orizzonte temporale (ridotto o adeguati) in cui il passaggio deve avvenire dal professionista di riferimento all’acquirente.
Sarà l’insieme di tutti questi elementi a determinare la valutazione finale dello studio.
Fatta questa doverosa premessa passiamo ora a una sintetica elencazione dei metodi che possono essere utilizzati nella valutazione di uno studio e che non sono, in linea astratta, giusti o sbagliati ma possono essere semplicemente più o meno adatti per valutare la situazione specifica e contingente.
La pazientela dovrà essere adeguatamente informata e “convinta” del valore professionale e umano di chi subentra, attraverso canali personali, diretti od online. Il vero successo di un’acquisizione o della vendita di uno studio si misura proprio nell’abilità nel gestire questo delicato passaggio comunicativo ai pazienti.
I principali metodi di valutazione dello studio
Vista la finalità divulgativa del presente articolo ci sembra utile riepilogare i principali metodi che, in anni di attività in questo settore specifico, abbiamo visto essere i più efficaci e opportuni:
- Metodo patrimoniale
- Metodo reddituale
- Metodo misto (patrimoniale e reddituale)
- Metodo finanziario o DCF
- Il metodo benchmark o dei multipli
- Il valore del fatturato
Analizziamo ora i singoli punti nel dettaglio seppur in modo molto sintetico e divulgativo.
1)
Metodo patrimoniale: ossia quel metodo che valuta solo i beni strumentali (riunito, tac, panoramico, strumentario, sterilizzatrice e varie sale odontoiatriche, i mobili, etc. al netto dei debiti verso finanziatori e dipendenti). Qualora l’immobile in cui si esercita l’attività odontoiatrica sia di proprietà dello studio professionale, dovrà sicuramente essere aggiunta la valutazione immobiliare al netto di eventuali debiti per mutui bancari (o verso società di leasing). Questo metodo è, nella maggior parte dei casi, non idoneo a fotografare il vero valore di uno studio risulta, invece, adatto dove ci sia completa discontinuità con il professionista precedente. Ossia in tutti quei casi in cui non vi sia nessun passaggio di consegne tra precedente professionista e il nuovo acquirente e non venga gestito in alcun modo il valore rappresentato dalla pazientela (perché magari il professionista precedente si trasferisce solamente in un altro luogo non particolarmente lontano).
2)
Metodo reddituale: questo metodo valuta solo le prospettive di redditività (gli utili, o in termini a-tecnici il guadagno, dati da ricavi meno i costi dello studio professionale) e non i beni strumentali. Solitamente il valore dell’utile di un anno (o di una media di anni) viene “rettificato” ossia viene aumentato o diminuito a seconda di specifiche circostanze e soprattutto viene moltiplicato per un periodo di tempo che può andare da uno a cinque anni, nella maggior parte dei casi. Questo metodo è adatto dove ci sia una completa revisione dei locali in cui svolgere l’attività e ci sia una completa sostituzione dell’attrezzatura clinica. In questo caso quindi la struttura fisica non viene valutata mentre viene valutata la capacità di produrre utili (o guadagni) in virtù del mantenimento della finalizzazione della pazientela.
3)
Metodo misto (somma dei metodi reddituale e patrimoniale di cui ai precedenti punti 1. e 2.): questo metodo valuta sia le prospettive di redditività (gli utili o guadagni dati da ricavi meno i costi dello studio) sia il valore complessivo dei beni strumentali e della predisposizione dei locali, al netto dei debiti che si accollerà l’acquirente. Il metodo misto quindi è composto da due ragionamenti: il primo legato all’utile “rettificato” di un anno (o meglio di una media di anni) e moltiplicato per un determinato periodo, nella prassi più comune per circa tre anni; il secondo legato al valore della struttura fisica al netto dei debiti che gravano su di essa.
Questo metodo, sebbene abbastanza complesso, risulta spesso quello più adatto in molte situazioni, salvo ovviamente eccezioni specifiche.
4)
Metodo DCF (discounted cash flow o metodo dei flussi di cassa): questa metodologia valuta le prospettive di liquidità future (incassi meno spese, attualizzando i flussi veri e propri di denaro) sulla base dell’esperienza passata e di previsioni future. Questo metodo in realtà risulta difficilmente applicabile alla realtà odontoiatriche, se non parliamo di strutture di dimensioni importanti e soprattutto dotate di informazioni finanziarie di dettaglio e ben gestite. Infatti, tale metodo misura i flussi di liquidità che solitamente sono positivi in strutture già molto ben avviate e con costi non monetari già pagati (ammortamenti dei beni strumentali, TFR, etc.).
5)
Metodo benchmark o dei multipli: questo metodo parte dal presupposto che l’acquisto e la vendita di uno Studio sia una di tante operazioni svolte sul mercato, ma, soprattutto, sia confrontabile con quello che è avvenuto in passato, in condizioni simili. In sostanza è un metodo basato sull’esperienza e su transazioni analoghe. La prassi del mondo delle valutazioni ha poi sviluppato dei cosiddetti “multipli” ossia degli indicatori numerici che moltiplicano solitamente la liquidità o l’utile creato mediamente nell’ultimo triennio di attività per dare il valore finale dello studio. Attenzione però, questo metodo che può sembrare molto semplice e immediato ma è idoneo per determinare il valore delle aziende, mentre va molto adattato nel caso delle realtà professionali. Il segreto sta quindi nel campione rappresentativo di situazioni analoghe e nell’esperienza di chi svolge la valutazione. In ogni caso questo metodo può essere utilizzato in abbinamento ad altri metodi come metodo di controllo.
6)
Il valore del fatturato: questo indicatore, specifico del settore odontoiatrico e degli studi professionali in genere, più che un metodo rappresenta un indicatore utile in quanto il valore totale del fatturato (ricavi e compensi attivi dello studio) rappresenta indirettamente la potenzialità della pazientela in essere. Certamente non si potrà prescindere dai margini che ogni studio ha, ossia dall’utile o guadagno che deriva rispetto al totale dei compensi incassati. Ci sono infatti studi che hanno una redditività media intorno al 30% rispetto al fatturato ed altri che si attestano su cifre più alte o più basse anche di più del 10%. Questo indicatore può nuovamente essere utile come metodo di controllo abbinato ad altri più specifici.
Ci rendiamo conto di aver messo a dura prova le capacità di attenzione del lettore ma, non ce ne voglia, l’argomento è veramente tecnico. Tuttavia, rispetto a una completa non conoscenza di questi meccanismi o il lettore conoscerà ora almeno in termini generali della questione e capirà se chi ha di fronte sia o meno un interlocutore serio e preparato nella valutazione di uno studio.
Conclusioni
La cessione di uno studio non è certo un’operazione semplice o routinaria, per questo motivo purtroppo alcuni odontoiatri o dentisti vi rinunciano in partenza. Questo, secondo noi, è un vero peccato sia dal punto di vista economico che sociale. Il successo dell’operazione risiede in una programmazione effettuata per tempo e nel rivolgersi a soggetti che conoscano bene questo tipo di dinamiche e il settore nello specifico. Secondo la nostra esperienza in merito, l’aspetto più rilevante da considerare nel passaggio di uno studio è l’affiancamento tra chi vende e chi compra, o meglio, le politiche di gestione del passaggio della pazientela. La pazientela dovrà essere adeguatamente informata e “convinta” del valore professionale e umano di chi subentra, attraverso canali personali, diretti od online. Vi possiamo assicurare che il vero successo di un’acquisizione o della vendita di uno studio si misura proprio nell’abilità nel gestire questo delicato passaggio comunicativo ai pazienti. Concludiamo con una considerazione importante, una variabile fondamentale è rappresentata dalla mentalità (si spera aperta) del professionista a concepire il passaggio della propria attività, sforzo di tanti anni, a soggetti diversi da sé, siano essi colleghi mai visti, parenti, amici o imprenditori terzi.
“Ogni cosa vale il prezzo che il compratore è disposto a pagare per averla”.
Publilio Siro