CCEPS: i membri nominanti dal ministero non possono svolgere contemporaneamente incarichi istituzionali ed essere membri dell’organo giudicante

Collegio giudicante della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (CCEPS)

Grafica da: vecteezy.com

In seguito al provvedimento di radiazione dall’Albo odontoiatri dell’Ordine dei medici, l’incolpato impugnava detta decisione avanti la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.

La Commissione centrale accoglieva parzialmente le difese del sanitario svolte dall’avv. Giovanni Pasceri del Foro di Milano e dall’avv. Silvia Stefanelli del Foro di Bologna, dichiarando l’inefficacia degli atti del procedimento ad eccezione della nota di contestazione degli addebiti a decorrere dalla quale va computata interruzione dei termini di prescrizione e per l’effetto rinviava nuovamente la decisione all’Ordine dei medici competenti per la conferma della radiazione.

La decisione della commissione centrale veniva pertanto impugnata avanti la Suprema Corte di Cassazione dai predetti procuratori. Secondo le prospettazioni difensive, la decisione emessa dalla commissione centrale è nulla per assenza di indipendenza e imparzialità di alcuni dei componenti della commissione non potendosi consentire che i membri della commissione di derivazione ministeriale, nominati dal ministero della Salute, svolgano contemporaneamente anche incarichi istituzionali.

La composizione del Collegio giudicante così formata, infatti, non rispetta i canoni del giusto processo per la mancanza di un giudice terzo, autonomo e indipendente in aperta violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. in relazione al contrasto con gli obblighi internazionali assunti aderendo alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

L’art. 6, primo par., della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, afferma e garantisce il diritto ad un processo equo nei seguenti termini: “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. (…)”

Il rango e l’efficacia delle norme CEDU nel nostro ordinamento, nonché il ruolo che i giudici nazionali rivestono nell’interpretazione e applicazione della Convenzione, sono delineati dall’orientamento della giurisprudenza costituzionale muovendo dalla considerazione che l’espressione “obblighi internazionali”, contenuta nell’art. 117, primo comma, Cost., ha “colmato la lacuna prima esistente quanto alle norme che a livello costituzionale garantiscono l’osservanza degli obblighi internazionali pattizi. La conseguenza è che il contrasto di una norma nazionale con una norma convenzionale, in particolare della CEDU, si traduce in una violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. ” (Corte Cost. sent. n. 311 del 2009).

La Corte di Strasburgo interpretando l’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo circa la sua concezione di imparzialità ha stabilito che il tribunale deve essere imparziale non solo sotto un profilo oggettivo ma anche soggettivo (Krivoshapkin c. Russia, sent. 27 gennaio 2011).

Nel caso di specie, l’art. 17 del D.Lgs.C.P.S. n. 223/1946, chiamato a disciplinare nomine e composizioni della CCEPS, stabilisce sia lo stesso ministero della Salute a designarne due componenti. I componenti della Commissione centrale scelti dal ministero hanno continuato a svolgere istituzionali compromettendo la terzietà dell’Organo disciplinare.

Tali componenti durante lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali, infatti, per le ragioni sopra espresse, non possono continuare ad espletare le rispettive funzioni istituzionali alle dipendenze della stessa amministrazione ministeriale che è parte del processo.

Conseguentemente, la decisione adottata dal CCEPS è nulla poiché emessa da un organo privo dei requisiti di terzietà e indipendenza necessari per l’esercizio della giurisdizione ed a garanzia di un equo processo ex art. 6, par. 1, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

La Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 15510 del 22 giugno 2017 nell’accogliere le tesi difensive del sanitario ha stabilito che l’assenza di indipendenza e imparzialità si trasferisce in termini osmotica dai partecipi all’organo, non potendosi consentire che lo stesso eserciti la funzione giurisdizionale attraverso dinamiche radicalmente viziata dalla interlocuzione, nel percorso che porta alla decisione, i soggetti prive di citate caratteristiche… tanto da determinare la nullità della decisione assunta dalla Commissione.