È possibile usufruire della detrazione fiscale in caso un pagamento sia effettuato da un familiare non convivente?

A causa dell’emergenza sanitaria sono stata costretta a effettuare vari esami presso strutture sanitarie private. Al momento del pagamento mi hanno ricordato che per ottenere la detrazione avrei dovuto pagare con mezzo tracciabile e ciò è avvenuto ma, per momentanea indisponibilità personale, è stata mia madre non convivente a pagarmi la prestazione. Posso comunque usufruire della detrazione fiscale?

Il problema evidenziato è emerso in maniera più marcata con le nuove disposizioni normative che per fronteggiare l’evasione anche nel settore della sanità privata hanno imposto un pagamento tracciato delle prestazioni erogate da strutture private non convenzionate, eccettuando solo alcuni casi (es. acquisto di medicinali).

La condizione che doveva essere sempre alla base della detrazione (e lo è tuttora) è rappresentata dall’effettivo sostenimento della spesa da parte di chi fruisce della detrazione fiscale. Colui che riceve la prestazione medica, che viene quindi identificato con il proprio codice fiscale nella parcella, deve essere anche la persona che sopporta la spesa, significando che tale spesa non deve essere oggetto di rimborso, ad esempio assicurativo, e l’onere deve essere dalla stessa sostenuto (chiaramente un genitore per i figli a carico).

È fuori discussione che se il pagamento “tracciato” avviene con bancomat, carta di credito, bonifico, o altri mezzi similari, appoggiati su un conto corrente intestato a chi fruisce della detrazione (anche cointestato con altra persona) non rappresenta un caso dubbio per il fisco, a meno che non si riesca, per qualche altra ragione, a dimostrare che si tratta solo di un pagamento apparentemente rimasto a carico della persona che ha pagato e ricevuto la prestazione medica, in quanto dopo ne ha ricevuto un ristoro equivalente da altra persona. È chiaro che è una cosa difficile da dimostrare che presuppone accertamenti più incisivi che potrebbero non essere convenienti in relazione all’importo da “recuperare”.

Nel caso in questione, invece, il fisco aveva un atteggiamento più prudente in quanto già il solo aspetto formale evidenziava un pagamento con bancomat/carta di credito di altra persona estranea o familiare non convivente. Rispetto a precedenti orientamenti più restrittivi si registra, ultimamente, un’importante apertura derivante dalla risposta 484 dell’Agenzia delle Entrate resa in un interpello relativo alla normativa in argomento (articolo 1, comma 679, della legge 27 dicembre 2019, n. 160).

In definitiva, a prescindere dal mezzo di pagamento, la parte che ha ricevuto la prestazione può fruire della detrazione purché sia in grado di dimostrare la modalità di pagamento e attesti che ne abbia sopportato effettivamente l’onere avendo rimborsato, anche per contanti, chi ha pagato per lui con il bancomat.

Infatti nella risposta, che affronta il caso in cui il figlio paga per il genitore che lo rimborsa poi in contanti, si parte dal concetto che non è obbligatorio possedere un mezzo di pagamento del genere.

L’Agenzia precisa che “l’onere possa considerarsi sostenuto dal contribuente al quale è intestato il documento di spesa, non rilevando a tal fine l’esecutore materiale del pagamento, aspetto quest’ultimo che attiene ai rapporti interni fra le parti.

Tuttavia, tenuto conto della ratio della disposizione in esame, occorre assicurare la corrispondenza tra la spesa detraibile per il contribuente ed il pagamento effettuato da un altro soggetto” si ritiene che il contribuente istante possa utilizzare la carta bancomat intestata al figlio per pagare le spese detraibili a lei riferite, per le quali sussiste l’obbligo di tracciabilità, senza perdere il diritto alla detrazione, purché tale onere sia effettivamente sostenuto dal soggetto intestatario il documento di spesa, circostanza nel caso di specie, supportata dalla dichiarazione dell’Istante che riferisce di aver “rimborsato in contanti la spesa sostenuta” al figlio”.