Odontoiatria infantile e CoVID-­19: verso la fase 2

Odontoiatria infantile e CoVID-­19
Immagine: www.flickr.com Credit: NIAID

I CORONAVIRUS sono un’ampia famiglia di virus respiratori a RNA, così chiamati per la caratteristica corona di spuntoni proteici (glicoproteine) che ne riveste la superficie. Appartengono ad una numerosa famiglia di virus che può causare infezioni delle vie aeree, anche piuttosto gravi, come è stato constatato in questi difficilissimi giorni. La via di trasmissione della malattia è attraverso le goccioline di saliva (droplets) emesse parlando, tossendo o starnutendo. Non è ancora del tutto chiaro se, in ambienti aperti, il virus possa essere infettivo per via aerea, attraverso particelle di aerosol, che permangono nell’aria più a lungo delle più pesanti droplets, che, invece, cadono più velocemente sul terreno.

L’emissione di droplets contamina le superfici, che possono diventare, a loro volta, veicolo di trasmissione. La contagiosità del virus è piuttosto alta: ogni individuo infetto contagia, mediamente, 2,5 persone.

Il periodo medio di incubazione è di circa 5 giorni con un range stimato da 2 a 14 gg;; il periodo di incubazione ha una durata simile anche nei bambini, anche se sono stati segnalati periodi di incubazione più lunghi.

Dal punto di vista della fisiopatologia, il virus si lega al recettore cellulare ACE2, che nel bambino presenta un’immaturità strutturale e funzionale, offrendo, quindi, minore affinità all’elemento patogeno: ciò potrebbe spiegare la minore incidenza dell’infezione da SARS CoV-­2 nei bambini.

La diagnosi di certezza della malattia si attua praticando un tampone orofaringeo e/o nasale. Dal punto di vista sierologico, le IgM si positivizzano dopo 3-­5 giorni dall’inizio della malattia e le IgG successivamente, con concentrazioni molto più elevate rispetto alla fase acuta. Molti lavori scientifici mettono in evidenza una contemporanea presenza di IgM e IgG mediamente in 15° giornata.

Nelle fasi iniziali dell’infezione (da 3 a 7 gg), IgM e IgG possono essere sotto il limite di rilevazione e, quindi, il test sierologico potrebbe non avere valore diagnostico. Inoltre, la maggior parte dei test disponibili è di tipo qualitativo, non rileva il valore quantitativo degli anticorpi, né il tasso di aumento della loro concentrazione e non fornisce, quindi, riferimenti certi sulla cinetica dell’infezione.

Lavori scientifici derivati dall’esperienza cinese indicano che l’infezione è decisamente meno grave nei bambini.

In uno studio realizzato su 2143 pazienti pediatrici da 0-­18 anni con età media di 7 aa, il 94% è risultato asintomatico o affetto da forme molto lievi e nessun paziente ha necessitato di ossigeno o altro supporto ventilatorio. I sintomi lievi comparsi nella popolazione infantile sono stati: febbre non sempre presente, astenia, mialgia, tosse, in alcuni casi comparsa di sintomi digestivi come nausea, vomito, dolore addominale, diarrea.
L’osservazione comune è che la malattia sia decisamente meno severa nel bambino rispetto all’adulto e che, spesso, decorra in maniera asintomatica. Osservazione che viene confermata anche da altri studi pubblicati recentemente.

Le ipotesi plausibili per spiegare tale fenomeno sono:

  • I bambini presentano meno comorbilità rispetto agli adulti;; gli ultimi dati provenienti dalla Corea dimostrerebbero che nei bambini ammalati la comorbilità è molto comune.
  • I recettori ACE2 sono meno sviluppati nel bambino.
  • I bambini hanno un sistema immunitario necessariamente meno attivo e funzionale per consentire l’incontro con una vasta categoria di antigeni, che andranno a costituire la memoria immunitaria futura del soggetto adulto.
  • I bambini presentano una maggior percentuale di linfociti T e B regolatori, coinvolti nella tolleranza immunologica.

Ad oggi, comunque, non esistono in pediatria protocolli standardizzati specifici per il COVID-­19, se non relativi al periodo neonatale e alle problematiche del nato da madre COVID-­19.

In Italia, ad oggi, si contano 831 infezioni tra i bambini nella fascia di età 0-­9 anni e 1219 nella fascia di età 10-­19 anni e solamente il 6.8 % dei casi ha comportato un ricovero ospedaliero, prevalentemente nella fascia di età 0-­2 aa. Fino a oggi non risulta alcun decesso, né alcun ricovero in terapia intensiva di pazienti nella fascia di età tra 0 e 20 anni, come ha sottolineato il Presidente della Società Italiana di Pediatria (SIP), A. Villani, in una conferenza stampa Istituzionale l’11 Aprile u.s.

Come è stato evidenziato in precedenza, dal lavoro su 2143 pazienti pediatrici riferiti al Chinese Center for Disease Control and Prevention è emersa un’altissima percentuale di pazienti asintomatici (circa il 90 %).

Pur non essendo ancora disponibili in Italia dati certi sulla percentuale di pazienti asintomatici in età evolutiva, attenendoci a quanto iportato per gli adulti, anche nei bambini potrebbe esservi un 10% di positivi asintomatici nella popolazione pediatrica. Si ritiene, pertanto, indispensabile applicare anche ai bambini tutte le misure di prevenzione e igiene consigliate dalle autorità sanitarie, sia nelle zone interessate maggiormente dal contagio, sia in quelle meno a rischio, sulla base dei dati attuali.

Trattamento odontoiatrico nei bambini

In odontoiatria pediatrica, dovrebbero essere evitate tutte le procedure in grado di generare aerosol, attraverso un uso minimo della siringa aria/acqua, dei manipoli rotanti e dello scaler ad ultrasuoni. È, poi, indispensabile l’ isolamento del campo operatorio attraverso l’uso sistematico della diga di gomma, ovunque sia possibile. Per minimizzare il rischio di contagio, è fortemente raccomandato operare con l’aiuto dell’assistente e la doppia aspirazione.

Ove possibile, è indicato dare la precedenza alle metodiche minimamente invasive: la tecnica ART (Atraumatic Restorative Treatment), che può essere applicata anche in pazienti molto piccoli e poco collaboranti con lesioni cariose diffuse, per evitare di ricorrere a metodiche più complesse e meno gestibili;; l’ozonoterapia, che può contribuire in alcuni casi al controllo della progressione delle lesioni cariose non sintomatiche, consentendo di ridurre l’uso degli strumenti rotanti che producono aerosol.

Tutto ciò si configura con l’introduzione di un nuovo concetto di “NO AEROSOL”, che potrebbe guidare le nostre scelte terapeutiche forse non solo nel breve periodo, ma, probabilmente, in modo definitivo, aprendo a necessari scenari di prevenzione e cura ancora più efficienti, sicuri e sostenibili.

Durante le procedure che prevedono l’uso di aerosol è fondamentale utilizzare i corretti DPI, che esulano dallo scopo di questa breve trattazione.

Le terapie che non prevedono produzione di aerosol vanno eseguite con la protezione di almeno mascherina chirurgica e schermo protettivo per tutta l’équipe odontoiatrica, in assenza dei quali non vanno eseguite nemmeno procedure d’urgenza.

Per le terapie che sviluppano, invece, aerosol è mandatorio l’uso di ulteriori DPI, mascherina FFP2 in primis. Ovviamente, vanno sempre e in ogni caso applicate le norme di decontaminazione ambientale ai fini di prevenire la trasmissione del contagio all’equipe e ad altri pazienti.

Si consiglia, infine, di ripensare e rivedere la programmazione quotidiana, in termini di tempi e modalità di erogazione delle cure, differenziando, ove possibile, le attività in “visite virtuali”, procedure “aerosol” e “non aerosol”, al fine di garantire la massima sicurezza di tutti ed un’ottimizzazione dell’impegno di operatori e personale di studio.