Per alcuni anni, il sito/blog Top Italian Scientists (TIS) è stato il riferimento per molti scienziati italiani, soprattutto impegnati nel Regno Unito, per confrontarsi con i propri progressi scientifici e quelli dei più noti ricercatori italiani occupati all’estero o nel nostro Paese.

Questo sito nasceva grazie alla tenacia del Dr. Mauro degli Esposti, un biologo/ricercatore italiano che lavorava nel Regno Unito. A seguire ripropongo alcune sue recentissime considerazioni sui finanziamenti alla ricerca che i nostri governi hanno fornito alle università italiane.

“Esattamente dieci anni fa Mauro (colui che scrive, ndr) si trasferì dalle campagne dello Shropshire al centro di Manchester, dove cominciò a conoscere vari colleghi e professionisti italiani che non aveva avuto modo di incontrare prima, quando faceva long-distance commuting alla Università di Manchester.

Tramite queste conoscenze nacque il network che poi fu chiamato Via-academy in un convegno al consolato italiano di Manchester, che ora non esiste più (come non esiste più quel network di conoscenze che furono intrecciate allora).

Molti membri di quel network, soprattutto accademici, ora lavorano in atenei di diverse città degli UK, ed alcuni pure in Italia. Qualcuno è pure ritornato a Manchester dopo qualche anno di rientro, non eclatante, in Italia e racconta che nessuno oramai è interessato allo spirito e alle attività che animarono la Via-academy.

In effetti, da anni riceviamo più risposte automatiche di out of office che commenti ed inputs quando diffondiamo i post che facciamo su tale sito dagli stessi amici e colleghi con cui costruimmo il network. Ora noi fondatori ne prendiamo atto in maniera fattiva, accorpando il sito della Via-academy nel TIS, che rimane live and kicking as before.

Sia ben chiaro che questo cambiamento (website streamlining) non comporta lo scioglimento della Via-academy come associazione volontaria, la quale va solo in letargo. Chiunque sia interessato a ravvivarla dagli UK si faccia avanti e ne discuteremo.

Io oramai negli UK ci vado solo per vedere le mie figlie, che vi studiano e lavorano, e stanno bene. Non avranno tanti problemi con la Brexit, spero, dato che hanno anche la cittadinanza inglese.

In effetti, molti di questi ultimi 10 anni li ho trascorsi in Italia, dopo aver trovato una eccellente occasione di anno sabbatico all’IIT di Genova, che oramai è diventato un centro di eccellenza della ricerca e tecnologia italiana nel mondo.

Sono rimasto affiliato a questo istituto anche dopo la fine del mio anno sabbatico e dopo aver lasciato quel carrozzone che è diventata la Victoria University of Manchester.

Un obiettivo del mio rientro in Italia era quello di cercare di reinserirmi nel mondo accademico tramite la nuova procedura della Abilitazione Nazionale, dopo aver attivamente partecipato al primo processo di valutazione nazionale di tutti gli atenei e centri di ricerca, la VQR2010.

Nonostante il lavoro valutativo svolto ed i risultati abbastanza chiari che ne emersero, non ero preparato a quel che successe dopo. I risultati valutativi sono stati usati non per ridistribuire le risorse statali alla ricerca e all’insegnamento universitari, come all’estero, ma per tagliare di meno i fondi agli atenei migliori, e a non tagliarne tanto a quelli chiaramente peggiori, da un budget che è stato sistematicamente ridimensionato di anno in anno.

Cosicché la opera demolitrice del sistema universitario italiano portata avanti dall’ultimo governo Berlusconi e dalla sua determinata ministra Gelmini è andata avanti coi governi successivi, fino a questo ultimo paradosso quantitativo.

Ho appreso in Messico, dove credo mi stabilirò in futuro, che il governo italiano ha stanziato 97 milioni di Euro per la Ryder Cup di golf che si terrà in Italia, nello stesso periodo in cui stanziava 45 milioni di euro per due anni, quindi 90 milioni, per la ricerca universitaria.

Non solo questa ultima cifra vale molto meno dei fondi PRIN che si distribuivano anni fa per la stessa ricerca, ma diventa ridicola rispetto ai due miliardi di sterline che il governo britannico ha annunciato di voler spendere per finanziare la ricerca in questi anni.

Non voglio neanche considerare le forti polemiche che hanno di recente investito l’IIT, che viene finanziato in modo indipendente dagli atenei italiani ed indubbiamente è uno dei più efficienti e produttivi istituti di ricerca che abbia mai conosciuto – e ne ho conosciuti tanti – nella mia lunga carriera di biologo in giro per il mondo.

Queste amare considerazioni mi faranno presto dire quel che oggi scrivo qui per il sito della Via-academy, Good Bye, anche per il mio decadente e sconsiderato Paese”.

Quanto scritto si combina perfettamente con la recente intervista del Professor Enrico Gherlone apparsa su un organo di comunicazione del settore odontoiatrico in cui metteva in luce gli enormi progressi dell’odontoiatria accademica italiana nello Shanghai Ranking (nel quale vengono classificate le migliori università del mondo, sia in senso generale, sia specifico per i diversi settori scientifici).

Infatti se l’università italiana tutta, nella sua interezza, è stata penalizzata, direi ridicolizzata dai finanziamenti dei nostri governi che si sono succeduti negli ultimi 10 anni, l’odontoiatria è sicuramente un settore che ha sempre ricevuto più o meno le briciole di questi finanziamenti, soprattutto perché i nostri progetti di ricerca sono assemblati a quelli dell’area medica dove, logicamente, per esempio la ricerca oncologica ha un ben più grande impatto rispetto a quello odontoiatrico, e lo stesso vale per molti altri settori di aree di base mediche o inerenti a nuove tecnologie.

All’orizzonte non si vede un cambiamento significativo di questo trend, sia per l’intera università italiana sia di conseguenza per l’odontoiatria e per questo si deve continuare a percorrere la strada della cooperazione tra accademia, libera professione ed aziende del settore, unendo gli sforzi di tutti verso percorsi innovativi, sia dal punto di vista dell’internazionalizzazione, sia della razionalizzazione dei percorsi universitari ed assistenziali, come si dice, facendo SISTEMA.

Pensiamo a dove eravamo 20 o solo 10 anni fa, e cerchiamo di essere tutti orgogliosi dei progressi ottenuti nell’ambito della libera professione, della ricerca e della didattica accademica, tutti aspetti che portano al miglioramento della qualità di cure per la popolazione.