È inutile nasconderlo, come autori ci troviamo probabilmente nella situazione più difficile in cui fare previsioni e dare consigli utili al lettore da quando frequentiamo le pagine di questa rivista (ormai circa 12 anni).

È doverosa una premessa metodologica: nessuno pensa di avere la sfera di cristallo o di proporre formule magiche, ma ci piacerebbe che il lettore si portasse a casa, dopo aver investito un po’ di tempo nella lettura di questo articolo, uno schema logico per riflettere su alcune materie imprescindibili per la fase di ripartenza.

È per questo motivo che l’articolo è suddiviso in paragrafi che vogliono essere di spunto per un approfondimento che ciascun professionista/imprenditore dovrà necessariamente fare al fine di delineare una propria personale strategia di gestione della cosiddetta fase 2.

Il percorso, in 10 punti, che abbiamo immaginato parte da riflessioni di tipo generale e strategico per poi addentrarsi sempre più in aree pratiche con considerazioni di dettaglio.

1.
Imparare dalla storia

È difficile in questo caso utilizzare la storia per fare previsioni in quanto ci si trova in una situazione del tutto nuova.

Ma siamo proprio sicuri? È vero, le pandemie non sono così frequenti nella storia umana, o quanto meno non sono realmente avvenute in periodi in cui il mondo era fortemente interconnesso e globalizzato come ora, ma sono già capitate in passato.

Una cosa possiamo imparare dal passato: le pandemie si risolvono e in esito a queste le preoccupazioni cliniche ad un certo punto svaniscono del tutto. Dobbiamo quindi rimanere fiduciosi, seppur mantenendo alto il livello di allerta. Soprattutto perché la medicina ha fatto e continua a fare progressi da gigante, ha solo bisogno di un po’ di tempo (si spera meno di 9 o 6 mesi) considerando che tutto il mondo si sta impegnando per trovare una soluzione efficace (verosimilmente vi sarà un mix di soluzioni, più orientate verso cure efficaci rispetto ai tempi tecnici di un vaccino).

Quello che resta però dopo tutte le fasi di emergenza, oltre a una crisi economica purtroppo, sono alcuni cambiamenti. In questi periodi vengono solitamente intrapresi comportamenti e misure eccezionali, sorgono alcune nuove abitudini e nuovi atteggiamenti che le persone hanno imparato in un momento particolare. La difficoltà sta nel comprendere ora quali saranno gli atteggiamenti che rimarranno e quali invece se ne andranno, si spera presto, con la pandemia. Senza grande timore di essere smentiti le cose che certamente resteranno sono ad esempio lo smart working, un maggior utilizzo dei mezzi tecnologici (sistemi di video conferenza e condivisione) e dei servizi (APP incluse) di consegna a domicilio.

Ma la cosa che sicuramente impatterà di più sarà il maggior utilizzo della tecnologia e di moderni sistemi di comunicazione a distanza, anche per persone solitamente non avvezze all’informatica o per propensione mentale o per età. Il mondo delle cure odontoiatriche, potendo difficilmente erogare cure a distanza, non deve però perdere l’occasione per pensare all’innovazione. La domanda che ci si deve fare è: come stiamo innovando il nostro modo di soddisfare le esigenze dei nostri pazienti?

2.
Tenere duro nella tempesta, resistere!

Quanto suggerito nel paragrafo precedente, ci deve convincere a ragionare sul fatto che la situazione che stiamo vivendo sarà necessariamente momentanea e, pertanto, gli sforzi che stiamo compiendo adesso non saranno più necessari ad un certo punto.

Nessuno ovviamente può oggi prevedere per quanto tempo questi sforzi dovranno andare avanti, ma quello che, invece, si può e si deve fare è cercare di capire per quanto tempo, almeno riferendosi esclusivamente alla sfera economica, lo studio e la propria famiglia sono in grado di sopravvivere alla tempesta. Si deve cioè simulare cosa succederà con entrate molto ridotte o comunque riviste in modo sensibile al ribasso rispetto al passato.

Finanziariamente, si deve capire con il “carburante” a disposizione nel serbatoio quanta strada si è in grado di fare. Cosa più difficile, ci si deve sforzare di stabilire e misurare i propri “consumi” soprattutto nel momento in cui lo studio ripartirà, e verosimilmente ripartirà a regime ridotto.

Volendo pensare positivo, questa può essere una buona occasione per rendersi conto di sprechi o inefficienze derivanti da una gestione “concitata” o unicamente orientata al fatturato o alla crescita.

Si deve poi, con molta lucidità, comprendere, sempre usando la metafora di prima, se si aveva appena “fatto benzina” oppure se ci si trova vicino alla “riserva”. A seconda del mio status economico-finanziario dovrò ripensare il mio tenore di vita, oltre a tagliare eventuali spese inefficienti dell’attività.

Se ho invece una buona situazione finanziaria potrò gestirmi, con una certa tranquillità e magari già pensare ad investimenti o, perché no, ad acquisizioni di studi di colleghi che non avranno intenzione di continuare per età o energie (non dimentichiamoci che i pazienti, dal punto di vista clinico, non vanno in pensione).

Se sono cosciente di avere difficoltà già nel breve periodo mi dovrò attivare per reperire nuova finanza (tramite banche o disinvestimenti), si spera a tassi convenienti e con tempistiche di restituzione adeguatamente lunghe.

Ma attenzione, la nuova liquidità ottenuta non dovrà essere sprecata per finanziare attività improduttive. Si dovrà quindi controllare con più attenzione l’equilibrio tra le spese (fisse e variabili) e le entrate, ipotizzando degli scenari di entrate varie percentuali di incasso rispetto al normale.

3.
Il giusto mind-set

L’energia più forte che possiamo trovare nei momenti di difficoltà risiede nella nostra mente.
Spesso, da consulenti di professionisti ed imprenditori, li vediamo assumere atteggiamenti o troppo ottimistici, che li spingono a compiere azioni imprudenti, o troppo pessimisti, che li spingono a chiudersi in se stessi, vedendo solo problemi senza cercare realmente soluzioni.

La difficoltà sta nel mantenere un atteggiamento equilibrato di “ottimismo-realista” ossia non sottovalutare certo il pericolo, ma neanche pensare che questa situazione duri per sempre.
Un atteggiamento mentale ottimista-realista consente di rimanere lucidi e propositivi adattandosi meglio al mutare delle situazioni.

Un’occasione che si ripeterà raramente inoltre è quella di avere dell’extra-tempo a disposizione. Se ci si ferma a riflettere, questi momenti, fanno di solito prendere coscienza di problemi che probabilmente non si era mai voluto affrontare (e che ci capita di vedere spesso), come ad esempio:

  • una gestione non redditizia dei propri rapporti con i collaboratori;
  • un surplus di personale dipendente;
  • una disorganizzazione operativa che comporta costi eccessivi;
  • processi clinici non di qualità che comportano rifacimenti e/o tempi di cura più lunghi;
  • una disattenzione agli aspetti economici-finanziari.

Per usare un termine giapponese, cultura maestra nell’ottimizzazione, dobbiamo liberarci del “muda” ossia di quelle attività improduttive o inutili che ogni studio (o azienda) ha evitato di gestire fino al giorno prima, con la scusa di avere troppe cose da fare. Se non ce ne occupiamo adesso, domani non avremo più tempo.

4.
Sfruttare le reti di contatti per confronto e dialogo

Fondamentale in momenti di incertezza sono il confronto e il dialogo con altri professionisti che si stimano e più in generale con menti creative o capaci, in passato, di grandi risultati.

Contorniamoci di persone propositive e aperte al confronto. Lasciamo perdere chi si lamenta o chi cerca lo scontro fine a se stesso.

L’odontoiatria ha la grande fortuna di essere una categoria molto interconnessa (ci sono tante associazioni, gruppi di professionisti, etc.) e dove la clinica parla la stessa lingua in tutto il mondo. Non c’è tempo investito in modo migliore se non informandosi, formandosi e capendo cosa sta succedendo in realtà diverse.

5.
Ritrovare la propria identità (rinnovandola)

Il momento di riflessione attuale ci deve portare a quello che tecnicamente si chiama riposizionamento strategico. Ossia si deve pensare, o ripensare, al vero motivo (possono essercene diversi) per cui i pazienti ci scelgono.

Una volta capito il motivo principale, o l’insieme di motivi, per cui si è avuto successo negli anni è opportuno puntare, nuovamente, tutto su quello.

Innanzitutto comunicandolo ai pazienti, cercando di costruire sistemi di relazione efficiente con i pazienti, ossia sistemi che ci permettono di comunicare con il maggior numero di pazienti, con il minor sforzo di tempo possibile, ed in questo i social-network, le mailing list e le nuove tecnologie possono fare davvero la differenza.

Al contempo però è opportuno soffermarsi sulle situazioni che in passato ci hanno fatto mancare i nostri obiettivi. Quello che abbiamo sbagliato, quello che avremmo potuto fare meglio; e ricordiamoci, la colpa non è degli altri o della sfortuna, in qualcosa non abbiamo fatto del nostro meglio o per impegno o per lucidità.

6.
Gestire le risorse umane nell’emergenza

Un’altra delle lezioni che le situazioni di difficoltà solitamente insegnano è quella di ristabilire una corretta gerarchia delle priorità. E tra queste priorità c’è il rapporto umano con i propri colleghi, collaboratori, dipendenti e pazienti. Imparare a ristabilire relazioni umane prima che professionali è il segreto di un team ben affiatato, efficiente dal punto di vista dei risultati e che non si concentra sullo sforzo, ma sulla gratificazione che si ottiene per un paziente soddisfatto.

Il segreto per creare relazioni positive è nell’empatia, ossia nella capacità di “mettersi nei panni degli altri”, di capire il punto di vista altrui. In questo momento tutti stiamo vivendo privazioni e difficoltà simili, per questo motivo ci sentiamo tutti più vicini e siamo disposti a entrare più in intimità con gli altri.

Chi si trova a gestire un team di persone deve adottare, però, in questo specifico momento, uno stile di comunicazione chiaro e rapido, deciso ma al contempo sereno. Sbraitare non serve a nulla, ma certo neanche essere timorosi o incerti è d’aiuto. Si deve al contempo rassicurare il team attraverso un interesse sincero verso le persone, ma facendo capire che tutti dovremo collaborare in modo attivo, probabilmente con qualche piccola rinuncia da parte di tutti. Si deve una volta di più dedicare del tempo ad elogiare chi fa bene, spiegando invece le vere ragioni (posto che vi siano!) che rendono grave un errore o un comportamento non corretto.

7.
Gestire con massima cautela le variabili cliniche

Diamo per scontato la massima attenzione da parte dell’odontoiatra ai protocolli clinici necessari per ridurre il più possibile, con pratiche realistiche, il rischio di contagio dei pazienti, dei collaboratori dello studio e del professionista stesso.

La salute dei pazienti della struttura è sicuramente il bene primario, ma non dobbiamo dimenticare che, anche da un mero e più gretto punto di vista economico, un contagio all’interno del team medico e paramedico dello Studio comporterebbe gravissimi danni economici. Pertanto, la giusta cautela non è solo un dovere clinico, ma anche un comportamento responsabile tipico di un buon leader imprenditore/professionista.

Inoltre, una particolare attenzione ai protocolli clinici, che va comunicata al paziente, è involontariamente un’ottima variabile di marketing. Scopo di un professionista della sanità è anche informare correttamente, cercando di allineare il paziente ai rischi realistici che tutti noi corriamo in riferimento alla nostra salute.

In sostanza, si deve cercare di riportare alla razionalità due macro-categorie estreme di pazienti, l’incosciente e l’ipocondriaco. In questo il potere dell’informazione è davvero fondamentale; delle corrette abitudini igienico-sanitarie hanno sempre portato a risultati ottimali.

8.
Non andare contro trend storici

Un dato inconfutabile di cui dobbiamo prendere atto è il fatto che la tecnologia e il digitale non possono più essere vissuti come un peso o un costo. Sono ormai una necessità e devono essere cavalcati.

Certo, le tecnologie cambiano continuamente e ci spingono ogni volta a uscire dalla nostra zona di comfort (cosa peraltro positiva), ma sono l’unica soluzione per gestire scenari nuovi sfruttandoli e non subendoli.

Statisticamente la predisposizione all’innovazione tecnologica è più forte nei giovani e spesso si riduce con l’avanzare dell’età. Ma vi possiamo assicurare che non si tratta di una questione anagrafica, bensì di predisposizione mentale. Se poi si è consapevoli di avere un gap nella conoscenza tecnologica/informatica (sia di strumentazione odontoiatrica sia di sistemi di comunicazione in genere) si può sempre chiedere aiuto a qualcuno di più giovane o appassionato. Non è un caso se la Comunità Europea (che almeno nelle intenzioni ha spesso una visione prospettica lungimirante) ha tra i suoi obiettivi strategici aumentare l’alfabetizzazione digitale.

Sicuramente digitalizzare la cura in odontoiatria è ancora difficile, ma si è proprio sicuri che non sia arrivato il momento di farlo, almeno in parte, con la relazione con il paziente e con la prevenzione?

9.
Dedicare tempo al controllo dei numeri

Come già anticipato, una rinnovata e più forte attenzione al controllo della redditività e dei flussi di cassa per il titolare di uno studio diventano presupposti necessari per gestire la fase di ripartenza.

Poco si può fare quando lo studio è chiuso, se non per urgenze conclamate, e l’incasso giornaliero è praticamente azzerato. Si deve soltanto verificare se si è fatto tutto il possibile, ossia se si è usufruito della cassa integrazione, se si è chiesta la moratoria per eventuali finanziamenti o leasing, sia dal punto di vista professionale/aziendale che dal punto di vista privato, se si è gestito il rapporto con i fornitori in modo maturo (compreso l’eventuale proprietario dell’immobile qualora si sia in “affitto”).

La vera sfida è gestire bene la fase 2, trovando/creandosi degli indicatori efficaci e, se possibile rapidi, che ci consentano di verificare la percentuale di occupazione dei riuniti, il numero di pazienti curati, l’incasso giornaliero e, soprattutto, se la “struttura” messa in campo (che comporta costi) sia equamente dimensionata. Se, dal punto di vista dei materiali di consumo e dell’odontotecnico, il monitoraggio è relativamente semplice, le voci più a rischio sono l’ampliamento degli orari del personale dipendente nonché il coinvolgimento di collaboratori. È probabile che il personale dipendente mantenga un numero di ore di fatto inalterato, riuscendo però a gestire un numero di pazienti sicuramente inferiore rispetto a una situazione di normalità. Sul fronte delle collaborazioni odontoiatriche, invece, è probabile una loro forte contrazione soprattutto dove l’odontoiatra o gli odontoiatri soci di riferimento possono occuparsi in prima persona di alcune attività cliniche.

In sostanza, bisogna monitorare con attenzione la redditività/liquidità e questo può essere fatto solo trovando indicatori che siano facili da controllare e con molta frequenza (numero di pazienti massimi e minimi giornalieri, incasso per paziente, incasso minimo giornaliero richiesto, etc. ).

Ancora una volta, dedicare tempo e risorse a questa attività extra-clinica è un requisito necessario per uno studio in salute.

10.
Mantenere un rapporto sano con i debiti e trovare soluzioni adeguate

Ultimo e più importante tema è quello connesso all’indebitamento eventualmente concesso dal mondo bancario e agevolato dalle garanzie fornite indirettamente dallo Stato.

Permetteteci una breve premessa: non siamo mai stati dei grandi fan dell’indebitamento bancario. O meglio, salvo il caso di investimenti, più o meno importanti, quali l’acquisto di attrezzature, macchinari (magari per la sanificazione!) o la ristrutturazione o l’acquisto dell’immobile da adibire all’attività odontoiatrica, riteniamo che l’indebitamento, in linea generale, sia da utilizzare con la massima cautela perché costituisce in qualche modo un “farmaco” che spesso allevia il sintomo, ma non risolve la malattia (dove per malattia si intendono delle inefficienze economiche all’interno dello studio), anzi la aggrava.

Tuttavia, per quanto detto in premessa, l’emergenza Covid-19 rappresenta una situazione temporanea e quindi un indebitamento bancario ben congegnato (soprattutto in termini di restituzione) può essere un valido “ponte” che permettere di sopravvivere in questo periodo difficile, sempre a condizione che la liquidità ottenuta a prestito, e quindi che dovrà essere restituita alle banche, non venga utilizzata per coprire inefficienze ( ad es. percentuali troppo alte ai collaboratori) o sprechi (ad es. mancata cassa integrazione), o finanziare un tenore di vita insostenibile da parte del professionista.

Venendo alle novità, in termini molto semplici, l’intervento statale sarà quello di svolgere la funzione di garante ai prestiti di denaro che gli istituti di credito erogheranno a imprese e professionisti.

Questa soluzione consente, a chi ne avrà bisogno, di far sì che l’istituto di credito eroghi comunque un finanziamento che altrimenti non avrebbe erogato e, soprattutto, acceleri i tempi di erogazione, abbassando il tasso di interesse per effetto della garanzia (considerando che il momento storico attuale parte già da tassi di interesse molto bassi).

Attenzione, la garanzia statale non vuol dire che il debitore (cioè lo studio) potrà non pagare i debiti: la banca chiederà la restituzione al suo cliente e solo qualora questi non sia in grado di pagare (e una volta aggredito il suo patrimonio personale o aziendale a seconda della forma di esercizio personale o societaria) interverrà lo Stato.
Grazie a questa garanzia ulteriore dello Stato le banche sono in grado soprattutto di praticare tassi di interesse più convenienti rispetto al caso di assenza di garanzie, soprattutto con tempi di restituzione ragionevoli rispetto un’esigenza da emergenza Covid-19, che verosimilmente non durerà più di 12 mesi.

Mediamente i tassi di interesse vanno dallo 0,5% annuo al 2%.
Salvo alcune eccezioni che vedremo, però, la valutazione sul rating del debitore (la “pagella” in termini bancari) e sulla sua capacità di restituzione del prestito la farà il singolo istituto di credito (ad es. banca) con il suo cliente. Sempre secondo condizioni di mercato (cioè diverse da caso a caso) verranno contrattate le condizioni del prestito come il tasso di interesse e la durata (entro alcuni limiti di legge).

Con la volontà di fornire una prima informazione su un tema complesso e che varia da caso a caso, riassumiamo le misure ad oggi in essere:

  1. “mini-fidi” fino a 25.000 euro. In questo caso la concessione del finanziamento dovrebbe essere molto semplice e sostanzialmente non soggetta alla valutazione del merito creditizio (rating) da parte della banca. La garanzia statale è gratuita ed è del 100%. Attenzione, la cifra massima erogabile è rappresentata dal minore tra il 25% dei ricavi (come risultanti dall’ultima dichiarazione dei redditi presentata o, per le società di capitali, dall’ultimo bilancio depositato) e i 25.000 euro. Pertanto, se si hanno avuto meno di 100.000 euro di ricavi, la cifra massima erogabile sarà inferiore a 25.000 euro. Per i soggetti costituiti dopo il 1 gennaio 2019 si dovrà fornire un’autocertificazione dei ricavi. È prevista una durata massima di 72 mesi con un periodo di preammortamento (periodo in cui si corrispondono all’istituto di credito solo gli interessi e non si restituisce la quota capitale) di 24 mesi. È ben chiaro quindi che, prima di iniziare sostanzialmente a restituire il prestito ricevuto, si sarà usciti da questa situazione di emergenza. Segnaliamo che questa liquidità non può essere utilizzata dalle banche per rimborsare debiti pregressi.
  2. per i prestiti relativi a cifre superiori si segue, invece, un procedimento più simile a quello ordinario seppur con il supporto da parte dello Stato con una sua garanzia del 90%. La modulistica per ottenere il finanziamento si fa più complessa e deve essere connessa a investimenti o finanziamento del capitale circolante (servono un programma di investimento e un piano di copertura finanziaria). Obbligatoria la valutazione della banca sulla solvibilità del cliente (rating). Vige sempre il limite del 25% del fatturato. Non ci sono periodi di preammortamento definiti e la durata massima sono sempre 72 mesi. Con un allungamento dei tempi di erogazione è possibile chiedere una garanzia fino al 100% con l’intervento di Confidi.

Per realtà con più di 499 dipendenti, rare nel settore, le regole cambiano anche se i meccanismi rimangono simili.
Per quanto noto al momento di redazione del presente articolo, i finanziamenti di cui al punto 1) e 2) dovrebbero essere cumulabili.

Ricordiamo, infine, come già chiarito nell’articolo dello scorso mese sulle pagine di questa rivista, che è possibile attivare moratorie per debiti bancari o leasing già in essere e chiedere la sospensione sul mutuo personale connesso alla prima casa, in presenza di determinate condizioni di riduzione dell’attività.

“Il fatto che gli uomini non imparino molto dalla storia è la lezione più importante che la storia ci insegna.”
Aldous Huxley