Il trapianto dentale autogeno

Opzione terapeutica di prima scelta in pazienti in fase di crescita nei piani di trattamento progettati per risolvere situazioni di edentulia parziale

Fig. 1 E.S. ragazza di 12 anni affetta da agenesia di 1.5, 1.2, 3.5. Il piano di trattamento prevede autotrapianto di 2.5 in sede 3.5.
Scopo del lavoro:

L’obiettivo di questo contributo all’aggiornamento professionale è di prospettare l’autotrapianto dentale autogeno come un’opzione terapeutica che dovrebbe essere conosciuta nel panorama odontoiatrico per poter essere considerata e inserita nel piano di trattamento tracciato per risolvere un’edentulia parziale in un paziente in fase di crescita: in questa fase della vita (e non nel paziente adulto) può essere la prima scelta e risultare molto vantaggiosa per il paziente. L’autotrapianto dentale autogeno può essere una soluzione eccellente ma solo se le indicazioni considerate sono corrette e se c’è la conoscenza della metodica chirurgica e non chirurgica

Introduzione

La storia del trapianto di denti risale agli antichi egizi, quando gli schiavi erano costretti a donare i loro denti ai Faraoni (1, 3). Nelle guerre napoleoniche, poi, i soldati donavano i denti agli ufficiali che li perdevano in battaglia (2). L’autotrapianto dentale autogeno è una tecnica che è stata introdotta nel panorama odontoiatrico negli anni ’50 del secolo scorso: a quel tempo vennero registrati molti insuccessi relativi all’insorgenza di complicanze e la tecnica non fu poi considerata per molti anni. Negli anni ’80 e ’90 sono stati pubblicati i lavori di Andreasen (4, 5) e di Czochrowska EM (6) che hanno preso in considerazione un numero notevole di casi trattati con autotrapianto dentale rendendo tale tecnica uno strumento valido. Più di recente sono state pubblicate numerose revisioni sistematiche (7-12) che hanno analizzato la letteratura scientifica disponibile sull’autotrapianto dentale autogeno per valutare la sua efficacia in termini di sopravvivenza a lungo termine del dente trapiantato. Tali revisioni registrano percentuali di successo elevate ma gli studi considerati nelle revisioni sono disomogenei, non esiste una descrizione dettagliata di un protocollo chirurgico, sono considerati denti donatori con apice non formato e con apice formato, sono considerati differenti periodi di follow up, manca una descrizione dettagliata dei criteri per definire il successo. Sebbene l’autotrapianto sia considerato una tecnica chirurgica efficace, vi è ancora poca evidenza scientifica sulla sua efficacia a lungo termine e saranno necessari studi futuri.

Fig. 2 Esame obiettivo della forma e delle dimensioni della radice.

Definizione

Per autotrapianto si intende “il trasferimento di un dente (vitale o non) con radici completamente formate o no da una zona a un’altra delle arcate dentarie nello stesso individuo” (13).

Descrizione metodica (chirurgica e non)

Molti fattori vanno considerati durante l’esecuzione di un trapianto dentale autogeno perché possono influenzare il tasso di successo:

  • lo stadio di sviluppo della radice; 
  • la forma della radice;
  • il trauma chirurgico;
  • il tempo in cui il dente è conservato al di fuori dell’alveolo;
  • le dimensioni della cresta dove si progetta di eseguire l’alveolo artificiale;
  • il rispetto del legamento parodontale (PDL) durante l’estrazione e durante il posizionamento del dente nell’alveolo artificiale (14,15): se la superficie del PDL è danneggiata può manifestarsi il riassorbimento radicolare, complicanza che può compromettere la permanenza del dente nel cavo orale (16, 17).
  • Alla luce di queste conoscenze vengono presentate le tappe da seguire nell’applicazione della metodica, attraverso la presentazione di un caso clinico (fig. 1).

Fase 1: valutazione

Il paziente deve essere in condizioni generali buone, deve mantenere un’igiene domiciliare corretta, deve essere consapevole assieme ai genitori della terapia che si sta effettuando, delle indicazioni da seguire nel periodo post-chirurgico e dei controlli che verranno programmati;

  1. esaminare la forma della radice del dente da trapiantare valutandone il grado di maturazione che deve essere pari a 2/3 della lunghezza della radice con formazione completa (4);
  2. esaminare la sede ricevente in cui si deve preparare un alveolo artificiale le cui pareti circondino completamente la radice: si può ricorrere ad un sondaggio chirurgico (in anestesia) e ad esami radiografici.

Fase 2: chirurgia

Dopo aver eseguito anestesia sia nella sede donatrice che ricevente si procede con: 

  1. estrazione dell’elemento donatore eseguita con cautela, esame della radice (fig. 2), conservazione della radice nell’alveolo di origine per evitare eventuali danni al PDL che potrebbero derivare dalla permanenza del dente al di fuori del cavo orale (fig. 3).
  2. Preparazione sito ricevente: utilizzo di punte ultrasoniche alternandole con quelle tradizionali da implantologia (fig. 4) al fine di preparare un alveolo artificiale che risulti adeguato ad accogliere la radice senza che questa frizioni contro le pareti (18).
  3. Per evitare durante la preparazione dell’alveolo di traumatizzare il PDL della radice, si può utilizzare la copia del dente da trapiantare che è creata dai dati di imaging 3D (19): viene riprodotta una replica del dente donatore, utilizzando un sistema CAD/CAM stereolitografico, ricavata dall’esame tridimensionale (fig. 5).
  4. Posizionamento del dente in questo caso ruotato nell’alveolo (fig. 6), perché posizionare correttamente il dente in senso vestibolo-linguale avrebbe causato deiscenza delle pareti alveolari. Non è un problema successivamente ruotarlo ortodonticamente (fig. 7).
  5. Tramite sutura a punti staccati il tessuto gengivale viene posizionato ben aderente al dente: viene effettuato un punto a cavaliere al di sopra della superficie occlusale del dente per dare una certa stabilità (fig. 6).
Fig. 3 Conservazione del dente all’interno dell’alveolo di origine.
Fig. 4 Si può vedere che l’alveolo artificiale ha una sezione ovalare: deve accogliere la radice di un premolare la cui sezione è di forma ovalare.
Fig. 5 Replica del dente donatore: si può tranquillamente esaminare il dente in ogni suo aspetto.
Fig. 6 Posizionamento del dente ruotato e stabilizzazione con un punto a cavaliere sulla superficie occlusale che passa da linguale a vestibolare.
Fig. 7 Il dente viene ruotato ortodonticamente per raggiungere la posizione corretta.

Fase 3: indicazioni post-chirurgiche

  1. Alimentari: evitare la masticazione nella zona interessata per qualche giorno;
  2. igieniche: evitare lo spazzolamento del dente per due settimane, per questo si consigliano dal secondo giorno sciacqui con clorexidina. È prudente impostare un controllo professionale a distanza di pochi giorni per intervenire delicatamente alla rimozione della placca batterica: gradualmente si inseriscono le manovre di igiene domiciliari consuete;
  3. farmacologiche: terapia antibiotica dal giorno dell’intervento e utilizzo di analgesici da concordare con il medico curante.

Fase 4: controlli

È consigliato un controllo ad una settimana e la rimozione della sutura a 15/20 giorni fino a quando il dente è sufficientemente stabile;

  • impostare un sistema di controlli clinici e radiografici frequenti nel primo anno e poi diradati negli anni successivi (fig. 8-10);
  • i controlli stabiliti nel tempo sono molto importanti perché danno la possibilità di intercettare le complicanze come un riassorbimento radicolare (fig. 11): è il caso di un paziente di 12 anni in cui era stato effettuato il trapianto di un premolare in zona incisivo centrale perso per trauma. Nei primi anni i controlli radiografici sono buoni ma negli anni successivi (fig. 11 f) si rileva una zona di radiotrasparenza in corrispondenza della radice riferibile ad un processo di riassorbimento che permane e si aggrava negli anni (fig. 11 g, h) fino ad invadere praticamente gran parte della radice (fig. 11 i) e decretando in questo modo la perdita dell’elemento dentale. È un insuccesso? Sì, ma direi parziale: in effetti l’autotrapianto ha sostituito il dente mancante per molti anni (ha funzionato bene dai 12 ai 26 anni), ha garantito la conservazione del processo alveolare fino alla cessazione della crescita e quindi ora il paziente può diventare più semplicemente un candidato ad altro tipo di riabilitazione definitiva anche implantare.
Fig. 8 Nei controlli radiografici è possibile notare che la radice del dente completa progressivamente la sua formazione. Il dente una volta raggiunta stabilità viene ruotato ortodonticamente e per effetto di ciò si rileva il cambio di forma della radice.
Fig. 9 La radice appare di forma e dimensioni inalterata: è possibile osservare che il lume del canale radicolare si è ridotto notevolmente. L’atresia del canale è un effetto collaterale abbastanza frequente.
Fig. 10ae 10b Immagine clinica: (a) a T 0 dove l’elemento 3.5 appare ruotato e (b) a 5 anni visione laterale
dove il dente occupa una buona posizione in arcata ed è ben funzionante.

Indicazioni e descrizione di un secondo caso clinico

La tecnica dell’autotrapianto dentale autogeno trova indicazione nel giovane paziente per la sostituzione di un elemento dentale mancante per agenesia o gravemente danneggiato per un evento traumatico, per una lesione cariosa che determina un imponente distruzione del tessuto dentale e per posizione ectopica di un dente come nel caso clinico descritto di seguito.

Fig. 12 È presente in arcata ancora il deciduo corrispondente.
Fig. 13
Esame tridimensionale che evidenzia la posizione ectopica di 3.3 nel mascellare inferiore.

N.M. ragazza di 11 anni: è assente in arcata l’elemento 3.3 (fig. 12) che è incluso a livello mandibolare (fig. 13): l’ortodontista ha considerato troppo rischioso in questa paziente portare in arcata in posizione corretta esclusivamente con terapia ortodontica il 3.3. In questo caso la scelta dell’autotrapianto è un’opzione terapeutica alternativa (20). Dopo aver creato lo spazio sufficiente in arcata per accogliere il dente (fig. 14) si è proceduto alla fase di estrazione di 3.3 (fig. 15). Viene scollato un lembo a tutto spessore in corrispondenza del fornice per individuare il dente incluso (fig. 15 a,b): si valutano le dimensioni della radice (fig. 15 c, d). Segue la fase di preparazione dell’alveolo chirurgico con l’utilizzo di punte piezoelettriche, con osteotomi, con punte tradizionali di implantologia (fig. 16): in questa fase viene provata la congruità di preparazione dell’alveolo con il dente da trapiantare fino a che l’alveolo risulta sufficientemente capiente per accogliere la radice (fig. 16, 17).

Fig. 14ae 14b È stato creato uno spazio maggiore in arcata per accogliere la corona di 3.3 una volta rimosso il deciduo.

È stato quindi inserito l’elemento dentale in maniera atraumatica, ruotato per evitare deiscenze e stabilizzato con punti a cavaliere al di sopra della superficie occlusale (fig. 18). Successivamente il dente verrà ruotato ortodonticamente: durante questo periodo vengono eseguiti controlli clinici e radiografici (fig. 19). La paziente a 14 anni ha raggiunto la finalizzazione definitiva con dentatura naturale e questo rende il piano di trattamento vantaggioso (fig. 20). Sono stati programmati controlli clinici e radiografici per intercettare eventuali complicanze.

Fig. 15a, 15b, 15c e 15d Fase di estrazione di 3.3 incluso (a) (b) e valutazione delle dimensioni della radice (c) (d).
Fig. 16 Preparazione dell’alveolo artificiale.

Discussione

L’autotrapianto dentale autogeno può trovare una giusta collocazione se programmato all’interno di un piano di trattamento in un giovane paziente per la sostituzione di un elemento dentale, ideale nell’ambito di un piano di trattamento ortodontico (21, 22).

Fig. 17 Lo scollamento dei lembi mucosi è a spessore parziale per garantire la minor sofferenza delle pareti ossee che delimitano l’alveolo: (a) spessore iniziale della cresta di 7 mm e (b) alveolo di ampiezza di 6 mm creato con la strumentazione descritta.
Fig. 18 Radiografia e immagine clinica a T 0: (a) la radiografia evidenzia apice aperto di 3.3 e (b) (c) il 3.3 posizionato ruotato e sutura a cavaliere.

Si deve scegliere il dente da trapiantare, il momento giusto per farlo, il grado di maturazione della radice, la sede ricevente: l’estrazione di un elemento dentale deve essere una scelta compatibile con le caratteristiche dei mascellari del paziente. L’autotrapianto dentale di un elemento con radice con formazione non completata conclude il suo sviluppo radicolare in combinazione con la crescita del processo alveolare (23): garantisce il mantenimento del volume del processo alveolare (1) grazie agli effetti che la polpa dentale esercita sul tessuto circostante, determinando la formazione del processo alveolare che avviene contestualmente alla formazione radicolare (24).

Fig. 19 Controlli clinici e radiografici: (a) elemento in attesa di essere ruotato ortodonticamente e (b) immagine clinica a fine rotazione: la radiografia evidenzia la variazione di forma dovuta alla rotazione.

Per questo gli autotrapianti trovano una corretta applicazione nel paziente in crescita (25), contrariamente alle unità protesiche implantari restaurative che si integrano nell’osso determinando con il tempo infraocclusione che può comportare anche gravi danni estetici (26). Il successo dell’autotrapianto dentale in un paziente in fase di crescita offre un miglioramento dell’estetica, della forma dell’arcata, dello sviluppo dento-facciale, della masticazione e dell’integrità dell’arcata (27). Nel panorama odontoiatrico attuale viene proposto nell’adulto l’autotrapianto di denti con radice completamente formata per sostituire un elemento dentale perso: alla luce delle conoscenze scientifiche è da ritenere saggio un invito alla prudenza nel proporre l’autotrapianto come prima scelta in alternativa all’impianto in un paziente adulto per la sostituzione di un elemento dentale. La letteratura scientifica che indaga i risultati a lungo termine degli impianti è più vasta e completa di quella degli autotrapianti: non c’è evidenza scientifica che ci indica di ricorrere all’autotrapianto, in un paziente adulto, come prima scelta nella sostituzione di un elemento dentale anziché alla terapia implanto-protesica.

Fig. 20 Il canino è in posizione corretta, svolge una buona funzione, la radiografia dimostra il completo sviluppo radicolare.

Conclusioni

Il percorso per l’applicazione di questa tecnica è impegnativo e richiede abilità per selezionare il caso appropriato e formulare un piano di trattamento da portare a termine con successo.

Il proposito di questo contributo è stato quello di fornire una panoramica dell’autotrapianto dentale autogeno, dei criteri per la selezione dei casi, delle indicazioni, delle controindicazioni, della procedura chirurgica e delle eventuali complicanze.

Bibliografia:

Cohen AS, Shen TC, Pogrel MA. Transplanting teeth successfully: Autografts and allografts that work. J Am Dent Assoc 1995;126:481-5.

Robinson P.J, Grossman LI. (1980) Robinson PJ, Guernsey LJ, Editors. Clinical transplantation in dental specialties. St. Louis: C. V. Mosby Co. Pg 77-88.

Nethander G. Periodontal conditions of teeth autogenously transplanted by a two-stage technique. J Periodontal Res 1994; 29(4):250-8.

J. 0. Andreasen, H. U. Paulsen, Z. Yu, T. Bayer and 0. Schwartz. A long-term study of 370 autotransplanted premolars. Part II. Tooth survival and pulp healing subsequent to transplantation. 1990 European Orthodontic Society European Journal of Orthodontics 12 (1990) 14-24.

 Andreasen JO, Hjorting-Hansen E. Replantation of teeth. I. Radiographic and clinical study of 110 human teeth replanted afteraccidental loss. Acta Odontol Scan 1966;24:263-86.

Czochrowska EM et al. Outcome of tooth transplantation: Survival and success rates 17-41 Years post treatment. Am J Orthod&Dentofacial Orthopedics 2002;121(2):110-9.

 Tatjana Nimčenko, Gražvydas Omerca, Vaidas Varinauskas, Ennio Bramanti, Fabrizio Signorino, Marco Cicciù. Tooth auto-transplantation as an alternative treatment option: A literature review. Dental Research Journal. January 2013, Vol 10, Issue 1.

Almpani K, Papageorgiou SN, Papadopoulos MA. Autotransplantation of teeth in humans: a systematic review and meta‐analysis. Clin Oral Investig. 2015;19:1157–79.

Machado LA, do Nascimento RR, Ferreira DM, Mattos CT, Vilella OV. Long‐term prognosis of tooth autotransplantation: a systematic review and meta‐analysis. Int J Oral Maxillofacial Surg 2016;45:610-7.

 Cristopher Antoine Germany. Tooth Transplantation As An Alternative Treatment For Patients With Missing Teeth: A Systematic Review. Lithuania University of Health Sciences, Medical Academy Faculty of Odontology, Clinic of Orthodontics, 2017.

Akhlef Y, Schwartz O, Andreasen JO, Jensen SS. Autotransplantation of teeth to the anterior maxilla: a systematic review of survival and success, aesthetic presentation and patient reported outcome. Dent Traumatol. 2018;34:20–7.

Rohof EC, Kerdijk W, Jansma J, Livas C, Ren Y. Autotransplantation of teeth with incomplete root formation: a systematic review and meta‐analysis.  Clin Oral Investig. 2018;22:1613–24.

Natiella J, Armitage J, Greene G. The replantation and transplantation of teeth. Oral Surg 1970;29:397.

Sugai T, Yoshizawa M, Kobayashi T, Ono K, Takagi R, Kitamura N, Okiji T, Saito C. Clinical study on prognostic factors for autotransplantation of teeth with complete root formation. Int J Oral Maxillofac Surg 2010;39:1193-203.

Leffingwell CM. Autogenous tooth transplantation: a therapeutic alternative. Dent Surv 1980; 56(2):22-3,26.

Tuskiboshi M. Autotransplantation of teeth: requirements for predictable success. Dental traumatology 2002; 18: 157-180.

Tuskiboshi M. Autotransplantation of teeth. Quintessence Pub Co; 1 edition (2001).

Muhamad AH, Azzaldeen A. Autotransplantation of Tooth in Children with Mixed Dentition. Dentistry 2012,2:149.

Honda M, Uehara H, Uehara T, Honda K, Kawashima S, Honda K, Yonehara Y. Use of a replica graft tooth for evaluation before autotransplantation of a tooth. A CAD/CAM model produced using dental-cone-beam computed tomography. Int J Oral Maxillofac Surg 2010;39:1016-9.

Sagne S, Thilander B. Transalveolar transplantation of maxillary canines. A critical evaluation of a clinical procedure. Acta Odontol Scand 1997;55:1-8.

Abu-Hussein M., Watted N., and Abdulgani A. “Autogenous Tooth Transplantation – Reality or Not” was published in the International Journal of Dentistry and Health Sciences in 2015.

 Abu-Hussein M. and Azzaldeen A. “Autotransplantation of Tooth in Mixed Dentition – A Review” was published in the International Journal of Dental Clinics in 2013.

E. Freeman, A.R. Ten Cate. Development of the Periodontium: An Electron Microscopic Study. J. of Periodontology 1971.42.7.387  

Duterloo, H. S., M. W. J. Bierman. Structural changes in alveolar bone during the development of the dentition. A scanning electron microscope study. Trans. Europ. Orthod. Soc. (1976), 177–184.

Bavitz JB. Autotransplantation of teeth: a procedure that gets no respect. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod 2010;110:441.

Thilander, B., Odman, J. and Jemt, T. Single Implants in the Upper Incisor Region and Their Relationship to the Adjacent Teeth. An 8-Year Follow-Up Study. (1999) Clinical Oral Implants Research, 10, 346-355.

Mendes RA, Rocha G. Mandibular Third Molar Autotransplantation – Literature Review with Clinical Cases. J Can Dent Assoc 2004;70:761–6.

Aim of the work:

The aim of this training course is to present autogenous dental transplantation as a therapeutic option that should be known in the odontoiatric panorama in order to be considered and included in the treatment plan dedicated to resolve partial edentulism in a growing patient: in this phase of life (and not in the adult patient) it can be the first choice and could represent a big advantage for the patient.  Autogenic dental transplantation could be the best solution in presence of two following factors, the right conditions and the knowledge of the surgical and non-surgical methods.