Ricostruzione del mascellare atrofico mediante tecnica combinata: innesti in blocco di osso autologo prelevato dal ramo mandibolare e rialzo del seno mascellare con osso eterologo granulato

Reconstruction of severly resorbed maxilla through a double approach: mandibular on-lay bone graft and sinus floor augmentation using xenograft materials

ricostruzione mascellare atrofico
Scopo del lavoro:

In questo lavoro gli autori presentano la riabilitazione di una paziente affetta da edentulia completa del mascellare superiore con grave atrofia del processo alveolare mediante protesi di tipo avvitato a supporto implantare.

Saranno illustrate le fasi operative della ricostruzione ossea localizzata del mascellare atrofico secondo un progetto protesicamente guidato.

Materiali e metodi:

La chirurgia ricostruttiva del mascellare superiore è stata effettuata con l’uso di innesti ossei endorali e granuli di osso eterologo contestualmente all’elevazione del seno mascellare. La pianificazione dell’inserimento implantare è stata effettuata tramite l’utilizzo di una dima radiologico-chirurgica che ha permesso di identificare il rapporto tra i volumi ossei ricostruiti e l’asse implantare ideale. È stata progettata una protesi avvitata per la riabilitazione funzionale ed estetica del paziente.

Conclusioni:

È possibile procedere alla ricostruzione del mascellare superiore atrofico integrando il volume degli innesti ossei prelevati da siti intraorali con innesti ossei di tipo eterologo mantenendo percentuali di successo ottimali. Un elemento fondamentale è l’inserimento degli impianti secondo un preciso progetto protesico. In questo modo è possibile eseguire ricostruzioni localizzate con la limitata quantità di innesto disponibile senza ricorrere all’impiego dell’anestesia generale, riducendo la morbilità postoperatoria ed ampliando il numero dei candidati al trattamento. 

INTRODUZIONE

La sempre continua richiesta di riabilitazioni implanto-protesiche di tipo fisso in pazienti affetti da edentulia totale dei mascellari atrofici ha portato alla elaborazione di procedure capaci di coniugare predicibilità e moderata invasività anche in caso di situazioni complesse (1). Il posizionamento protesicamente guidato degli impianti osteointegrati secondo criteri estetici e funzionali ha favorito il raggiungimento di risultati sempre più soddisfacenti grazie ad una più attenta progettazione e a una migliore attenzione alla qualità e stabilità dei tessuti perimplantari (2).

La condizione essenziale per eseguire una riabilitazione implantare fedele al progetto protesico è quella di avere un volume osseo adeguato al posizionamento dell’impianto nel punto utile a supportare il carico masticatorio. La precoce perdita degli elementi dentari e il successivo rimodellamento del processo alveolare impediscono in molti casi che questo si realizzi (3). In particolare, il mascellare superiore edentulo presenta spesso un livello di atrofia da moderato ad elevato nel quale oltre al graduale riassorbimento della cresta ossea si osserva una espansione del seno mascellare che rende impossibile eseguire un inserimento ideale degli impianti osteointegrati (4,5).

In questo contesto sono stati proposti differenti approcci di tipo ricostruttivo o rigenerativo aventi come comune denominatore l’impiego di osso autologo. Quest’ultimo è infatti tuttora considerato il “gold standard” in ragione delle sue proprietà osteogeniche, osteoinduttive e osteoconduttive (6).

Il suo utilizzo in ambito ricostruttivo preimplantare è stato introdotto nel 1980 da Breine e Branemark contestualmente o prima dell’inserimento di impianti osteointegrati o ancora in associazione all’osteotomia di LeFort 1 allo scopo di correggere gli alterati rapporti intermascellari. A causa della elevata morbilità post-operatoria si è passati progressivamente da una ricostruzione dell’anatomia andata perduta mediante innesti ossei di apposizione con prelievi extraorali (7) a ricostruzioni sempre più localizzate in linea con un progetto che prevedesse una parziale compensazione protesica dell’aumentata distanza inter-arcata e la possibilità di ricorrere all’impiego di biomateriali.

L’utilizzo di innesti di apposizione orizzontale prelevati dal ramo mandibolare in associazione a rialzo del seno mascellare con l’impiego di osso eterologo granulato ed osso autologo particolato è stato descritto in diverse casistiche. Questa procedura ha dimostrato una buona predicibilità ed una bassa incidenza di complicanze ma il suo impiego è stato soprattutto limitato alla correzione di difetti ossei localizzati e nella riabilitazione di pazienti affetti da edentulia parziale.

In questo lavoro viene descritta una procedura di riabilitazione del paziente totalmente edentulo con un difetto prevalentemente di tipo orizzontale nel settore frontale e verticale nel settore posteriore del mascellare superiore mediante l’innesto di osso autologo prelevato dalla branca montante con granuli di osso eterologo.

Presentazione del caso

Una paziente di 59 anni di sesso femminile, affetta da edentulia totale del mascellare superiore, si presenta alla nostra attenzione presso l’ambulatorio di chirurgia orale della Clinica Odontoiatrica ASST Santi Paolo e Carlo di Milano con la richiesta di una riabilitazione di tipo fisso. Nella successiva indagine anamnestica la paziente riferisce di non essere affetta da alcuna patologia, non essere sottoposta ad alcuna terapia di tipo farmacologico e di non essere fumatrice. I dati raccolti permettono di rilevare come la perdita degli elementi dentari sia l’esito di una parodontite cronica dell’adulto non adeguatamente trattata. La paziente è portatrice di una protesi totale rimovibile da oltre 5 anni. All’esame clinico si osserva una evidente contrazione del processo alveolare del mascellare superiore (fig. 1). Le indagini radiografiche di primo e secondo livello già in possesso della paziente (OPT e CBCT) confermano la presenza di un riassorbimento tridimensionale della cresta ossea residua associata a espansione dei seni mascellari destro e sinistro (fig. 2). Il settore anteriore presenta una cresta a lama di coltello (Classe IV di Cawood e Howell) con un’altezza ossea residua che oscilla tra gli 8 e i 10 mm mentre la parte posteriore ha un riassorbimento prevalentemente di tipo verticale con una cresta di altezza compresa tra i 2 e i 4 mm (fig. 3).

Fig. 2 Ortopantomografia preoperatoria.
Fig. 3a, 3b Sezione Cone Beam con repere radiopaco.

In linea con quanto richiesto dalla paziente e per ovviare all’impossibilità di procedere all’immediata riabilitazione protesica di tipo fisso a supporto implantare si programma la ricostruzione dei volumi ossei utili al posizionamento di 6 impianti endossei mediante innesti ossei di apposizione con prelievo dal ramo mandibolare nel settore anteriore, e rialzo del seno mascellare destro e sinistro nel settore posteriore attraverso l’innesto di osso bovino deproteinizzato e demineralizzato granulato (Bioss, Geistlich Biomaterials, Wolhusen, Svizzera).

MATERIALI E METODI

La chirurgia ricostruttiva è stata eseguita in due fasi a distanza di un mese l’una dall’altra in regime di anestesia locale. In ognuna delle sedute si è proceduto a trattare un singolo lato mediante prelievo di osso autologo in blocco e di osso particolato tramite bone scraper dalla branca montante omolaterale.

Un’ora prima dell’intervento è stata somministrata una profilassi antibiotica con 2 grammi di amoxicillina con acido clavulanico. In precedenza è stata eseguita una terapia antisettica con coluttorio alla clorexidina 0,2% ed un’igiene professionale dell’arcata inferiore.

Sito donatore

L’esposizione della parete laterale dell’angolo e del ramo mandibolare è avvenuta in seguito allo scollamento di un lembo mucoperiosteo scolpito mediante incisione lineare lungo la cresta ossea ed il margine anteriore del ramo mandibolare. Le linee osteotomiche sono state eseguite mediante inserti dedicati su dispositivo piezoelettrico (OT7, OT8R e OT8S Piezosurgery Mectron, Genova, Italia). La lussazione del blocco corticale di forma rettangolare con lunghezza di 3 cm, altezza 1 cm e profondità 0,5 cm circa è stata realizzata con l’impiego di uno scalpello ricurvo (fig. 4, 5). Ottenuta una buona emostasi si è proceduto alla sutura del lembo mediante un filo di Vicryl 5/0 e punti staccati.

Fig. 4 Sito donatore lato destro.

Sito ricevente

La scheletrizzazione del processo alveolare atrofico è avvenuta mediante incisione crestale dalla regione molare a quella incisiva e da due incisioni di rilascio verticali alle due estremità della prima, con successivo scollamento di un lembo mucoperiosteo.

La porzione posteriore del mascellare è stata ricostruita mediante elevazione della membrana sinusale con approccio laterale utilizzando una fresa a palla diamantata grazie all’impiego di osso bovino demineralizzato e deproteinizzato (Bioss, Geistlich Biomaterials, Wolhusen, Svizzera) come materiale da innesto (fig. 6). La finestra ossea è stata rimossa e lo scollamento della membrana è stato ottenuto mediante l’utilizzo dell’inserto OL1 su dispositivo Piezosurgery Mectron. 

Fig. 5 Sito donatore lato sinistro.

La porzione anteriore del mascellare corrispondente alla regione premolare e canina è stata ricostruita con innesto osseo di tipo orizzontale (lato sinistro) (fig. 7) e combinato verticale e orizzontale (lato destro) (fig. 8) prelevato dal ramo mandibolare, separato in 2 o più parti per meglio adattarlo al profilo della cresta residua, e solidarizzato al sito ricevente mediante viti di osteosintesi di 1,5 mm di diametro. La ricostruzione è stata completata dall’innesto di chips di osso autologo e granuli di osso eterologo. Una membrana riassorbibile in collagene suino (Bio-Gide, Geistlich Biomaterials, Wolhusen, Svizzera) è stata applicata a protezione dell’innesto. Sono state poi eseguite incisioni di rilascio periostale lungo la superficie interna del lembo per ottenere una chiusura della ferita senza tensioni. La ferita è stata suturata mediante un filo riassorbibile 4/0 in acido glicolico (Vicryl). Al termine della procedura sono stati somministrati al paziente per via intramuscolare 8mg di desametasone e 30mg di ketorolac. La successiva terapia domiciliare ha previsto la somministrazione di 3 gr di amoxicillina con acido clavulanico al di’ per 6 giorni, sciacqui con clorexidina (0,2%) tre volte al giorno per 15 giorni e l’impiego di ibuprofene 600 mg fino a tre volte al dì in caso di dolore. Le suture sono state rimosse dopo 15 giorni. La paziente non ha indossato la protesi per il mese successivo, al termine del quale è stata eseguita una ribasatura del manufatto protesico con resina morbida.

Fig. 6 Innesto prelevato dal lato di destra.

A 6 mesi di distanza dalla chirurgia ricostruttiva la dima radiologica precedentemente costruita con reperi radiopachi per identificare il rapporto tra volumi ossei ricostruiti e asse implantare ideale è stata utilizzata per eseguire una nuova CBCT e per pianificare l’inserimento implantare secondo un protocollo di chirurgia protesicamente guidata (fig. 9).

Fig. 7 Ricostruzione del lato destro con innesto in blocco, antrostomia ed elevazione della membrana sinusale.

Si è così pianificato l’inserimento di 6 impianti osteointegrati a supporto di una protesi avvitata. 

La dima radiologica è stata privata dei punti di repere radiopachi e della flangia vestibolare in maniera tale da poter essere impiegata come dima chirurgica durante l’inserimento degli impianti.

In previsione dell’intervento, sono stati prescritti alla paziente sciacqui con clorexidina 0,2% e igiene professionale una settimana prima dell’intervento.

Fig. 8 Ricostruzione lato sinistro con innesto in blocco, antrostomia con elevazione della membrana sinusale ed innesto di osso eterologo.

Una profilassi antibiotica con 2 compresse di amoxicillina + acido clavulanico (875 mg +125 mg) è stata somministrata un’ora prima della seduta. Dopo infiltrazione di articaina 4% e adrenalina 1:100.000 si è eseguita una incisione lineare lungo la cresta ossea spostata lungo il versante palatale dalla regione molare a quella controlaterale con due incisioni di rilascio alle estremità e una lungo la linea mediana. Il successivo scollamento di un lembo mucoperiosteo ha permesso prima di identificare e successivamente di rimuovere le viti di osteosintesi (fig. 10, 11). La limitata contrazione dell’innesto osseo quantificata in circa 1 mm sul lato di destra non è stata tale da compromettere il posizionamento degli impianti.

Fig. 9 Sezione Cone Beam orizzontale post ricostruzione.
Fig. 10 Riapertura lato destro.

Le preparazioni utili al successivo inserimento implantare sono state eseguite sotto dima chirurgica, secondo il seguente schema: sede 1.2 impianto Ø 3,3 L 10 BLT (Straumann, Basilea, Svizzera), sede 1.4, 2.3, e 2.5 impianti Ø 4,1 L 10 BLT (Straumann), sede 1.6 e 2.6 Ø 4,8L 10 BLT (Straumann) (fig. 12, 13). Dopo il posizionamento delle viti di guarigione è stata eseguita una sutura della ferita mediante punti staccati.

La paziente ha assunto 2 grammi di amoxicillina con acido clavulanico al giorno per i successivi 6 giorni, ibuprofene 600mg in caso di dolore e ha effettuato sciacqui con clorexidina 0,2% per ulteriori 15 giorni; da ultimo è stata invitata a non calzare la protesi per i 10 giorni successivi. Durante la visita di controllo sono state rimosse le suture ed è stato adattata la protesi rimovibile già in possesso della paziente. 

Fig. 11 Riapertura lato sinistro.

L’ortopantomografia di controllo eseguita a 3 mesi dall’ultimo intervento ha permesso di confermare la corretta integrazione degli impianti e quindi alla loro scopertura mediante incisione sul versante palatale della cresta ossea e successivo riposizionamento vestibolare del lembo mucoperosteo. La presa dell’arco facciale, il montaggio dei denti anteriori e la verifica di una dimensione verticale ideale hanno così preceduto la consegna di un manufatto protesico provvisorio ancorato agli impianti (odt. Monica Teghillo).

In seguito è stata eseguita la rimozione dell’impianto 2.3 per il manifestarsi di un evidente riassorbimento osseo crestale di circa 3 mm, successivo ad un processo infettivo perimplantare, e il contestuale inserimento di un altro impianto di uguali dimensioni in posizione più apicale. 

Fig. 12 Impianti in sede lato destro.

Dopo altri 3 mesi, e in seguito alla valutazione degli adeguati rapporti occlusali e dell’adeguata maturazione dei tessuti molli sono iniziate le fasi per la consegna della protesi definitiva (fig. 14). La protesi avvitata tipo “Toronto Bridge” è stata progettata con una componente bianca che mantenesse invariate forme e dimensioni degli elementi naturali andati perduti (fig. 15).

L’estetica rosa è stata realizzata tramite compensazione protesica dei tessuti di supporto alla parte bianca (fig. 16). La protesi definitiva totale e supportata da impianti è stata avvitata con risultati soddisfacenti (fig. 17).

Dopo tre anni di follow-up dal carico, è stata eseguita una nuova ortopantomografia (fig. 18). L’esame ha evidenziato la corretta osteointegrazione degli impianti inseriti e la stabilità ossea del mascellare ricostruito; il paziente era soddisfatto del risultato finale in relazione all’estetica e alla funzione.

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI

Fig. 13 Impianti in sede lato sinistro.

Negli ultimi anni sono stati eseguiti diversi studi comparativi relativamente alle complicanze postoperatorie successive a ricostruzioni dell’osso mascellare mediante l’utilizzo della mandibola o della cresta iliaca come sito donatore (8).

Il prelievo di osso dal corpo e dal ramo mandibolare risulta essere una procedura sicura, presentando minime complicanze postoperatorie; tuttavia, spesso il mascellare superiore affetto da atrofia viene ricostruito con tecniche che prevedono il prelievo di osso autologo da siti extra-orali (9) (17).

È bene sottolineare che quando si sceglie il sito di prelievo per la ricostruzione del mascellare, in vista del successivo posizionamento di impianti, si devono considerare quattro fattori, poiché ogni sito donatore ha vantaggi o svantaggi: la qualità dell’osso innestato, la quantità di osso necessaria per la correzione del difetto, l’invasività della procedura selezionata e la pianificazione protesica (10).

Fig. 14 Prova denti.
Fig. 15 Protesi definitiva in visione frontale.

La cresta iliaca garantisce una sufficiente quantità di osso per la ricostruzione dell’intero osso mascellare ma è correlata a un’importante morbilità postoperatoria oltre che alla necessità di anestesia generale e quindi di alcuni giorni di ospedalizzazione (11, 12, 13, 9, 14). Inoltre, dal momento che l’osso iliaco subisce un processo di ossificazione endocondrale (15), è stato riscontrato frequentemente un significativo riassorbimento volumetrico durante la guarigione.

Fig. 16 Protesi finale in visione laterale.

Anche gli innesti di teca cranica vengono utilizzati di frequente per la ricostruzione mascellare (16, 17, 18) e si sostiene che questo sito sia correlato a una morbilità minima, a una buona quantità di materiale d’innesto con un ridotto riassorbimento dello stesso durante la guarigione, dovuto ad un modello di ossificazione di tipo intramembranoso. La necessità, però, di anestesia generale e di competenze maxillo-facciali, insieme alle limitazioni di tipo psicologico di alcuni pazienti, possono influenzarne l’utilizzo.

Relativamente alla quantità di osso disponibile, è evidente che la mandibola sia il sito donatore che offre una minor quantità di osso ma il tasso di riassorbimento è prevedibile per via della componente principalmente corticale dell’innesto (19, 20), non vi è bisogno di ospedalizzazione e si hanno minori effetti collaterali (19, 21, 20), il risultato ha un impatto sicuramente inferiore sui pazienti in termini di morbilità rispetto ai prelievi extra-orali (22, 8).

Fig. 17 Foto extraorale in visione frontale.

Il sito mandibolare dovrebbe essere scelto in relazione alla quantità di osso necessaria per la ricostruzione; solitamente gli innesti mandibolari sono un’opzione adeguata sia in presenza di atrofia verticale limitata alla zona posteriore dell’osso mascellare, con almeno 4 mm di altezza ossea residua conseguente all’espansione del seno mascellare, sia in casi di difetti orizzontali localizzati nella zona anteriore del mascellare, con un’altezza della cresta non inferiore a 8 mm.

Fig. 18 Ortopantomografia post-riabilitazione implantoprotesica.

Per difetti più ampi, la possibilità di impiegare osso eterologo particolato come materiale da innesto nell’elevazione della membrana sinusale permette di limitare la ricostruzione mediante innesto in blocchi alle porzioni oggetto del successivo posizionamento implantare senza diminuire le percentuali di successo.

In tal modo è possibile effettuare ricostruzioni complete del mascellare atrofico a fini implantari in tutte quelle situazioni nelle quali la porzione posteriore presenti un riassorbimento del processo alveolare di tipo verticale e la porzione anteriore un riassorbimento prevalentemente orizzontale. 

Per quanto riguarda la pianificazione protesica nel trattamento del mascellare superiore edentulo, nei casi in cui è necessario correggere discrepanze o un’aumentata distanza inter-arcata, è indicato l’utilizzo di una protesi ibrida che includa acrilico o ceramica rosa (23). Infatti l’osso alveolare del mascellare superiore, riassorbendosi, provoca una riduzione delle dimensioni trasversali e antero-posteriori con conseguente alterazione del rapporto inter-arcata (24, 25). L’uso di un design protesico che include la sostituzione dei tessuti duri e molli con acrilico o ceramica rosa è stato considerato uno standard di cura per decenni (26, 11).

Nel caso presentato, una attenta pianificazione protesica ha permesso di limitare la ricostruzione mascellare con innesti in blocco alle porzioni in seguito occupate dagli impianti osteointegrati nel settore compreso tra i premolari e gli incisivi e di eseguire l’inserimento degli impianti in regione molare nel volume osseo creato con il rialzo del seno mascellare, limitando l’invasività della procedura e ampliando il numero dei candidati a questo tipo di riabilitazione. Il paziente così trattato non ha mostrato complicanze postoperatorie come infiammazione, deiscenza o riapertura del lembo durante il periodo di guarigione (fig. 12). Alla visita di follow-up, a 3 anni dalla consegna della protesi, gli impianti sono risultati stabili e la radiografia ha mostrato un livello osseo adeguato intorno agli impianti, con una conseguente soddisfazione (fig. 13). 

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Materials and methods:

Reconstructive surgery of the upper maxilla was performed with the use of intraoral bone grafts and xenograft bone granules concurrently with sinus elevation. Implant placement was performed using a radio-opaque template that allowed identification of the relationship between the reconstructed bone volumes and the ideal implant axis. A screw-retained prosthesis was designed for the functional and aesthetic rehabilitation of the patient.

Aim of the work:

In this paper, the authors present the rehabilitation of a patient with complete edentulous upper jaw with severe alveolar process atrophy using implant-supported screw-retained prosthesis. The operative steps of localized bone reconstruction of the atrophic maxilla according to a prosthetically-guided design will be illustrated.

Conclusion:

In patients with favorable anatomical conditions it is possible to proceed to the reconstruction of the atrophic upper jaw by integrating the volume of bone grafts taken from intraoral sites with heterelogous bone graft maintaining optimal success rates. A fundamental element is the insertion of implants according to a accurate prosthetic project. In this way it is possible to perform localized reconstructions with the limited amount of graft available without resorting to the use of general anesthesia, reducing post-operative morbidity and expanding the audience of patients candidates for treatment.