Dai dati degli Studi di Settore degli ultimi anni una fotografia dell’odontoiatria italiana


Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha recentemente diffuso interessanti dati economici e fiscali sulle strutture odontoiatriche italiane.
L’analisi comparativa di questo articolo trae spunto dai dati indicati dal MEF, in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate, in relazione agli Studi di Settore (quali il totale dei compensi ed il reddito fiscale).
Il particolare significato del periodo che va dal 2011, seppur con alcuni confronti anche con il 2010, al 2013 (ultimo periodo di imposta ad oggi disponibile secondo i dati del MEF) è legato al fatto che fotografa probabilmente il momento più nero della crisi economica italiana. Sicuramente il mondo odontoiatrico attraversa una profonda trasformazione da ormai un decennio, ma è solo dal 2010-2011 che la crisi economica ha investito fortemente il Paese, non risparmiando nemmeno il paziente dell’odontoiatra e quindi l’odontoiatra stesso.
Capire come le strutture odontoiatriche sono cambiate e si sono evolute negli anni può servire per realizzare un utile confronto tra i competitor e il proprio studio, nonché per comprendere i punti di forza e debolezza della propria struttura.
Nonostante negli ultimi anni, dal punto di vista strettamente fiscale, lo strumento “Studio di Settore” sia stato oggetto di numerose autocritiche riguardo alla sua efficacia ed equità tributaria, dal punto di vista statistico, invece, rappresenta più che mai un utile spunto di analisi.
Innanzitutto, è opportuno segnalare che lo Studio di Settore, per necessità di semplificazione, suddivide la complessa realtà degli studi odontoiatrici in tre tipologie soltanto:

  • le “persone fisiche”, ossia gli studi monoprofessionali o i professionisti/collaboratori senza struttura, comunque dotati solamente della propria partita IVA di professionista;
  • le “società di persone”, in cui rientrano principalmente gli studi associati, ma in cui possono rientrare anche i centri dentali in forma di società di persone (tipicamente le Sas);
  • le società di capitali ed enti, ossia principalmente le Srl e le SpA centri dentali.

Va innanzitutto ricordato che in questa classificazione non rientrano i soggetti di piccole dimensioni (i cosiddetti “regimi dei minimi” con compensi annui non superiori a 30.000 euro) ed i soggetti di grandi dimensioni (con ricavi o compensi superiori a 5.164.569 euro, dove si attestano principalmente le “catene odontoiatriche” presenti con diverse cliniche su varie zone territoriali).
Di tutti i dati indicati dallo Studio di Settore, quelli messi in maggiore rilievo e confronto, secondo le elaborazioni del MEF, sono:

  • i valori della fatturazione annua (anche detti compensi) per le singole tipologie di esercizio della professione (studi monoprofessionali, studi associati o centri dentali);
  • il reddito fiscale dichiarato dalle singole tipologie di strutture odontoiatriche;
  • il numero totale e parziale degli odontoiatri o delle strutture odontoiatriche presenti sul territorio italiano.

Quanto sono attendibili i dati?

Certamente i dati dichiarati dai singoli contribuenti (odontoiatri) negli Studi di Settore possono non fotografare esattamente l’effettiva realtà numerica, per alcuni fattori di varia natura. Primo fra tutti il differente livello di evasione (più volte segnalato dall’Agenzia delle Entrate) presente tra Regione e Regione, che invece non è “neutralizzabile” nei dati forniti, in quanto non distinti a livello territoriale.
Altri fattori possono essere legati al fatto che alcuni soggetti si “adeguano” agli Studi di Settore (ma, al giorno d’oggi, chi si adegua allo Studio di Settore se non chi ha qualcosa da nascondere?) e non seguono i dati contabili.
Ulteriore considerazione riguarda il fatto che probabilmente, in virtù dei grandi sforzi dell’Amministrazione finanziaria negli ultimi 3-5 anni, i livelli di evasione si sono ridotti, come testimoniano i sempre migliori risultati dell’Amministrazione finanziaria stessa. Pertanto, non è da escludere che “in termini reali” il peggioramento dei risultati (di incasso e di reddito) dei vari studi odontoiatrici sia ancora più negativo di quanto è percepibile dai dati dichiarati dai contribuenti.
Infine, i dati del reddito fiscale potrebbero essere influenzati in positivo (ma solo per il Fisco e non per le tasche dell’odontoiatra!) dalla minore deducibilità fiscale di alcuni costi, primi su tutti i vari costi collegati alle autovetture (la cui deducibilità si è ridotta dal 40% al 20%).
Ad ogni modo, al di là dei suddetti fattori che possono ridurre la significatività assoluta dei dati in commento, è fuor di dubbio l’importanza di fondo di questi numeri, che pur necessitano di un’analisi critica e non indiscriminata.
Nota positiva riguarda inoltre l’aggiornamento dei dati che, per una volta è il caso di dirlo, è quanto mai tempestivo se si considera che i dati relativi al periodo di imposta 2014 non saranno materialmente disponibili se non prima della fine del 2015 (considerando che l’invio degli Studi di Settore scade il 30 settembre 2015 in riferimento all’anno precedente).

Quali sono le tendenze più significative?

Il primo e più interessante trend evidenziabile è rappresentato dalla diminuzione, anche se contenuta, della redditività (il “guadagno” per gli odontoiatri) del settore, soprattutto se confrontiamo l’ultimo triennio. In realtà l’anno 2012 aveva visto un incremento del reddito rispetto al 2011, incremento però che è poi stato eroso nel 2013. Ad ogni modo, il 2013 presenta mediamente dati di reddito più bassi rispetto al 2011. Una “sorpresa” invece è rappresentata dal fatto che, mediamente, il 2010 presentava dati di reddito di poco più bassi rispetto al 2013. Questo dato probabilmente è il frutto di un più corretto rispetto delle norme fiscali, visto che il feeling degli operatori è che “non siano più i tempi di una volta” e siano finiti “gli anni d’oro”.
Quando si parla di redditività, è bene chiarirlo, in questa specifica sede si fa riferimento unicamente al dato del reddito fiscale che ben può differire dalla liquidità effettiva sul conto dello studio.
In sostanza, indipendentemente dalla forma giuridica adottata (studio monoprofessionale, studio associato o centro dentale) il reddito si è contratto dal 2011 al 2013 anche se non in termini così eclatanti.
Un dato invece fuori dal coro è rappresentato dal fatturato degli studi organizzati in forma di Srl o SpA, i cosiddetti centri dentali. Questi infatti hanno aumentato il fatturato sensibilmente (+20%) dal 2010 al 2013 ed in modo costante pur avendo visto, dal 2010 al 2013, una sostanziale immobilità in termini di reddito assoluto.
Si tenga però presente che dal 2010 al 2013 il costo della vita, non tanto in termini ISTAT quanto in termini di imposte (IMU e TASI su tutte) e minori servizi pubblici, è comunque aumentato.
Altro trend riscontrabile è rappresentato dalla crescita degli operatori odontoiatrici (pare ci siano sempre più partite IVA attive nel settore odontoiatrico) con una maggiore crescita per i centri dentali (+28% dal 2010) e una minore crescita per gli studi monoprofessionali o gli studi associati (entrambi +4% dal 2010).
Va comunque riscontrata una diminuzione del numero delle partite IVA operanti nel settore odontoiatrico unicamente dal 2012 al 2013, anche se di sole 60 unità, su un numero totale di circa 43.000 partite IVA.
Per una analisi autonoma, la tabella 1 riepiloga i dati.

STUDI IN FORMA DI PARTITA IVA SINGOLA
AnnoNumeroFatturato/incassiReddito fiscale
20103489712988047300
20113533913242049670
20123664113239050160
20133634112769049290
STUDI ASSOCIATI
AnnoNumeroFatturato/incassiReddito fiscale
2010501522870068470
2011506223485071010
2012514123888071570
2013522423273068490
CENTRI DENTALI
AnnoNumeroFatturato/incassiReddito fiscale
2010141534544020460
2011153837994025180
2012165739969020350
2013181441338020900
tab. 1

Quale tipologia di studio “guadagna di più”?

Il dato sulla redditività percentuale suddivisa per tipologia di studio potrebbe facilmente trarre in inganno. Se si comparano le varie forme in cui è organizzata l’attività odontoiatrica, gli studi monoprofessionali (o i professionisti senza struttura) hanno una redditività percentuale (utile diviso fatturato) per il 2013 di circa il 38,60%, mentre per gli studi associati il valore si aggira intorno al 29,43%. Le strutture societarie (Srl o SpA) infine, sembrano avere una redditività molto bassa, mediamente del 5,06 % circa.
In primo luogo è naturale, per tutte le attività professionali, che al crescere del fatturato diminuisca la redditività percentuale, in quanto, il professionista, oltre certi limiti “naturali” di fatturazione, si vede costretto a delegare e quindi a pagare altri collaboratori e colleghi.
Inoltre, il confronto di redditività percentuale tra studi monoprofessionali (o i professionisti con partita IVA singola) e studi associati è pienamente significante e corretto, mentre non lo è quello con le strutture societarie.
Il motivo risiede in realtà in un tecnicismo contabile-fiscale tipico del centro dentale. Per semplicità ricordiamo che il centro dentale, ad esempio una Srl, è una struttura che fattura direttamente al paziente e dove l’odontoiatra viene solitamente pagato (come costo per il centro dentale) emettendo fatture per le proprie prestazioni professionali al centro dentale stesso. Se per ipotesi un centro dentale fattura 400.000 euro ai pazienti in un anno, ma sostiene al contempo costi vari (odontotecnici, materiali, costi dei dipendenti, affitti passivi eccetera) per 300.000 euro e riceve fatture passive (come costo dell’odontoiatra che vi lavora) per 80.000 euro, l’utile del centro dentale sarà 20.000 euro (cioè 400.000 meno 300.000 meno 80.000) che equivale a circa il 5% del fatturato. Tuttavia, se a lavorare all’interno del centro dentale, come professionista odontoiatra, è lo stesso socio della società (come spesso capita) in realtà la sua redditività finale è di 100.000 euro (80.000 euro come compenso per l’attività di singolo odontoiatra più i 20.000 euro di resa della struttura del centro dentale). In sostanza la redditività reale, nell’esempio di specie, è del 25% (100.000 diviso 400.000).
Si comprende quindi come il confronto della redditività tra i centri dentali e i singoli professionisti odontoiatri (o studio monoprofessionale) vada effettuato con molta cautela.

Conclusioni per una visione di insieme

I dati riportati nelle tabelle hanno grande interesse perché forniscono dati medi e rendono l’idea della diffusione delle singole tipologie di studio in Italia.
Sicuramente, forse per la prima volta nella sua storia, il mondo odontoiatrico ha avvertito un calo anche nei numeri resi noti al Fisco (specialmente dal 2012 al 2013) e si spera che possa tornare nuovamente a crescere, in termini di reddito soprattutto.
Continua invece un trend già sviluppatosi da un decennio a questa parte: cresce il numero dei centri dentali, pur in una situazione in cui il numero degli operatori odontoiatrici rimane praticamente invariato. Si verifica, poi, una particolare attenzione ai costi dello studio che il mondo odontoiatrico è riuscito a contenere fortemente pur in una situazione di contrazione del fatturato. Probabilmente si delega di meno a collaboratori terzi e si accentra di più su se stessi.
Non va però dimenticato che l’aumento del fatturato, o del reddito, potrebbe anche non corrispondere automaticamente ad un reale incremento dei pazienti o dei risultati dello studio, ma potrebbe essere il risultato di un più corretto rispetto delle normative tributarie. ●

Le statistiche sono come i bikini. Ciò che rivelano è suggestivo, ma ciò che nascondono è più importante.
Aaron Levenstein

Umberto Terzuolo
Alessandro Terzuolo

A cura di: Studio Terzuolo-Brunero e Associati