Gestire al meglio il proprio patrimonio: ecco come!

Archiviata, almeno sembra, la più grande “depressione economico-finanziaria” degli ultimi 80 anni, i mercati borsistici, pur con alti e bassi e vari aggiustamenti, hanno ripreso negli ultimi mesi a produrre risultati di segno positivo. Sicuramente non si è ancora nel pieno di una solida fase rialzista (come testimoniano le “ricadute” dei mesi passati connesse alla Grecia ed alla Cina), ma gli esperti finanziari sono moderatamente ottimisti a livello globale. Infatti, sebbene i Paesi emergenti abbiano ridotto il loro ritmo di crescita, i livelli bassi dei prezzi dell’energia e dei carburanti, la vigorosa ripresa dell’economia statunitense e la seppur contenuta crescita europea, inducono a guardare nuovamente ai mercati borsistici come elemento essenziale del proprio patrimonio, senza per questo esporsi a rischi smisurati.
A tutto ciò si aggiungono, almeno a livello nazionale, gli effetti dell’importante operazione condotta nei mesi precedenti di rientro dei capitali dall’estero (la “voluntary disclosure”) che, con lo scopo di “sanare” posizioni fiscalmente irregolari, ha comportato l’emersione di cospicui patrimoni.
L’obiettivo di questo presente articolo non è però quello di divulgare ricette miracolose o formule magiche per far fruttare i propri risparmi, ma piuttosto:

  • delineare le linee guida generali per vagliare la professionalità e serietà di chi ci propone determinati investimenti (e “smascherare” chi ci sta consigliando per i suoi meri interessi!);
  • formare il lettore per metterlo in condizione di comunicare al proprio “consulente finanziario” tutte le informazioni rilevanti per avere una visione completa e strutturare così la gestione patrimoniale secondo le proprie esigenze (e non quelle della banca!);
  • far prendere consapevolezza del fatto che gli investimenti finanziari sono solamente uno dei “rami” dell’intero patrimonio, presente e futuro.

Infine, dato che salvo casi limite l’obiettivo di ogni investitore dovrebbe essere innanzitutto la conservazione del proprio patrimonio, si vorrebbe far comprendere come sia essenziale valutare i rischi che i propri asset potrebbero correre nel tempo, per cercare di prevenirli e scongiurarli.

Le due regole base per il “gioco” della finanza
Da secoli, studiosi ed esperti si sforzano di riassumere le “leggi del mercato” in un’unica formula o in un insieme di regole. Detto che la “formula magica” non è ancora stata scoperta, in questa sede ci preme segnalare, senza alcuna pretesa di scientificità o esaustività, quelle che, dal nostro punto di vista, sono due elementi fondamentali da considerare quando ci si approccia al mondo finanziario.

  • La diversificazione è la “migliore difesa”.
    Sebbene sembri scontato, per ridurre il rischio di “perdere i propri soldi”, è opportuno diversificare al massimo i propri investimenti. Il rischio infatti si riduce se viene ripartito su più investimenti. E in anni turbolenti come gli ultimi, i “portafogli” che hanno guadagnato o non hanno perso sono stati proprio quelli maggiormente diversificati.
    Immaginiamo, ad esempio, di voler effettuare un investimento azionario: se compreremo azioni di un’unica società, il rischio che quest’ultima “fallisca” o abbia risultati negativi (con riduzione del valore delle azioni) sarà certamente più alto rispetto all’acquisto di un “paniere” di azioni di diverse società, magari in settori di attività differenti.
    In termini più generali, è opportuno differenziare i propri investimenti spaziando tra le più ampie tipologie, dal mondo azionario-obbligazionario a quello immobiliare, per passare dalle commodities (ossia materie prime come ad esempio petrolio e suoi derivati, metalli o beni agricoli eccetera) agli oggetti d’antiquariato o alla semplice liquidità sul conto corrente. Ognuno di questi investimenti avrà peraltro livelli di rendimento e rischio potenziale differenti e peculiari.
  • La stretta connessione tra il rischio ed il rendimento.
    Diciamolo subito: trovare un investimento con alto rendimento e basso rischio è molto spesso una “chimera”. Si può dire che la possibilità che un investimento “ci faccia guadagnare” (il suo rendimento) è fortemente correlata al rischio “di farci perdere” il patrimonio investito (il livello di rischio). Più semplicemente, un investimento poco rischioso (ad esempio, la liquidità sul conto corrente) avrà normalmente un rendimento basso. Un investimento con un alto rendimento potenziale (ad esempio un titolo azionario) avrà invece come “contro” un alto rischio potenziale (elevata possibilità di perdita).
    Pertanto, quando ci viene proposto un investimento con alte prospettive di “guadagno” (rendimento) non dobbiamo dimenticare che, quasi certamente, questo sarà anche molto rischioso (potrà cioè anche perdere il suo valore). Sicuramente da evitare sono investimenti con rese modeste ma dai rischi elevati: le obbligazioni argentine e greche insegnano!

Come costruire il proprio patrimonio?
Affinché un patrimonio, alla stregua di un albero, abbia delle basi solide e sia adatto il più possibile alle esigenze del proprietario, è necessario considerare una serie di elementi (rami):

  • la liquidità;
  • la riserva;
  • l’investimento;
  • la speculazione;
  • la previdenza;
  • la tutela.

La liquidità
Questa è costituita dal proprio conto corrente bancario o da strumenti similari (fondi monetari). La liquidità ha solitamente un rendimento pressoché nullo, ma serve per far fronte alle esigenze di spesa più comuni. Investita in liquidità va tenuta la parte del proprio patrimonio necessaria alle proprie esigenze personali (ergo, lo stretto indispensabile).
La riserva
Questa è quella parte di patrimonio che si decide di destinare al soddisfacimento di esigenze future o imprevedibili: serve, in pratica, per “dormire sonni tranquilli”. Il suo importo può variare in funzione del proprio grado di “prudenza” oltre che in virtù del patrimonio totale. È probabile che in un patrimonio ingente si voglia destinare a riserva una percentuale inferiore rispetto a patrimoni più ridotti, rischiando un pochino di più. La parte destinata a riserva, per svolgere la sua funzione, dovrà avere un basso rischio e un discreto rendimento per evitare che, nel tempo, tale ricchezza perda valore reale (il potere di acquisto). Nella riserva vi rientrano a pieno titolo le obbligazioni non speculative (come i titoli di Stato tedeschi o degli USA), i titoli similari (ad esempio i fondi obbligazionari) e certe tipologie di immobili.

L’investimento
(nel vero senso della parola)
Deve essere solo una parte e non la totalità del proprio patrimonio anche perché risulta la più complicata da strutturare. Dovrebbe garantire un buon rendimento nel tempo, senza esporre a rischi eccessivi (non si è nell’area speculazione!). Solitamente questo ramo del patrimonio è divisibile in tre macro aree:
quella immobiliare;
quella obbligazionaria, costituita però da obbligazioni con un rendimento superiore ai titoli di Stato, come ad esempio le obbligazioni corporate (di società private);
quella azionaria.
In quest’area è necessario farsi assistere da persone con professionalità e competenze adeguate per poter allocare al meglio le proprie risorse.

La speculazione
È la parte del patrimonio da cui ci si aspetta un alto rendimento, ben consapevoli del rischio a cui si va incontro e della possibilità, quindi, anche di perdere tanto.
Massima cautela poi a investire in monete diverse dell’euro: fare investimenti valutati in monete straniere (come dollaro o yen) non coprendosi adeguatamente dalle oscillazioni del tasso di cambio (rischio di cambio), ci fa rientrare, pur non volendo, nell’area speculativa. Attenzione quindi a non cadere nell’errore di utilizzare strumenti in valuta estera per l’area della riserva o dell’investimento senza adeguata copertura.
La previdenza
È la cosiddetta “pensione” ossia quella parte di patrimonio da utilizzarsi solo quando si smetterà di lavorare e si avrà una diminuzione del proprio reddito. In quest’area vi rientrano i versamenti alla propria Cassa di Previdenza obbligatoria (l’Enpam, ad esempio), i contributi versati dai lavoratori dipendenti (ad esempio all’INPS) e i fondi pensione integrativi (i cui versamenti sono anche fiscalmente deducibili). L’utilità di questi ultimi non va infatti sottovalutata vista la probabile riduzione, nei prossimi anni, delle pensioni erogate dagli Enti di previdenza obbligatoria (come, ad esempio, INPS, Enpam eccetera). Per mantenere il proprio tenore di vita, quindi, è opportuno, da subito, ragionare attentamente sulla possibilità di ricorrere a fondi pensione integrativi (non obbligatori) che, come detto, permettono anche risparmi fiscali.

La tutela
In quest’area vi sono le polizze assicurative finalizzate a ridurre categorie di rischi della più svariata natura: polizza sanitaria, polizza infortuni, polizza vita, polizza incendio (per gli immobili), polizza di responsabilità civile e professionale eccetera.
Inoltre, chi svolge un’attività professionale che comporta dei rischi, dovrebbe valutare attentamente anche l’utilizzo di strumenti di protezione del patrimonio (di cui si è già parlato in passato sulle pagine di questa rivista) quali il fondo patrimoniale, il trust o alcuni tipi di polizza assicurativa.

Per gestire in modo ottimale il proprio patrimonio si devono considerare tutte le sue aree tutti i rami dell’albero: senza la speculazione o l’investimento, un patrimonio è destinato inevitabilmente a ridursi, se non viene alimentato dall’esterno. Allo stesso tempo, un patrimonio senza riserve o che non consideri l’area della tutela, rischia, al verificarsi di eventi spiacevoli o inaspettati, di ridursi drasticamente ed in poco tempo.

Le esigenze personali sono la base di una corretta asset location
Un patrimonio equilibrato, che permetta buoni guadagni evitando rischi non calcolati, deve essere costruito contemplando tutte le sei aree appena analizzate, ragionando con razionalità senza farsi prendere da pulsioni emotive (la borsa perde allora vendo tutto!).
Non esiste il “patrimonio perfetto”: questo deve essere composto ricercando gli elementi più adatti alle proprie esigenze, tenendo altresì conto della propria propensione al rischio e delle attese di guadagno.
Un investimento in azioni, ad esempio, va sconsigliato quando rappresenta buona parte di un patrimonio che a breve necessita di essere utilizzato per comprare un’abitazione, in quanto le azioni sono molto esposte a fluttuazioni di mercato: come pago l’immobile se nei giorni prima dell’atto di acquisto crolla la borsa?
D’altro canto, l’impiego di buona parte del patrimonio in liquidità o riserve non è economicamente conveniente se non vi sono in previsione “spese” in un futuro prossimo: i rendimenti spesso sono addirittura più bassi dell’inflazione, col rischio concreto di vedere ridursi il valore reale del patrimonio giorno dopo giorno.
Parimenti, non considerare l’utilità dell’area “previdenza” per il mantenimento di un certo tenore di vita per il futuro, rappresenta un ragionamento miope con probabili conseguenze sgradite.
Peraltro, assicurarsi contro rischi a cui la propria attività professionale può esporre rappresenta certamente un impiego di denaro, ma potrà permettere di non perdere quanto accumulato negli anni grazie magari anche ad ottimi investimenti.
Infine, la composizione di un patri1monio deve essere aggiornata in ragione delle esigenze di vita del proprietario. Sarebbe quindi sbagliato decidere la composizione del proprio patrimonio e non cambiarla dopo la nascita dei figli o l’accensione di un mutuo rilevante.
Metaforicamente parlando, il proprio patrimonio è simile ad una casa: l’architetto (il consulente finanziario) deve conoscere le esigenze e le preferenze di chi la andrà ad abitare (il risparmiatore), senza dimenticarsi di manutenerla nel tempo e prestando attenzione ai cambiamenti che si verificano nella vita del suo proprietario. ●

Umberto Terzuolo
Alessandro Terzuolo

A cura di: Studio Terzuolo-Brunero e Associati