Il Redditometro 2.0 e la sua applicazione pratica: il punto della situazione


Come i lettori più attenti sicuramente ricorderanno, non è la prima volta che parliamo di Redditometro sulle pagine di questa rivista. Lo strumento, in passato tanto temuto ma in realtà poco utilizzato, ha avuto una completa revisione ed un importante aggiornamento con il DL 78/2010. In realtà, come spesso è accaduto negli ultimi anni, in ambito fiscale e non solo, i primi chiarimenti pratici necessari ad una sua effettiva applicazione sono stati forniti solo alla fine del 2012. Dal momento in cui lo strumento è stato revisionato, guadagnandosi l’appellativo giornalistico 2.0 tipico della terminologia del mondo dei software, si è avuto un suo effettivo utilizzo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
L’elevata attualità dell’argomento è però dettata dalla recente pubblicazione del Decreto Ministeriale del 16 settembre 2015 che fornisce ulteriori chiarimenti operativi di notevole utilità pratica per gli anni 2011 e seguenti. Si tenga peraltro presente che, in condizioni normali (dichiarazione dei redditi regolarmente presentata), l’Amministrazione finanziaria avrà tempo di controllare l’annualità di imposta 2010 solo fino al 31 dicembre 2015 e pertanto dal 1 gennaio 2016 potrà verificare solo gli anni di imposta 2011 e seguenti.
Sempre in termini generali, si segnala che le tendenze future dell’Amministrazione saranno quelle di:
accorciare la distanza tra il momento del controllo e l’anno fiscale oggetto di controllo (che oggi spesso si attesta da 3 a 5 anni);
effettuare verifiche mirate a casi maggiormente sospetti, magari riducendo il numero totale di verifiche.

Alcuni dati sul Redditometro
Forse anche a causa della necessità di dover effettuare un corretto “rodaggio” dello strumento di verifica del Fisco, i dati sui controlli degli ultimi anni parlano chiaro e registrano una contrazione del numero degli accertamenti da Redditometro. Nel 2013, infatti, i controlli in questione sono stati 21.535 contro gli 11.091 del 2014, pari a circa la metà. Dato positivo riguarda il fatto che altrettanti casi, 11.000 circa, si sono fermati semplicemente alla fase di contraddittorio; fase in cui il contribuente è tenuto a giustificare in prima istanza gli scostamenti esistenti tra reddito dichiarato e reddito ricavato attraverso il Redditometro. Molti casi, infatti, riguardano contribuenti che hanno sostenuto ingenti spese o mantenuto un tenore di vita particolarmente elevato grazie a risparmi accumulati in anni precedenti, personalmente o tramite persone del proprio nucleo familiare. Correttamente, anche se tale circostanza non pareva scontata fino ad un paio di anni fa, gli uffici dell’Amministrazione hanno ritenuto valide le giustificazioni fornite dai contribuenti senza considerare gli stessi “evasori” per partito preso. Si è semplicemente valutato il quadro d’insieme, senza tralasciare le informazioni che possono sfuggire ai data-base del Fisco.

Un riassunto di che cos’è e come funziona il Redditometro
Per quanto non sia una novità di quest’anno, è comunque utile riepilogare le caratteristiche fondamentali del Redditometro al fine di capire meglio quali sono le novità introdotte.
Il Redditometro altro non è che un programma informatico dell’Agenzia delle Entrate, che partendo da una serie di informazioni note all’Amministrazione finanziaria attraverso varie banche dati, ricostruisce un reddito ipotetico per contribuente. Il presupposto logico per cui si segue questo ragionamento inverso è un mix di beni cosiddetti “indice” di ricchezza (immobili, mezzi di trasporto, eccetera) e spese effettivamente sostenute da parte del contribuente che presuppongono un determinato reddito minimo.
Con la “nuova” versione del Redditometro, affinché l’Agenzia possa procedere con un controllo, è necessario uno scostamento di più del 20% tra il reddito dichiarato autonomamente dal contribuente e il reddito determinato attraverso il Redditometro. A testimonianza che lo strumento non rappresenta una fotografia esatta della situazione, bensì può essere considerato un valido indicatore, tale scostamento deve superare la percentuale singolarmente su ogni anno di imposta che si vuole accertare.
Per fornire un esempio numerico, qualora il reddito dichiarato dal contribuente sia di euro 50.000 nel 2011 ma lo strumento Redditometro indichi un valore di euro 65.000 il contribuente potrà essere soggetto ad accertamento. Nel caso in cui nel 2012 il reddito dichiarato dal contribuente sia di euro 60.000 ma lo strumento Redditometro indichi un valore di euro 70.000 il contribuente non potrà invece essere soggetto ad accertamento.
Per la verità i ragionamenti dell’Agenzia delle Entrate non vengono effettuati sul singolo contribuente ma su quella che è definita la “famiglia fiscale” che può rientrare, a seconda dei criteri di età anagrafica, numerosità dei membri della famiglia e zona geografica di ubicazione, in una delle 40 categorie “tipo” di famiglia fiscale, ognuna con coefficienti differenti. È questo uno dei casi più frequenti di discordanza tra la realtà dei fatti e i dati che risultano all’Amministrazione finanziaria. Come sempre nell’ambito del Redditometro, spetta al contribuente dimostrare una situazione familiare realmente differente rispetto a quella risultante all’Amministrazione finanziaria.
Ritornando al funzionamento pratico dello strumento, il meccanismo di fondo del Redditometro è composto dalla somma di:

  • un mix di spese già risultanti dalle banche dati a disposizione del Fisco;
  • una quota di spese determinate induttivamente come vedremo nel prosieguo dell’articolo;
  • eventuali investimenti;
  • una eventuale quota di risparmio del contribuente.

In riferimento alle prime due categorie, il Fisco divide i dati di spesa e patrimonio in suo possesso (attraverso il catasto, i pubblici registri, gli atti notarili, eccetera ma soprattutto il c.d. “Spesometro”) nelle seguenti sotto-categorie: “Abitazione”, “Consumi per generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature”, “Combustibili ed energia”, “Mobili, elettrodomestici e servizi per la casa”, “Sanità”, “Trasporti”, “Comunicazioni”, “Istruzione”, “Tempo libero, cultura e giochi”, “Altri beni e servizi” e “Investimenti”.
Sostanzialmente ogni spesa o dato che risulta al Fisco viene incasellato in una di queste categorie, alcune delle quali danno luogo ad un reddito presuntivo determinato induttivamente (categoria 2), altre che rilevano solamente per il loro ammontare di spesa (categoria 1). Cercando di chiarire il concetto in riferimento alla categoria 2, alcune spese, in ambito di abitazioni e trasporti (riferite soprattutto a mezzi di trasporto di proprietà o in leasing/noleggio) principalmente, danno luogo ad un reddito figurativo ipotizzato su medie ISTAT o nazionali. Tali voci possono quindi determinare un reddito presunto pur in assenza di un effettivo elemento di spesa.
Per fornire un esempio pratico, le spese connesse alle abitazioni per “acqua e condominio” (reale categoria del Redditometro) vengono calcolate partendo dalla media ISTAT di spesa per questa categoria su una abitazione “tipo” di 75 mq e moltiplicate per gli effettivi metri quadri di spettanza del contribuente (indifferentemente che l’immobile sia di proprietà o in locazione). Lo stesso discorso vale per le spese di manutenzione ordinaria. Per quanto riguarda i mezzi di trasporto e il caso più frequente del possesso di autovetture, il Redditometro stima nuovamente una spesa media ISTAT calcolata sulla media dei KW (cavalli fiscali) attribuibili allo specifico tipo di “famiglia fiscale”, moltiplicandola poi per il numero effettivo di KW del o dei mezzi di trasporto della famiglia.
Categoria a parte è rappresentata dagli investimenti, ossia da quelle spese per l’acquisto di beni che conservano il loro valore, così come investimenti di natura finanziaria o assicurativa. Tale categoria rileva al netto di eventuali disinvestimenti ed al netto di eventuali finanziamenti ottenuti per effettuare l’investimento stesso. Esemplificando, l’acquisto di un immobile da 450.000 euro (che rappresenta un investimento) su cui è stato ottenuto un mutuo ipotecario da 250.000 euro e per l’acquisto del quale sono stati disinvestiti 150.000 euro di obbligazioni del contribuente rileverà, ai fini del Redditometro, solamente per la differenza, ossia 50.000 euro (il vero investimento).
Per concludere, in aggiunta agli elementi di spesa (reale o induttiva) e agli investimenti, abbiamo la cosiddetta “quota di risparmio” che fa riferimento alla quota accantonata presso intermediari finanziari (in primis le banche) dal contribuente.
La somma delle quattro categorie di componenti determina il reddito del contribuente, o meglio, della famiglia fiscale.

Le novità di recente emanazione
Le novità del Decreto Ministeriale del 16 settembre 2015 rappresentano più un affinamento e una conferma di un percorso logico positivo intrapreso dall’Amministrazione che delle novità dirompenti. Tuttavia, vale sicuramente la pena analizzare questi nuovi aspetti tecnici.
Le novità possono essere ricondotte a due grandi tipi.

  • Il fatto che nella determinazione sintetica del reddito non siano più incluse (se non unicamente per gli esempi esposti precedentemente) le medie ISTAT per i consumi. Prima di questi chiarimenti non vi erano solamente tre o quattro categorie di spese induttive ma ben una dozzina. Inevitabilmente la determinazione induttiva del reddito, che si basa su dati medi statistici per risalire a un valore di reddito, non può che creare delle distorsioni e delle incongruenze. L’espunzione di categorie come i “Consumi generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature”, i “Combustibili ed energia”, i “Mobili, elettrodomestici e servizi per la casa”, la “Sanità”, le “Comunicazioni” (telefonia e simili), l’“Istruzione”, il “Tempo libero, cultura e giochi” e “Altri beni e servizi” dalle medie ISTAT non può che essere accolta come una buona notizia perché, come di tutta evidenza, i comportamenti dei singoli contribuenti su queste voci possono variare tantissimo da caso a caso, nonché addirittura di anno in anno. Rimangono soggetti alla determinazione induttiva e non puntale del Reddito le cosiddette “spese per beni certi” come per gli immobili e i mezzi di trasporto (oltre ai cavalli) il cui semplice possesso può indurre a ritenere necessaria l’esistenza di un determinato reddito calcolato secondo stime medie.
  • La seconda novità di rilievo riguarda, invece, il fatto che la quota di risparmio accantonata nell’anno (che ricordiamo concorre a determinare il reddito stimato del contribuente) è rilevante solo al netto del suo utilizzo per investimenti e/o per consumi. Se così non fosse stato, vi sarebbe stato il reale rischio di sommare due volte un “reddito” che in realtà viene risparmiato e subito speso o subito investito, con evidente distorsione a grave danno del contribuente.

Tali novità sono state il risultato di una serie di perplessità che tanti operatori del settore hanno sollevato a riguardo e, non ultimo, dell’intervento del Garante della privacy. Si spera quindi che con il passare degli anni lo strumento possa sempre di più affinarsi evitando di considerare evasori contribuenti in regola e viceversa colpire le reali sacche di evasione, spesso legate ad attività ulteriormente illecite.

Conclusioni e spunti per la difesa
Per mettere in atto una corretta difesa contro un Redditometro usato in maniera impropria o rigida, soprattutto su rilevazioni statistiche, non resta che conservare in modo ordinato e meticoloso la documentazione di investimenti, disinvestimenti e risparmio, oltre ad archiviare, magari grazie all’utilizzo di mezzi di pagamento tracciabili, il dettaglio delle spese realmente effettuate. Chi poi volesse avere, invece, un’idea più precisa di cosa il Fisco si aspetterebbe da lui in termini reddituali, può ancora usufruire dello strumento informatico Redditest, in realtà ormai datato, presente da tre anni ma comunque ancora utile per avere un’idea generale.
Il Redditometro, a differenza degli Studi di Settore, non è disponibile liberamente ai cittadini (se non appunto in questa versione di prova intermedia denominata Redditest) e pertanto il contribuente non può effettuare delle simulazioni preventive. Non va poi dimenticata l’importanza di procedere, anche dal punto di vista formale ed anagrafico, ad ufficializzare la propria famiglia reale (conviventi eccetera) in modo da non doversi trovare a discutere con il Fisco su questi aspetti.
Non va infine dimenticato che lo strumento Redditometro (per quanto inizi ad esserci qualche autorevole apertura contraria in giurisprudenza) è particolarmente “pericoloso” perché costituisce pur sempre una presunzione legale (e non semplice) dove deve essere il contribuente a provare la scorrettezza dei risultati del conteggio del Fisco e non, come nel caso delle presunzioni semplici, viceversa. Un’ultimissima segnalazione: il probabile futuro aumento della soglia di utilizzo del denaro contante da 1.000 euro a 3.000 euro non cambierà certamente nulla a livello di informazioni che il Fisco sarà in grado di immagazzinare (anche ai fini del Redditometro) sui contribuenti, in quanto le banche dati tributarie già contengono, grazie allo Spesometro, anche queste informazioni. ●

Umberto Terzuolo
Alessandro Terzuolo

A cura di: Studio Terzuolo-Brunero e Associati